Sara Minciaroni
Quasi sette mesi di indagini, di perizie di esami scientifici. Ora il destino di Riccardo e Valerio Menenti si incanala direttamente verso un processo che potrebbe partire in tempi stretti. Antonella Duchini, il magistrato titolare delle indagini per l'omicidio di Alessandro Polizzi ed il tentato omicidio di Julia Tosti ha notificato la chiusura delle indagini agli indagati, da qui al rinvio a giudizio il passo potrebbe essere breve.
Padre e figlio in carcere. Valerio e Riccardo Menenti da aprile sono formalmente accusati di essere rispettivamente il mandante e l’esecutore materiale dell’omicidio. Secondo il castello accusatorio Valerio avrebbe chiesto al padre di eliminare quello che da conoscente era diventato un avversario a causa della relazione con la diciannovenne Julia sua ex fidanzata. Riccardo avrebbe assecondato il volere del figlio, mettendo in atto la notte tra il 25 e il 26 marzo scorso, nell'appartamento di via Ricci, un omicidio premeditato e caratterizzato da particolare crudeltà. L’arresto era scattato dopo che lo scorso 27 marzo padre e figlio erano già stati iscritti al registro degli indagati da parte del pubblico ministero Antonella Duchini.
Il movente. Il giudice per le indagini preliminari Luca Semeraro, aveva già tracciato nel provvedimento di custodia cautelare il piano criminoso messo in atto dai Menenti e il fatto che Julia fosse scampato al massacro non sarebbe stata che una pura casualità ( l'inceppamento della Beretta dopo il primo colpo espolso) perché nel loro progetto anche lei sabbere dovuta morire. Un quadro quello che viene ricostruito nelle accuse contestate ai due che parte da lontano, o almeno, da quando Alessandro e Valerio hanno iniziato ad affrontarsi. Un quadro costituito da indizi, testimonianze, pezzi di vite incrociate e incastrati come fossero un puzzle. Ci sono tutti gli ultimi mesi del vissuto dei tre giovani, ogni punto di contatto tra di loro. In particolare ci sono gli espisodi di violenza. Quelle liti tra Valerio e Alessandro che sarebbero proprio il movente del delitto. Botte. Veri e propri pestaggi, messi in atto per vendicare i torti e anche la violenza di Valerio contro Julia.
Le impronte e i filmati. Ad indizi della colpevolezza di Riccardo Menenti ci sarebbero però elementi precisi: l’impronta di scarpa e almeno due filmati di telecamere. Per quanto riguarda le scarpe un’orma impressa sul sangue, fotografata dalla scientifica nell’appartamento di via Ettore Ricci, sarebbe compatibile con un tipo di scarpa particolare indossata dallo stesso Riccardo. Dalle telecamere invece è stato immortalato un furgone bianco simile a quello di proprietà di Riccardo Menenti. Il veicolo alle 3.19 ha percorso lo svincolo di Prepo in direzione Roma alle 3.22 è arrivato allo svincolo di Ponte San Giovanni e si è diretto verso Todi. E ancora nel furgone di Menenti la scientifica avrebbe trovato delle tracce di sangue. Forse della stessa vittima. Sulla Beretta calibro 9 modello 34 addirittura il dna della vittima e del suo carnefice si sarebbero mescolati. Gli esperti anche qui avrebbero trovato tracce sia di Alessandro Polizzi che di Riccardo Menenti. E a tradire l'artigiano originario di Roma potrebbe essere stata proprio quella ferita alla fronte che la polizia aveva già descritto e fotografato la mattina seguente il delitto e che era stata spiegata come un piccolo infortunio avvenuto durante i lavori di giardinaggio. Per non trascurare il fatto che agli esami seguenti l' omicidio Menenti padre era risultato positivo all'esame dello stub.
Le chiavi di via Ricci. Secondo le testimonianze, Valerio aveva avuto, e forse aveva ancora, le chiavi di casa di Julia. Almeno quelle del portone principale, quello che infatti non è stato forzato. Perché del portone dell’appartamento, quello buttato giù a calci, la serratura era stata cambiata dopo la fine della relazione. Inoltre sia Valerio che il padre conoscevano bene l’appartamento. Anche Riccardo. Aveva più volte accompagnato il figlio.
La difesa. Hanno sempre negato ogni coinvolgimento padre e figlio , almeno fino a quando Riccardo ha chiesto di rilasciare nuove dichiarazioni dal carcere spiegando che la sua voleva essere soltanto una spedizione punitiva, una “lezione” contro quel ragazzo che aveva più volte mandato in ospedale suo figlio. Nel suo racconto la pistola non l'avrebbe portata lui, ma sarebbe stata estratta dalla vittima. Un altro punto cruciale dell'inchiesta su cui si basa l' elemento di premeditazione. Una versione alla quale però gli inquirenti non hanno mai sembrato dare credito. Valerio dal canto suo ha sempre dichiarato di non essere a conoscenza delle intenzioni del padre. Ma contro di lui lo ricordiamo c' è la testimonianza della commessa del compro oro che dichiaro di avergli sentito dire “La pagheranno, ma non ti preoccupare, tanto io sarò in ospedale”. A questo punto in vista di un processo non resta che attendere i venti giorni di tempo entro i quali gli indagati possono chiedere di essere interrogati dal magistrato. Poi dovranno scegliere se chiedere il rito abbreviato o affrontare un lungo processo. I loro destini potrebbero anche dividersi a questo punto.
Altre responsabilità. Non si esclude che con la chiusura delle indagini possano essere state chiarite altre posizioni all'interno di questa intricata vicenda, in particolare quella di una donna che potrebbe essere rientrata nell' inchiesta e alla quale potrebbero essere state attribuite alcune responsabilità.
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