Umbria Jazz 50, è Ben Harper il vero evento del 50esimo | Il tributo dell'Arena soldout - Tuttoggi.info

Umbria Jazz 50, è Ben Harper il vero evento del 50esimo | Il tributo dell’Arena soldout

Carlo Vantaggioli

Umbria Jazz 50, è Ben Harper il vero evento del 50esimo | Il tributo dell’Arena soldout

Ven, 14/07/2023 - 11:27

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Harper, prima che artista, è un uomo commosso, intenso e quasi stupefatto della reazione del pubblico dell'Arena Santa Giuliana,

Magari qualcuno pensava di andare a Umbria Jazz per vedere dal vivo ed ascoltare il divo del rock, il personaggio pubblico, la leggenda. E invece basta una regia intelligente del circuito chiuso televisivo di UJ e le molte inquadrature di Ben Harper in primo piano ti restituiscono un uomo commosso, intenso e quasi stupefatto dalla reazione del pubblico dell’Arena Santa Giuliana, ieri sera 13 luglio a Perugia.

Una Arena strapiena (un soldout annunciato) e brulicante di pazzi scatenati amanti del genere che tremano e ondeggiano come un campo di mais spazzato dal vento, per uno dei personaggi significativi di questo “cinquantesimo” compleanno della manifestazione umbra.

Dopo aver dovuto rinunciare al concerto di Harper in programma nel 2020 per via della pandemia, la serata di ieri recupera totalmente ciò che era mancato, con il vantaggio di arrivare all’appuntamento con una carica di attesa aumentata a dismisura.

E francamente Perugia e Umbria Jazz ne hanno avuto un vantaggio straordinario perchè Harper, che un tempo apriva i concerti di Bob Dylan e che considera Mr. Tambourin Man una sorta di Michelangelo del genere rock, stavolta si è preso la scena senza sforzi di petto. Nessun colpo di genio o sorpresa, ma solo essere se stessi, “Un nero che suona la chitarra” come disse in una delle tante interviste.

E’ così che senza dubbio, almeno per i concerti dell’Arena, quello di Ben Harper è a tutto tondo il vero evento di UJ50. Mentre di Bob Dylan si ricorderanno solo le cronache giornalistiche del tempo e poco più.

Una performance di grande impatto sonoro e di coinvolgimento. Harper spesso viene considerato autore di protesta, ma non può essere solo questo. Anzi, anche nel concerto perugino, molte ballate sembrano coincidere con quell’espressione del volto, ieratica e di consapevolezza. Tante cose insieme per un musicista nato da padre Afroamericano e di sangue Cherokee, madre ebrea e nonna materna emigrata russa-ebrea dalla Lituania. Una formula genetica che in Ben è stata come un propellente portentoso.

Ed è esattamente così dal 1993, anno della formazione degli Innocent Criminals, band con la quale Harper gira il mondo e che sono stati coinvolti nella maggior parte dei progetti dell’artista. La band è stata in tour ovunque, guadagnandosi legioni di fans grazie alle esplosive performance live e ad una serie di acclamati album. Ciò che forse rende la band così unica è il fatto che i componenti provengano da luoghi musicalmente diversi e che riescano comunque a fondersi tra loro, proprio come le origini miste dello stesso Harper.

Dall’album d’esordio “Welcome To The Cruel World” (1994) Ben Harper ha fatto uscire una serie straordinaria di dischi che lo ha consacrato songwriter di potenza unica e performer capace di spaziare tra i generi con la impareggiabile abilità di mescolare il personale e il politico. Rolling Stone ha definito i suoi brani “gioielli di unico e squisitamente tenero rock and roll”. Entertainment Weekly ha lodato la sua “profondità casual” e Billboard ha scritto che la sua musica “ci ricorda del potere e della bellezza della semplicità”.

A Perugia si ascolteranno anche alcuni brani di Wide open Light, l’ultimo album uscito la scorsa estate.
Lavoro prodotto dallo stesso Harper e in cui l’artista ha messo dentro anche ricordi e riflessioni sulla famiglia: c’è il padre scomparso e c’è sua figlia, o meglio una tra i cinque figli avuti da tre relazioni diverse.

Negli anni Harper ha riunito intorno a sé anche il consenso della critica, aggiudicandosi tre Grammy Awards su sette nomination per i suoi lavori che attraversano i generi, e ha inoltre prodotto album di artisti come Mavis Staples, Rickie Lee Jones, The Blind Boys of Alabama, Natalie Maines, Ziggy Marley e molti altri.
Collaboratore entusiasta, Harper ha anche registrato con una vasta gamma di artisti che va da John Lee
Hooker a Charlie Musselwhite, da Jack Johnson a Ringo Starr, da Keith Richards ad Harry Styles.

Ma come sempre fare la lista della spesa è esercizio accademico che non ci rende felici o bravi osservatori.

C’è spazio anche per un brano di grande impatto, cantato e suonato insieme a due straordinari protagonisti di UJ50, Rhiannon Giddens e Francesco Turrisi.

Quello che non è facilmente raccontabile invece è il clima respirato in un concerto come quello di Perugia, di attenzione e aspettativa febbrile. E come sempre accade ad un certo punto quando l’animale in platea fiuta la preda che sta per esalare l’ultimo respiro (l’ultimo brano suonato), quello è il momento in cui scatta l’invasione del sottopalco. Ed è come se nel famoso campo di mais passasse all’improvviso un ciclone che abbatte ogni cosa, prima tra tutte la convenzione dello spettatore seduto. Ed è l’inizio di un concerto molto diverso da come uno se l’aspettava. Anche se durerà il solo spazio di un paio di bis tra cui Amen Omen.

Ma non importa! L’importante è aver avuto la possibilità di esserci. Umbria Jazz 50 colpisce forte, e meno male!

L’apertura con i Ranky Tanky (dalla sinossi di UJ)

Band di recente formazione, ma dall’impatto esplosivo. Il loro disco di esordio, uscito nel 2017, balzò in testa alle classifiche jazz di Billboard, e “Good Time”, del 2019, vinse un Grammy. Candidato al Grammy era anche il più recente live registrato al festival di New Orleans: altra vittoria!

E ieri sera hanno avuto il privilegio di aprire la serata all’Arena prima del mito Ben Harper.

Incrocio tra soul, gospel, blues, jazz, folklore popolare, il quintetto di base a Charleston, South Carolina, ha un suono assolutamente originale che ne fa qualcosa di unico nel pur variegato scenario della musica americana. Come unica negli Stati Uniti è la comunità Gullah, gruppo etnico di origine africana che ha conservato una straordinaria identità, di cui i Ranky Tanky sono fieri e impegnati esponenti. Anche Ranky Tanky è un termine del dialetto Gullah che in inglese potrebbe tradursi con molta libertà “get funky”. Le comunità rurali Gullah hanno sempre abitato le regioni costiere della Carolina del Sud e della Georgia, fino alla Florida, e le piccole isole di fronte (le Sea Islands). I loro avi erano gli schiavi originari delle aree occidentali dell’Africa.

Il quintetto nasce dalle ceneri di un classico quartetto jazz tromba/chitarra/basso/batteria cui si è aggiunta la potente voce e altrettanto potente personalità scenica di Quiana Parler. I loro arrangiamenti di chiara impronta jazz danno alla musica tradizionale Gullah una sorprendente modernità. Dal vivo poi, hanno un fortissimo impatto emotivo.

Foto: Tuttoggi.info- Leopoldo Vantaggioli

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