"Qui non si può vivere né progettare il futuro", lettera sfogo degli abitanti di San Pellegrino di Norcia - Tuttoggi.info

“Qui non si può vivere né progettare il futuro”, lettera sfogo degli abitanti di San Pellegrino di Norcia

Sara Fratepietro

“Qui non si può vivere né progettare il futuro”, lettera sfogo degli abitanti di San Pellegrino di Norcia

Le richieste degli abitanti della frazione distrutta dal sisma al sottosegretario Crimi ed alle istituzioni. E la certezza: "San Pellegrino di Norcia c'è, ci sarà sempre e non molla"
Mar, 12/02/2019 - 21:37

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Un drammatico sfogo, quello degli abitanti di San Pellegrino di Norcia – il paese più colpito sin dalle prime scosse di terremoto del 24 agosto 2016 – che martedì hanno incontrato il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alla ricostruzione, Vito Crimi, consegnandogli un documento sulla loro situazione.

Una lettera inviata anche al commissario straordinario Piero Farabollini, alla Regione Umbria, al Comune di Norcia ed al prefetto di Perugia, contenente istanze e racconti di quello che vivono da due anni e mezzo.


Ricostruzione, problemi e soluzioni nell’incontro con Crimi e Farabollini


“San Pellegrino era, prima del 24 agosto 2016, e forse lo è ancora, la frazione del comune di Norcia più popolosa, con i suoi 150 abitanti, attualmente 120” ricordano gli abitanti del paese distrutto. “E’ equidistante (circa 6 km) dagli epicentri dei terremoti del 24 agosto e del 30 ottobre 2016 e per questo è stato, sin da subito, il paese umbro più danneggiato”. E difatti, mentre il capoluogo vedeva danni qua e là, al pari di altre frazioni nursine, a San Pellegrino sin da subito la situazione era apparsa drammatica. Solo il caso ha fatto sì che non vi siano stati morti quella terribile notte. Ed anche Papa Francesco aveva manifestato la sua vicinanza al paese con la sua presenza, il 4 ottobre di quell’anno. Poi le scosse di fine ottobre avevano dato il colpo di grazia: nella frazione non c’era più praticamente nessuna casa agibile.

Dopo due anni e mezzo sono stati realizzati tre villaggi Sae, mentre molte case non ci sono più, demolite dalle ruspe. Molte vie sono state quindi messe in sicurezza, ma la zona rossa è rimasta la stessa. Ed è per questo che gli abitanti di San Pellegrino nella loro lettera chiedono di ridurla: “consentirebbe di riappropriarci almeno in parte del nostro paese”. “Drammatica – aggiungono – è la situazione del nostro cimitero, chiuso dal 24/08/2016 che ci nega la possibilità di visitare i nostri cari e necessità di consistenti lavori di messa in sicurezza e ricostruzione”.

Niente, infatti, si muove da questo punto di vista, né sul fronte pubblico né privato, con la frazione che tra l’altro è uno dei luoghi soggetti a perimetrazione, quindi con un iter più complesso per la necessità di redigere un piano attuativo. In più ci sono i vincoli idrogeologici, l’area è stata perimetrata nella cartografia del Pai (piano di assetto idrogeologico) come interessata da falda e/o cono detritico attivo. “Se esiste un problema dal punto di vista idrogeologico – chiedono i cittadini – risolverlo immediatamente e prioritariamente utilizzando i fondi stanziati dal precedente commissario con ordinanza n. 64 del 6.09.2018 ove per l’intero cratere sono stati previsti fondi per 100 milioni di euro, di cui per l’Umbria 10, comprendendo anche San Pellegrino. Sarebbe auspicabile progettare / iniziare immediatamente tali lavori, anche perché in base alla Delibera della Giunta regionale dell’Umbria n. 707 del 18.06.2018 per effettuare qualsiasi lavoro a valle dell’intervento è sufficiente che tale messa in sicurezza sia perlomeno progettata”.

Quindi la spinosa questione del piano attuativo: “Precisando che la frazione è stata perimetrata dalla Regione Umbria in accordo con il Comune di Norcia nel marzo 2018, che a tutt’oggi dopo un anno, l’iter procedurale per l’affidamento dell’incarico per la redazione del piano attuativo non è stato avviato, si suggerisce di prendere in esame la possibilità di suddividere l’abitato della frazione in due parti, così come avvenne per il terremoto del 1979 e come adottato oggi per la frazione di Ancarano di Norcia, in modo da redigere due piani attuativi, con importo ognuno, presumibilmente inferiore a 40mila euro. In questo modo gli stessi potrebbero risultare più snelli, non dovendo passare per la centrale di committenza di Spoleto”.

Ovviamente nella lettera c’è un accenno pure all’Ufficio speciale per la ricostruzione, con la richiesta di un suo potenziamento, “assegnando ulteriore personale” e di “sburocratizzare l’iter di presentazione, esame ed approvazione di una pratica“.

Al centro  dell’attenzione anche la situazione attuale delle Sae, le casette prefabbricate che di recente sono state interessate da muffa e umidità, tanto da portare protezione civile e Cns a controlli e interventi. Gli abitanti di San Pellegrino chiedono la “verifica, da parte dell’Asl, della eventuale pericolosità per la salute umana delle muffe presenti in alcune Sae, con sistemazione definitiva dei pavimenti”. Ma portano alla luce il problema soprattutto dei Mapre, i moduli abitativi rurali per gli agricoltori, “non idonei a queste zone di montagna, in quanto le pareti esterne di spessore solamente di 4 cm risultano prive di una minima coibentazione; le pompe di calore installate nei Mapre non riescono a produrre calore a sufficienza, nemmeno lasciandole accese 24 ore al giorno; gli infissi esterni non sono adeguatamente dimensionati come telaio e con carenza di sigillatura, e sono causa di passaggio d’aria; la rete idrica esterna, per l’allaccio alle utenze, è stata realizzata a poca profondità e ciò è stato causa nei mesi invernali di assenza di acqua potabile in quanto linee di adduzioni bloccate dal ghiaccio”.

Tra i temi che stanno particolarmente a cuore agli abitanti della frazione nursina la situazione delle due chiese. Quanto alla chiesa parrocchiale San Pellegrino, si chiede di, “in attesa della ricostruzione della chiesa parrocchiale, effettuare lavori di messa in sicurezza (si ricorda che prima del sisma era una delle chiese più ricche artisticamente in Valnerina) con coperture che possano essere chiamate tali e non fatiscenti come risulta attualmente. Inoltre è necessario salvare arredi, documenti ed opere che ancora si trovano all’interno della medesima”. Per quanto riguarda la chiesa di Santa Giuliana, invece, viene chiesto di “inserire in priorità la ristrutturazione di tale chiesa, anche in considerazione che si trova adiacente ai tre villaggi Sae; attualmente il nostro luogo di culto è un container, preso in affitto e pagato con fondi provenienti da donazioni solidali, che funge anche da luogo di incontro e sede di qualsiasi iniziativa”.

Quindi altre tematiche, come indennizzi ma anche aree per i proprietari di seconde case. “Ad oggi nessun proprietario delle aree dove sono state installate le Sae, i container collettivi etc ha ricevuto alcun indennizzo; ciò ha comportato, comporta e comporterà un grave danno economico sia per i proprietari degli stessi che in alcuni casi per i conduttori dei terreni agricoli, non potendo usufruire di affitti, premi quali Pac, biologica etc”. Infine si torna a chiedere di “creare aree attrezzate, dove i proprietari di seconde case, utilizzate in vari periodi dell’anno, possano con camper, roulotte, case su ruote etc tornare e quindi contribuire a fare un impulso positivo alla zona sotto vari aspetti”.

“Visto che al momento la parola ricostruzione per noi è una parola astratta, sconosciuta, – concludono nella loro lettera gli abitanti di San Pellegrino – auspichiamo entro il 15 aprile 2019 risposte concrete alle problematiche sopra elencate, esigendo di essere coinvolti direttamente con incontri periodici /(massimo trimestrali) in qualunque decisione che ci riguardi. Ricordiamo che dal 24 agosto 2016 in questo paese non si può nascere e non si può star male, non si può vivere, non si può lavorare, non si può progettare il futuro e purtroppo nemmeno morire. Non stiamo chiedendo la luna, chiediamo di tornare alla situazione ante 24 agosto 2016. Ci serve una scossa, non sismica, ma un segnale tangibile che ci possa far sperare in un futuro migliore, anche perché a 2 anni e mezzo dal primo terremoto abbiamo il diritto di sapere con chiarezza di che morte dobbiamo morire. San Pellegrino di Norcia c’è, ci sarà sempre e non molla”.

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