Perugia, in tanti al Convegno "L'Umbria ha una coscienza" dell'associazione "Mai più soli" - Tuttoggi.info

Perugia, in tanti al Convegno “L’Umbria ha una coscienza” dell’associazione “Mai più soli”

Redazione

Perugia, in tanti al Convegno “L’Umbria ha una coscienza” dell’associazione “Mai più soli”

In Umbria ci sono le Residenze sanitarie assistite (Rsa) ma servono anche le Suap (Speciali unità di accoglienza permanenti)
Gio, 12/10/2017 - 11:23

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‘Mai più soli’. Il nome dell’associazione perugina fondata nel 2015 da Marina Martorelli (presidente), Johnson De Rizzoli (vicepresidente) e Teresa Frenguellotti (segretaria), si è trasformato da un auspicio ad una certezza a giudicare dalle numerose presenze registrate al convegno ‘L’Umbria ha una coscienza, le risorse della Regione per le persone in coma e stato vegetativo’, mercoledì 11 ottobre nella Sala dei Notari di Perugia.

Decine di persone, infatti, hanno voluto far sentire la propria vicinanza a Mai soli, che ha lo scopo di garantire l’assistenza alle persone in coma, stato vegetativo permanente o di minima coscienza. All’evento, patrocinato da Regione Umbria e Comune di Perugia, per il quale ha portato i saluti Edi Cicchi, assessore ai servizi sociali e pari opportunità, erano presenti, oltre ai rappresentanti di Mai soli, Luca Barberini, assessore alla sanità della Regione Umbria, Mauro Zampolini, direttore del dipartimento di Riabilitazione della Usl Umbria 2 e segretario generale dell’Unione europea specialistica in medicina fisica e riabilitazione (Uems-Prm), la dottoressa Elisabetta Todeschini, una delle massime esperte nazionali di riabilitazione cognitiva, il dottor Federico Scarponi, responsabile della unità Gravi cerebrolesioni acquisite dell’Ospedale di Foligno, la dottoressa Rita Morucci, ex direttrice della residenza sanitaria assistita (Rsa) Casa dell’Amicizia ‘A. Seppilli’ di Perugia, Maurizio Massucci, consigliere nazionale della Società italiana medicina fisica e riabilitativa (Simfer) e direttore della Struttura complessa di riabilitazione intensiva ospedaliera Azienda Usl Umbria 1.

Tanti i temi affrontati dai relatori: dal differente approccio medico nei pazienti che versano in stato vegetativo o di minima coscienza, o presentano la sindrome Locked-in, spiegato dalla dottoressa Todeschini, alla situazione della ricerca scientifica sui disturbi di coscienza a cura di Scarponi, passando per ‘Gestire il ritorno quotidiano nelle residenze tra erogare servizi e fornire tutele’ con la dottoressa Morucci, fino alla proposta regionale che riguarda il Fondo per la non autosufficienza (Fna) e le Suap (speciali unità di accoglienza permanente).

“Ci tengo a lanciare un messaggio – ha dichiarato Barberini –. Anche se l’Umbria ha poche persone che vivono in queste condizioni di minima coscienza le istituzioni non possono sottrarsi all’assistenza. L’obiettivo è individuare in diversi punti del territorio umbro altrettante strutture idonee. Si può pensare di attivare dei moduli dedicati in alcune già esistenti, dando vita alle cosiddette Suap, speciali unità di accoglienza permanenti. Le risorse possono provenire dal governo centrale, regionale e dal Fondo sociale europeo come già avvenuto quest’anno e soprattutto avverrà nel prossimo”. “Le persone e le istituzioni – ha affermato Frenguellotti – stanno cominciando a conoscerci e rispondere ai nostri appelli. Il nostro obiettivo è ancora lontano ma siamo sulla buona strada. Tutti possono aiutarci con un contributo economico o semplicemente con idee e suggerimenti contattandoci attraverso il form del sito www.assmaisoli.it o la pagina Facebook ‘Associazione Mai soli’”.

“Lo stato vegetativo – Zampolini – può essere nella maggior parte dei casi un momento di passaggio che termina con il recupero del paziente passando per la riabilitazione ed è quello che facciano nella struttura di Foligno e Trevi. Quando questo non avviene e permane lo stato vegetativo la persona deve proseguire le cure in una struttura adatta, quale può essere una Rsa, come il centro residenziale Santo Stefano di Foligno, o tornare a casa propria. Ci sono dei casi, però, che non possono essere assistiti a casa, perché particolarmente gravi, e lì occorrerebbe l’assistenza di una Suap”.

“Tanti anni fa – ha spiegato Scarponi – si pensava che terminata la fase ospedaliera di ricovero del paziente finiva anche quella degli obiettivi raggiungibili. Adesso ci sono state tante esperienze e osservazioni che fanno vedere che a distanza di mesi o anni ci possono essere dei cambiamenti. Il periodo post ospedaliero, dunque, merita sicuramente un approfondimento sul piano della ricerca. Da parte nostra abbiamo portato avanti uno studio, tramite il progetto Incarico del Ministero della salute, con l’istituto Carlo Besta di Milano”.

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