La riconquista di Perugia ultima occasione per ricacciare oltre i confini regionali i “barbari” che stanno occupando, una dopo l’altra, le roccaforti umbre del Pd. Ma tra voglia di ritentare l’ammucchiata a sinistra e sogni di ricreare una nuova Dc (tanto più ora che nella Sala Consiliare tornerà il crocifisso), senza contare le vecchie-nuove ruggini personali, il Pd perugino sembra distante dal serrare le proprie truppe per tentare l’assalto a Palazzo dei Priori nel 2019.
Eppure occorre fare in fretta, perché all’appuntamento elettorale mancano ormai una decina di mesi. Un appuntamento elettorale al quale il Pd si avvicina senza una guida regionale e con le tante incognite che giungono dal nazionale. E con ambizioni, veti e forze centrifughe locali.
Elezioni 2019 a Perugia, il Pd alle prese col fattore “c”
E allora la presidente Marini, che di fatto dal voto di marzo – il cui esito ha portato alle dimissioni del segretario Leonelli – si trova a guidare i dem umbri, ha invitato alcuni “pezzi” del Pd perugino per elaborare una strategia che porti alla definizione di una coalizione e di un candidato sindaco. O di una candidata, perché l’identikit più gradito per togliere la fascia tricolore a Romizi è quello di una donna che in città sia riconoscibile per la sua storia. Magari, che non sia direttamente riconducibile al partito, così da attrarre consensi anche dalla cosiddetta società civile, come avvenuto con Stefania Proietti ad Assisi.
Il fatto che sia la governatrice a dare le carte – pur scindendo il proprio ruolo di presidente della Regione da quello di esponente di lungo corso del Pd, come da lei ribadito anche in occasione delle ultime elezioni amministrative – non piace ad alcuni notabili del partito, che infatti nelle ultime ore stanno mandando segnali di insofferenza. Tanto più che si susseguono i summit anche per aggiustare il tiro nella coalizione regionale per tentare lo sprint prima del 2020. Insomma, se a Perugia la sintesi tra le anime del Pd deve essere un nome super partes – è il loro ragionamento – che lo si trovi insieme e non venga imposto da chi, ora, è seduto più in alto. E si ricordano, appunto, gli esiti non certo felici del voto a Terni, ma soprattutto a Umbertide e Spoleto.
Certo, Perugia resta l’ultimo baluardo, non solo simbolico, per la Regione a trazione centrosinistra. Ed è normale che qui, il “fattore c”, per il Pd, sia quanto mai determinante.