Emanuele Armeni è rimasto in carcere perché i giudici non credono che quel colpo che ha ucciso il collega carabiniere Emanuele Lucentini possa essere partito accidentalmente. Lo riportano oggi i quotidiani Il Messaggero e La Nazione riassumendo il contenuto delle motivazioni espresse in ventuno pagine dai giudici del Tribunale del Riesame (Verola, Semeraro e Cenci).
Carabiniere ucciso “Armeni non lo ha soccorso”, analisi Ris sui soldi
Secondo i togati la versione fornita dall’indagato, di una “storta” al piede che gli ha causato una torsione e la conseguente caduta con il colpo che parte accidentalmente della mitraglietta di ordinanza del collega (“che solo per cortesia stava tenendo”, versione di Armeni, ndr), non regge.
Tutti gli articoli sull’omicidio del carabiniere Lucentini
Come sarebbe da escludersi il fatto che M12 S2 si sia caricato accidentalmente e che la morte del carabiniere di Tolentino sia il risultato di uno “scherzo finito male”. Nessun dolo eventuale quindi sarebbe alla base di questa tragica morte, ma solo la volontà di uccidere e di farlo “nel luogo più sicuro per il tipo di omicidio commesso”, ovvero la caserma dove i due carabinieri lavoravano insieme.
E anche se manca ancora il movente a questa vicenda che ha scosso la Benemerita, e se la versione “a caldo” fornita dall’indagato ha provocato, secondo la Procura, un iniziale erroneo e “grossolano” indirizzamento delle indagini verso la teoria dell’accidentalità, mentre secondo i magistrati e il Gip e il Riesame si tratta di omicidio volontario, si configura un quadro del delitto che ritrae Armeni mentre mette in atto “una scelta consapevole e volontaria”.
E poi la scelta del luogo, “Paradossalmente il più sicuro, (scrivono i giudici, ndr) perché la telecamera orientata verso il cortile non era funzionante da diversi mesi mentre le altre erano prive di impianto di registrazione (…). Per altro l’esecuzione del delitto all’interno della caserma avrebbe consentito all’Armeni di godere di un trattamento tutt’altro che ostile dai suoi commilitoni, come dimostrato nei fatti dalla circostanza che la gran parte dei presenti, subito dopo il fatto, ha pensato più che a condurre delle immediate indagini ed a prestare i soccorsi a Lucentini, a recarsi dall’Armeni”.
E su tutto pesano quelle frasi intercettate dell’Armeni. Dopo il funerale del collega, nel momento in cui non sapeva ancora di essere indagato per omicidio volontario e nelle quali si esprime in modo sprezzante, troppo, secondo gli inquirenti che trasferiscono direttamente dalla bobina al fascicolo dell’inchiesta le sue parole.