Il giorno dopo il “consiglio comunale della discordia“, è il vicesindaco Barelli a prendere la palla e a rispondere ai consiglieri dell’opposizione al completo (Pd, M5s e Socialisti riformisti), i quali, durante il consiglio comunale di ieri pomeriggio, hanno deciso di abbandonare la seduta. Barelli, in una sua nota, ha parlato di “intimidazione, bavagli“.
All’origine della mossa aventiniana c’è un documento presentato dal vicesindaco Barelli durante la conferenza dei capigruppo, con la quale l’avvocato, ex presidente di Italia Nostra, chiede di annullare o riesaminare il “provvedimento di censura” contro se stesso, approvato a maggioranza dalla Conferenza dei Presidenti dei Gruppi Consiliari lo scorso 15 febbraio 2016. Un provvedimento di censura che vede nell’occhio del ciclone proprio la consigliera Rosetti: Barelli la definisce “immotivata e illegittima“, e nel suo documento, scrive: “la consigliera Rosetti e la conferenza censurano il comportamento del sottoscritto per non aver riferito al consiglio comunale della corrispondenza riservata con l’avvocato Cerroni. Ammesso che una tale corrispondenza sia rilevante e divulgabile (…) non risulta al sottoscritto che la consigliera Rosetti abbia presentato un’interrogazione: di conseguenza non si può pretendere di avere una risposta“.
Quanto alle accuse di attacco alla democrazia o bavagli al consiglio comunale, nulla di tutto ciò c’è nell’istanza, ma solo il mio suggerimento di ridurre l’uso degli “ordini del giorno”, in favore della più semplice e veloce “interrogazione” che, tra l’altro, risponde meglio alle esigenze degli stessi consiglieri comunali di avere risposte rapide ed utili anche nell’interesse dei cittadini”. Per questo il vicesindaco bolla come “strumentale” quanto messo in scena ieri dall’opposizione.
Barelli a parte, c’è chi, a Palazzo dei Priori, prova a correre ai ripari, e a rispondere a chi ha parlato di “bavaglio” o di “situazione di emergenza”. Parole smentite direttamente dal presidente del consiglio comunale di Perugia, Leonardo Varasano, il quale, con una sua nota, sembra convincere anche Rosetti (M5S). Per Varasano, c’è stata invece solo “tutela“.
La nota di Varasano – “Nessun bavaglio né intralcio al dibattito e all’attività politica di ogni singolo consigliere”, ha dunque detto il presidente Varasano, provando a riparare. “In qualità di Presidente del Consiglio comunale ho tutelato, tutelo e continuerò a tutelare le prerogative dell’Assemblea tutta e la dignità del ruolo di ogni singolo consigliere, tanto di maggioranza quanto di opposizione, alla quale riconosco una significativa sensibilità istituzionale. Così come c’è chi garantisce l’istruttoria delle deliberazioni e assiste gli organi del Comune nell’azione amministrativa, nell’espletamento del mio ruolo continuerò a garantire l’autonomia politica dell’Assemblea, la libertà di iniziativa e la produzione di istanze (mozioni, interrogazioni e ordini del giorno) da parte di ogni eletto in Consiglio comunale, tanto nella funzione di governo quanto nella funzione di indirizzo e controllo”. Poi la richiesta all’opposizione: “auspico pertanto che a partire dalla prossima riunione dell’Assemblea, l’opposizione possa tornare in aula continuando a fornire il proprio contributo ai lavori del Consiglio, indispensabile per il corretto esercizio della democrazia”. Una risposta, quella di Varasano, della quale la consigliere Rosetti ringrazia, pur giudicandola come “tardiva“.
Nel frattempo, la polemica si fa sentire anche in rete, su Facebook. L’affermazione dell’ex vicesindaco, Nilo Arcudi, il quale avrebbe dichiarato “siamo in una situazione d’emergenza, perché quanto accaduto è molto grave. Perugia ha 1000 di storia ed è compito di ciascuno di noi rispettare la democrazia e le istituzioni“, ha destato l’esplosione di commenti da parte di chi discute delle origini storiche della città di Perugia, che fa risalire le sue mura al IV secolo d.C. Le critiche ad Arcudi sarebbero tuttavia sostanziali, essendo stato, nella precedente legislatura vicesindaco con delega alle partecipate: la rete scaglia dunque il dito contro di lui, chiedendogli maggiore chiarezza su quanto fatto con Gesenu quando appunto sedeva in maggioranza.
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