di Paolo Pacifici (*)
Come si può augurare buon anno mentre in medio oriente va in scena l’ennesima carneficina, negli obitori palestinesi si segnala il tutto esaurito ed i corpi senza vita di uomini, donne e bambini restano intrappolati sotto alle macerie? Che anno di pace ci aspetta? Ogni augurio rischia di diventare una specie di esercizio retorico, che si perde tra le migliaia di biglietti di auguri che ogni anno transitano per gli uffici postali per andarsi a posare sulle scrivanie dei vari destinatari, mentre fuori si staglia un torbido sottofondo di tenebra che fa da scenario a guerre e inciviltà.I luoghi dove le religioni monoteiste avevano pensato un dio che disegnasse scenari d’amore, sono oggi regioni dove gli uomini invocano dio per disegnare i confini dell’odio. Bombe che piovono su Gaza uccidendo bambini, donne e uomini (militari o civili non sono sempre vite umane?). Il folle furore dei terroristi a Mumbai. Migliaia di immigrati che arrivano su barconi traballanti: i più fortunati vengono rispediti a casa come merce indesiderata e scaduta, gli altri affondano senza che nessuno ne sappia nulla, trasformando il Mediterraneo in un cimitero disgraziato,A casa nostra intanto imperversano crisi e recessione, disoccupazione e precarietà, con gli operai che continuano a morire sul lavoro e la crisi sociale che degenera nella incriminazione del più disgraziato e del più misero come responsabile di tutti i nostri mali.La politica, anche quella alla nostra portata, resta spesso incapace di gestire i processi come dovrebbe e spesso non sa neppure darsi strumenti adeguati. I partiti, da luoghi di intesa ed aggregazione di massa, si sono trasformati in supermercati della politica, ad immagine e somiglianza del modello di società che i pionieri delle televendite hanno imposto negli ultimi 30 anni.E’ proprio ora, però che abbiamo davvero bisogno di un augurio. Forte e sincero, che vada oltre il buonismo inconcludente in cui non si estrinseca certo il senso di questi giorni.Un augurio affinché tutti assumano nella propria coscienza che non si può convivere con l’idea che una parte dell’umanità viva dentro un naufragio permanente.Un augurio per un anno in cui tutti non si sentano più spettatori impotenti innanzi al panorama di odio e violenza, ma protagonisti attivi del cambiamento dello stato di cose esistenti.Un augurio di un 2009 di pace, che passi per l’affermazione consapevole da parte di ciascuno di noi della non negoziabilità della vita e del diritto alla felicità di ciascun essere umano.Un augurio affinché ciascuno, con ogni suo gesto, con ostinazione e tenacia, sia capace di costruire strade e ponti che uniscano e di impedire di assistere ancora al crollo di altre macerie. “Siate voi il cambiamento che volete vedere nel mondo” (M. Ghandi)Campello, lì 31 dicembre 2008 (*) Sindaco di Campello sul Clitunno