Aborto farmacologico, i tre giorni di ricovero scatenano polemica in Consiglio - Tuttoggi.info

Aborto farmacologico, i tre giorni di ricovero scatenano polemica in Consiglio

Redazione

Aborto farmacologico, i tre giorni di ricovero scatenano polemica in Consiglio

Anche l'assise tifernate si è confrontata sulla delibera della Regione che vieta l’utilizzo della pillola RU486 in day hospital e impone il (lungo) ricovero in ospedale
Mer, 17/06/2020 - 11:23

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Si è parlato anche di aborto farmacologico nelle comunicazioni del Consiglio comunale di Città di Castello e, in linea con il dibattito nazionale, non sono certo mancate le polemiche.

E’ stata la consigliera comunale Pd Letizia Guerri a portare all’attenzione dell’assise la delibera della Giunta regionale umbra che vieta l’aborto farmacologico con la pillola RU486 in regime di day hospital (e con terapia domiciliare), prevedendo il ricovero ospedaliero di tre giorni.

É un fatto grave che lede il diritto delle donne con una brutalità immane – ha detto Guerri – Scegliere di abortire è già difficile. L’aborto farmacologico è la strada meno traumatica e scegliere il regime ospedaliero con tre giorni di ricovero (anche maggiori rispetto ad un aborto chirurgico) è penalizzante. Al contrario di quanto dice la scienza mondiale, per cui è preferibile il day hospital per non congestionare gli ospedali nell’emergenza sanitaria, l’Umbria va in direzione contraria. Non è un atto amministrativo ma una scelta politica. Nel 2020 è inaccettabile”.

Sassolini (FI): “Per la prima volta, essendo cambiata la mentalità della Regione si fa qualcosa che va nell’interesse della vita, che cerca di far nascere una vita. Oggi tutto si risolve con una pillola: proprio per questa insensibilità eccessiva si rischia di fare due vittime, feto e madre. Se si potesse parlare con queste madri, cercando anche di salvare una sola vita, pure in questa sala ci sarebbero tanti pronti ad accettare un figlio per salvare una vita. Poi ci sono scelte personali, tra la vita di una madre e di un figlio, che vanno fatte secondo coscienza”.

Lignani Marchesani (Fd’I): “Il dibattito etico ci porterebbe lontanissimo, anche se tutti pensano alla libertà della donna ma non alla macellazione di una vita. Mi auguro che sia una scelta politica che comunque condivido”. Arcaleni (Castello Cambia): “Parlare di una scelta che aggrava l’esercizio di un diritto previsto da una legge dello stato non aiuta a salvare una vita. Dobbiamo dare i mezzi per difendere la vita. In questo modo si mettono solo le donne in ulteriore difficoltà. Ricordiamoci che spesso questa scelta è dettata da condizioni economiche e di vita precarie. Difendere la vita rendendo più difficile il percorso non funziona. Bisogna prevenire e creare le condizioni perché la donna non scelga l’interruzione di gravidanza”.

L’assessore alle Politiche sociali Luciana Bassini, già ostetrica di professione, ha detto: “L’argomento non si presta ai tempi delle comunicazioni. Io ho lavorato una vita a contatto diretto con le donne. L’aborto farmacologico, che fa parte della legge 194 e che la Regione Umbria ha riconosciuto nel 2018, è una tutela per la donna. Non è vero che il day hospital garantisce riservatezza. E’ ovvio che la tutela della vita è fondamentale per tutti. Io vorrei che qualcuno di voi si fosse trovato a parlare con le donne che fanno tale scelta, dolorosissima. Alcune si procuravano l’aborto con mezzi primitivi. La Regione Umbria ha fatto una scelta terribile. Forse potevate risparmiarlo questo discorso”.

Morini (Tiferno Insieme): “Fa male anche a me parlare in questi termini di questo tema. Non concordo con l’assessore sul fatto di lasciare le donne da sole a casa, a volte è successo che siano morte nella circostanza. Non tutte le Regioni hanno fatto la scelta dell’Umbria. Comunque è un tema aperto ed è una cosa incredibile che si usi questo argomento come un grimaldello politico. E’ vergognoso”.

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