E’ stata definita come l’edizione di Umbria Jazz dei record, quella che si appresta a concludersi oggi (domenica 19 luglio, ndr): dal caldo, con l’ondata infernale traghettata da Caronte che imperversa in questi giorni, alle presenze riversatesi sul capoluogo umbro, al pubblico, agli incassi. Oltre 35mila i paganti, per 1 milione e mezzo di ‘cassetto’; 450mila le presenze in città nei giorni del festival. E ancora 100mila euro raccolti con il merchandising, a riprova, dicono dallo staff, che UJ si finanzia con il pubblico. Non se ne vorranno gli sponsor e le istituzioni che da anni lo sostengono: è lo stesso Pagnotta a dire oggi che, se qualche anno non fosse stato per il Comune di Perugia e per la Fondazione Cassa di Risparmio, UJ avrebbe chiuso i battenti.
Eppure il messaggio che viene fuori dalla conferenza stampa di chiusura del festival, tenutasi questa mattina nella Sala Raffaello dell’Hotel Brufani, risuona chiaro, anche nelle orecchie del patron di UJ: la Regione, parole della Presidente Marini (ricordata alla stampa la conferenza di domani sulla programmazione culturale in Umbria per il prossimo quinquennio), ha infatti tutta l’intenzione di istituzionalizzare al meglio il festival, facendo convergere sempre di più l’ente organizzatore nella già presente Fondazione di Partecipazione, di cui fanno parte Regione Umbria, Comune di Perugia, Comune di Orvieto e Fondazione cassa di Risparmio di Perugia. Una forma atipica, a metà tra il pubblico e il privato, il cui fondatore (anche più di uno) destina il patrimonio allo scopo. “Bisogna riflettere – ha detto Marini – sul ruolo e sulla funzione della Fondazione, per farla diventare una vera e propria partecipazione. In fondo i main sponsor di fatto sono istituzionali. Vogliamo andare verso un modello organizzativo, economico e finanziario che possa consolidare negli anni la manifestazione. Mi metterò a lavoro già nelle prossime settimane affinchè si possa rafforzare la funzione della Fondazione trasformandola in una ‘Fondazione di partecipazione’ che possa aprirsi al contributo di soggetti economici privati che – ha aggiunto – assieme alle istituzioni realizzino un modello che possa consolidare e garantire certezze al festival“. Infine, la presidente Marini ha auspicato – visto che i notevoli benefici economici indotti dal festival interessano il sistema alberghiero, della ristorazione e del commercio della città – che questi soggetti “assumano una partecipazione attiva ed un protagonismo anche economico nell’ambito di una Fondazione di partecipazione“. Una manovra che ha tutta l’aria di un tentativo di sfilare la creatura decennale a chi l’ha fondata, per meglio controllarla. Voci non confermate, ma interne a UJ, parlano poi di un disegno ancora più grande, che porterebbero l’altro organizzatore, Stefano Lazzeri, a scalare la vetta del festival del Jazz, puntando alla poll position. Ricordiamo che, ad oggi, la Fondazione Umbria Jazz, di cui è presidente Renzo Arbore, e di cui Pagnotta ha la direzione artistica, vede nel consiglio di amministrazione Gian Luca Laurenzi, Lucia Baronicini e mario Davighi.
E’ innegabile come Perugia abbia visto una ripresa effettiva negli ultimi dieci giorni: la città è esplosa nei suoi suoni, nei suoi colori, nella sua musica, tanto che il direttore generale, Luciano Linzi, ha parlato di una “edizione memorabile, con un cartellone stellare“. A rinforzo arriva il patron Pagnotta, che, al solito, preferisce concludere brevemente la conferenza, “perché dobbiamo andare al Morlacchi per lo spettacolo di Franco Cerri” dice. Lui, che preferirebbe istituzionalizzare le clinics del Berklee college of music, che hanno festeggiato la trentesima edizione dei corsi. E ci tiene a sottolineare che Umbria Jazz “non è il festival di Tony Bennet e Lady Gaga“. La stessa che avrebbe avuto dal festival un cachet da più di 300 mila euro, e che avrebbe a sua volta, pare, speso diverse decine di migliaia di euro per prenotare per sé la cena in un ristorante in centro.
Pagnotta e il patron del Festival di Spoleto, Ferrara, invece, non sono come il gatto e la volpe Bennet-Gaga. Anzi: quest’anno, così come per il prossimo anno, i due festival sono riusciti a dialogare tra loro, provando a non sovrapporre i cartelloni. Per il 2016, anticipa Pagnotta, “loro finiscono il 10, noi cominciamo l’8” (luglio,ndr). Ma a Pagnotta non va giù il fatto che il famoso direttore Pappano abbia voluto personalmente Bollani, che così sarà per la prima volta in assoluto a Spoleto, per il concerto di chiusura dei 2 Mondi. “Vorrei ricordare all’amico Ferrara di Spoleto che Bollani a Perugia ha suonato anche in compagnia di altri artisti. Così come l’orchestra di Santa Cecilia a UJ c’era già stata qualche anno fa“. Gelosie artistiche. Gongolerà Bollani?
Sembra poi ci sia stato un vero e proprio boom “social” per UJ: il team di UJ ha documentato live i concerti, il backstage, gli eventi nelle strade con centinaia di post, foto, tweet, dirette streaming, riuscendo a coinvolgere centinaia di migliaia di utenti. In particolare, i canali Facebook, Twitter, Periscope e Instagram hanno fatto registrare un “numero enorme di interazioni“, che hanno permesso ai contenuti prodotti di avere un’audience mai raggiunta prima. Qualche numero (anche se non è chiaro in quanto tempo siano stati raggiunti questi contatti, se nell’ultima settimana, in un anno o in mesi): più di 1 milione di utenti raggiunti su Facebook, oltre 100.000 interazioni tra like e condivisioni, più di 250.000 visualizzazioni video, oltre 4.000 commenti e retweet. Grande coinvolgimento anche degli artisti, che hanno continuamente commentato, retwittato e condiviso contenuti sui canali social di Umbria Jazz: da Gilberto Gil ai Subsonica, da Paolo Conte a Joshua Redman da Lady Gaga a Stefano Bollani, una vera comunità di personaggi entusiasti e partecipi costruita intorno al Festival.
L’appuntamento è con Umbria Jazz Winter#23, a Orvieto, dal 30 dicembre 2015 al 3 gennaio 2016 e a Umbria Jazz 16 a Perugia dall’8 al 17 luglio 2016.
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