“La giunta comunale che ha dovuto decidere le aliquote Imu, come del resto le giunte di tutti i Comuni italiani, ha applicato una tassa che non voleva, o almeno non in questi termini. Gli Enti locali, per di più, sono chiamati a fare i gabellieri per lo Stato e a gestire una gabella imposta unilateralmente dal governo senza nessuna interlocuzione.
Il Comune di Perugia ha deciso non toccare l’Irpef, di non tagliare nessun servizio e di non aumentare le tariffe dei servizi a domanda individuale. Ha anche contenuto l’ aliquota per la prima casa allo 0,5, rispetto a quella base di 0,4. Si è reso indispensabile, per recuperare circa 22 milioni di tagli in una manovra che per il 2012 è di circa 316 milioni, applicare l’aliquota massima per gli altri fabbricati: 1,06, di cui, va ricordato, la metà dell’ aliquota base, che è pari a 0,76, va allo Stato, non al Comune. L’alternativa sarebbe stata quella di operare tagli più o meno lineari sui servizi per una somma equivalente, ma si sarebbe in pratica devastato il sociale, ed oggi, soprattutto oggi, questo è impossibile.
I sindaci italiani, che giovedì prossimo protesteranno a Venezia, volevano altro. Volevano una imposta realmente e soltanto comunale, che poteva quindi essere decisamente più leggera e molto più flessibile, cioè tale che i Comuni potessero modularla sulla base delle loro esigenze di bilancio ma anche in considerazione delle peculiarità sociali ed economiche del territorio. Le risorse che lo Stato non avrebbe incassato da “questa” Imu potevano essere trovate con una seria e progressiva imposta patrimoniale sulle ricchezze più consistenti. L’Imu, invece, colpisce praticamente tutti.
Poi c’è il Patto di stabilità, che impedisce agli Enti locali di continuare ad esercitare un ruolo fondamentale nell’ economia. Amministrazioni che avrebbero i soldi per aprire cantieri, realizzare infrastrutture, modernizzare le città e produrre lavoro, non possono farlo. Anche per questo si protesterà a Venezia, e per dire che i Comuni non vogliono essere strumenti ciechi di manovre economiche, finanziarie e fiscali ragionate al centro. E’ dal basso che vengono domande, richieste, allarmi, e la crisi di credibilità della politica non è estranea al fatto che queste istanze non trovano risposte adeguate. I sindaci hanno il dovere di rappresentarle”.