C’è aria di bagarre intorno al fallimento Minerva. Un po’ come la famosa pubblicità del profumo. Con la differenza che intorno a questa vicenda, che coinvolge una ottantina di operai, l’aria sembra cominciare a cambiar odore.
Un minuto dopo lo scoccar della mezzanotte del nuovo anno è cominciata la caccia ad un non meglio definito futuro della ex Industrie Minerva.
Giusto il tempo di far riaprire gli uffici. Il 2 gennaio è il capogruppo della quercia Amedeo Marcelli a richiedere un urgente sul fallimento della I.M. (che i giudici perugini hanno confermato dando sostanzialmente ragione a quanto decretato dal giudice di Spoleto Roberto Laudenzi), due giorni dopo è il duo Gervasi-Cassoli a fondare la nuova “Minerva Spoleto” (domani partiranno le selezioni del personale), per arrivare ad oggi con il trio Giannini (Fiom), Conti (Uilm) e Pierotti (Film) che convoca per domattina alle 11 una urgente conferenza stampa presso i locali della Camera del Lavoro. E non si dica che il sindacato non lavori anche nel dì dedicato alla cara vecchina!
Insomma una accelerazione per certi versi giustificabile (salvaguardare i posti di lavoro), per altri inspiegabile. I sindacati sempre domani, ma alle 18, incontreranno Graziano Luzzi, titolare della Tecnokar, una delle aziende interessate alla I.M. (le altre farebbero riferimento all’aretino Menci, che a Spoleto vanta importanti amicizie, e al bolognese Cardi).
“Ci ha convocato lui” dicono i sindacalisti al telefono “noi siamo sempre disponibili a confrontarci con chiunque”.
Ad accelerare la corsa sarebbe stata proprio la fuga di notizie relativa alla nuova “Minerva Spoleto”, anticipata venerdì scorso da TO®, e che avrebbe scatenato un vero e proprio pandemonio. Quali giochi si nascondo dietro e quali interessi? Difficile dirlo, anche se son in molti a giurare che l’obiettivo di molti pretendenti è la stessa area in cui insiste l’ex I.M..
Evidente che sindacato, politica e imprenditoria vogliono tentare di far pressione, e continueranno a tentare di farla anche nella prossime ore, sul curatore fallimentare, il ragionier Enrico D’Agata, chiamato a valutare e proporre al giudice competente la soluzione migliore. Il sindacato non lo nega, anzi. “Certo domani parleremo anche di questo, bisogna far in fretta, ci sono ottanta posti di lavoro in ballo”.
Impossibile conoscere quante offerte sono formalmente giunte sul tavolo del curatore. Pare però che sarebbero meno di quanto si andrebbe sostenendo da settimane sulla stampa locale.
La strada più probabile, comunque, sarà quella di un’asta pubblica, ma anche in questo caso potrebbero servire alcuni giorni, se non settimane, prima di vederla bandita. Perchè è certo che nel capitolato il curatore dovrà tener conto anche di alcune situazioni che peserebbero sul prezzo finale: come ad esempio il fatto che non tutte le macchine sarebbero a norma 626 o, e questo è stato denunciato dallo stesso sindacato, che vi sarebbero delle zone della fabbrica a rischio amianto. Se fosse vero resta un mistero come in tutti questi anni vi possano aver lavorato decine e decine di operai.
Scontato che qualunque decisione non poteva certo esser intrapresa dal curatore prima della sentenza di appello. Una decisione che forse richiederà più tempo di quanto la politica e il sindacato vorrebbero ora imporre.
Strano modo di muoversi, davvero quello dei rappresentanti dei cittadini e lavoratori.
Se solo la metà, un terzo delle energie spese in questi giorni fossero state impiegate appena un anno, un anno e mezzo fa, magari non si sarebbe arrivati fino a tal punto.
Ma questo ormai appartiene alla storia della fu gloriosa Industrie Minerva.
(Ca.Cer.)
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