Gesenu al Tar, "assunzioni siciliane imposte dalla legge"

Gesenu al Tar, depositata la memoria | Assunzioni imposte

Redazione

Gesenu al Tar, depositata la memoria | Assunzioni imposte

Secondo la società non c'è il rischio di infiltrazioni mafiose, nuovo Cda è garanzia di imparzialità
Mar, 24/11/2015 - 08:15

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di Antioco Fois

Gesenu cerca di uscire un piede alla volta dal pantano giudiziario, che la vede al centro di un’inchiesta della Procura di Perugia per traffico illecito di rifiuti e con gli appalti sottoposti a commissariamento da parte dal prefetto Antonella De Miro. E lo fa replicando alle censure dell’interdittiva antimafia emessa a fine ottobre dalla Prefettura di Perugia, basando su almeno tre pilastri una memoria difensiva depositata oggi al Tar dell’Umbria: assunzioni “mafiose” come conseguenza della presa in carico di un appalto a Catania, nomina di un fiduciario per gli affari in Sicilia e consiglio di amministrazione rinnovato per garantire una gestione “neutra”.

Un incartamento corposo a corredo del ricorso ai giudici amministrativi, che si discuterà il 2 dicembre, per sospendere il provvedimento che ha poi portato all’amministrazione controllata di centinaia di milioni di euro di contratti gestiti dalla società partecipata del Comune di Perugia ed dal gigante Gest, in essere in Umbria, Lazio e Sicilia. Appalti, com’è noto, finiti sulla scrivania del triumvirato Mancini-Pezzuto-Santucci, nominati dall’ente paraministeriale e dall’Autorità nazionale anticorruzione per gestire e vigilare sui serivizi di raccolta e trattamento rifiuti affidati alle due società.

Le controdeduzioni degli avvocati Damiano Lipani e Angelo Clarizia mirano – tra l’altro – al nucleo pesante della misura prefettizia. E precisamente a quella lista di dipendenti rientrati nell’organico Gesenu con a carico un fardello di precedenti penali (anche di associazione mafiosa), che nelle pagine dei legali è indicata come eredità scomoda e imposta. In origine, si precisa nella memoria depositata, i lavoratori che sarebbero in odore di ‘Cosa Nostra’ erano in carico alla precedente azienda che operava nel comune di Mascalucia, nell’hinterland di Catania, la cui amministrazione era commissariata per mafia. Il servizio di raccolta dei rifiuti era strato allora affidato a Gesenu.

La conferma, nell’organico aziendale, dei “picciotti” della nettezza urbana sarebbe stata contestuale e inevitabile, perché da procedura di affidamento di un servizio già in essere la nuova società concessionaria è tenuta a farsi carico dei lavoratori già impiegati. Un concetto ribadito dalla stessa Prefettura di Catania, che con il cambio appalto per la commessa siciliana avrebbe anche sollecitato la società partecipata del Comune di Perugia a preservare i livelli occupazionali, facendosi carico dei lavoratori già impiegati. Oltretutto, come misura di garanzia, Gesenu avrebbe anche nominato un soggetto fiduciario per gestire le partecipazioni in Sicilia. Abbastanza quindi, seguendo il filo logico tessuto dai legali, per attestare come Gesenu non solo sia lontana dai tentacoli di Cosa nostra, ma non ci sarebbero nemmeno i presupposti che la potrebbero mettere a rischio di infiltrazioni mafiose.

Di “elementi travisati della Prefettura” aveva scritto anche l’indagato e deposto amministratore delegato Silvio Gentile, che aveva anche parlato di tentativo di Gesenu di “sterilizzare il Cda”. Operazione, quest’ultima, che per il collegio di avvocati sarebbe stata già messa in atto con la nomina di un nuovo ad e di fiduciari in rappresentanza dei soci privati di Gesenu, i cui trascorsi legali erano stati citati nelle righe del prefetto Antonella De Miro. Adesso con l’insediamento del nuovo direttivo la gestione neutra e imparziale della società sarebbe garantita e non sussisterebbero quei requisiti che hanno indotto ente paraministeriale e Anac a sfilare dalle mani del direttivo di Gesenu e Gest centinaia di milioni di euro di appalti, per metterli “al riparo da qualsiasi tentativo di condizionamento criminale”.

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