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FESTIVAL DEI 2 MONDI: MARIO ARCANGELI, LA LETTERA DI MENOTTI, SPOLETO E CHARLESTON

Redazione

FESTIVAL DEI 2 MONDI: MARIO ARCANGELI, LA LETTERA DI MENOTTI, SPOLETO E CHARLESTON

Ven, 16/05/2008 - 14:00

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di Mario Arcangeli

dott. Ceraso buongiorno, come ricorderà a suo tempo Le avevo inviato copia di una lettera del Maestro Menotti riguardante Charleston, e ciò solo per sua informazione o spunto, e non certo per suscitare polemiche a tempo scaduto. Ora sottolineo di nuovo che non voglio sollevare polemiche o battibecchi, ma solo offrire qualche spunto di riflessione “fuori dal coro”, e credo così che, anche se a distanza di tempo, sia giusto replicare alla Sua risposta di qualche tempo fa. Vede io sono una persona che nel lavoro e nella vita cerca sempre una soluzione positiva, anche condita dal buonsenso e dalla modestia. Sono forse uno degli Spoletini adottivi che ben si rende conto della importanza nel mondo del nome di Spoleto e questo grazie al Festival dei due Mondi così come creato e ideato dal Maestro Menotti (aggiungerei per non confondere con l’attuale che si chiama ugualmente Festival dei due mondi).

Credo anche che, in generale, in ogni città d’arte, è molto difficile costruire una immagine ed un nome e, d’altra parte, è invece molto facile sciuparli, magari con iniziative culturali provinciali che non siano di livello (potrei elencarne molte, delle quali, peraltro, i conti non si diffondono, né i relativi deficit sono sbandierati dalla stampa). Tutti vorrebbero fare qualcosa a Spoleto e per Spoleto, ma sarebbe interessante analizzare attentamente, a ritroso nel passato, remoto e prossimo, quante iniziative invece di aver portato qualcosa, hanno “portato via”, e allo stesso magari hanno sciupato il prestigio di questa Città.

L’esempio suo di Francesco Nuti nel film Caruso Paskowski, quando, espulso dall’arbitro, abbandona il campo portando con sé il pallone, calza anche a mio parere e mi è ben chiaro, ma forse prima di tutto andrebbe stabilito quale sia il gioco e le regole che debbano applicarsi (quelle del calcio, del rugby, o del tennis, etc.) ed anche e soprattutto chi debba essere l’arbitro e quali qualifiche (sostituirei con la parola “compiti”) abbia.

Anche se solo da spettatore e da appassionato, credo che nel campo dell’arte le idee ed i nomi non si comprano al mercato, ma sono frutto di sensibilità, professionalità ed intuito. Devo ricordare poi, ed è la stessa storia del Festival ad insegnarlo, che il Festival dei Due Mondi si chiama così per lo scambio artistico e culturale con gli USA, fin dalla fondazione nel 1958, ma con gli artisti (e mecenati) di New York, di Chicago e della California, portati dal Maestro Menotti, e non certo con la (e dalla) South Carolina. Quando il Sindaco di Charleston chiese al Maestro Menotti di portare lì il Festival, alla fine degli anni Settanta (dopo ormai già venti festival dei due mondi), lo fece perché voleva rilanciare la sua Città, che era povera, e che era stata da sempre socialmente e culturalmente “bistrattata” dal Nord (anche fino agli anni Sessanta – Settanta e per assurdo fino ai giorni nostri) per essere stata una delle città e comunità fautrici della guerra da Sudisti e Nordisti. Il Festival fu subito un successo, e io che sono stato più volte a Charleston ho visto lo sviluppo che la città ha avuto, iniziando dal piccolo aeroporto che aveva, fino ad avere ora un aeroporto di dimensione internazionale.Anche a Spoleto, già dai primissimi anni del Festival, lo sviluppo è stato enorme in campo turistico, ma che cosa ha fatto la pubblica amministrazione parallelamente e sinergicamente con questo sviluppo economico e sociale?

Molto se si parla dei grandi lavori e dei vari finanziamenti edilizi (per il terremoto, per le ristrutturazioni etc.) che però, d’altra parte, dopo un decennio ininterrotto di lavori in corso, di fatto rischiano di asfissiare definitivamente il centro storico anziché valorizzarlo: anche a causa del decentramento degli uffici in periferia la gente ha perso e sta perdendo l’abitudine e l’interesse ad andare in centro, mentre i turisti devono fare una sorta di gara ad ostacoli. Tutti sanno che gli Spoletini sono circa 38.000 di cui 3.000 dentro le mura e 35.000 fuori le mura. Io mi auguro – e spero che tutti si augurino – che Spoleto non diventi un MUSEO delle CERE, mettendo dei manichini al posto degli artigiani, dei commercianti, dei professionisti, e degli stessi impiegati di Banche, e dove il turista veloce passa, guarda, e lascia l’obolo per aver usato il bagno.Spesso a Spoleto si parla dei conti e dei debiti del Festival, ma so che invece, in campo nazionale, l’esempio del Festival dei Due Mondi è stato recentemente indicato come positivo anche dal punto di vista finanziario, da testate ed istituzioni autorevoli in materia (es. Il Sole 24 ore, Università Bocconi): ciò in quanto il debito del Festival, rispetto ai moltissimi spettacoli prodotti, è ben poca cosa se confrontato con i 50 milioni di euro del Teatro San Carlo di Napoli e degli oltre 70 milioni di euro della gestione della Scala, senza poi parlare di altri esempi (Cagliari ecc).

E’ giusto che chi lavora sia pagato per intero, ma perché allora l’amministrazione comunale ha speso, tra l’altro, 150.000 euro, prelevati dalle casse della Fondazione, solo per fare una causa a Menotti, ed ha usato, dalle stesse casse, oltre 300 mila euro per ultimare le rifiniture del restauro del Teatro Nuovo, proprio la somma che sarebbe servita per pagare le maestranze? Non trovo nemmeno strano che anni fa il Maestro Gian Carlo Menotti avesse chiesto (e mai ottenuto) un appartamento nella Rocca: è notorio che Menotti chiedesse tali spazi per il periodo della manifestazione e per poter ospitare le personalità vere, di cui Spoleto potrebbe avere l’onore. Al riguardo dei danni incalcolabili per la stessa comunità, che Lei diceva, forse bisognerebbe chiedersi quanto essi siano dovuti, più che altro, alle controversie messe in atto da chi ha guidato in questi anni la stessa comunità, ed alle varie diatribe che, invece di essere discusse tra le mura domestiche e risolte in famiglia, sono state sbandierate ai quattro venti sulla stampa (anche con comunicati dove l’arte e la cultura erano solo l’ultimo dei pensieri, e somiglianti forse più a bollettini di guerra): forse un giorno si ricorderà che è questo, in massima parte, che ha fatto percepire all’esterno la decadenza del Festival e della stessa Spoleto, decadenza condita dalle varie iniziative collaterali cui sopra accennavo.

Tornando a Charleston, mi fa molto piacere poi, che anche lei, nella Sua risposta di qualche tempo fa, utilizza il buonsenso del buon padre di famiglia, augurandosi che le due “coppie” (le due città e i due festival) riprovino serenamente in quel cammino avviato 30 anni fa… Però forse dimentica che uno dei due convolati era Gian Carlo Menotti, e non Nagel Redden, né la città di Spoleto, e che il passaggio a miglior vita, purtroppo, comporta lo scioglimento del matrimonio. Magari Charleston e Spoleto possono risposarsi, ma forse è come se si risposassero due vedove, per di più tra loro…Io comunque mi auspico che prevalga sempre il buonsenso ed il rispetto, per evitare che qui si continui a fare proclami ed enunciazioni senza poi seguire con i fatti, e mi riferisco a slogan quali “la città che vive tutto l’anno” (ormai semideserta nel centro), o la “città d’arte, cultura e natura” (una natura piena di gru, ma di ferro e non di piume, e lascio ad altri ogni commento sulla cultura), ecc. ecc.

E mi auguro anche che il Festival possa continuarsi a chiamare a ragione Festival dei Due Mondi, e 51°, ma sia con il numero 1 sia con il numero 5 maiuscoli, evitando di trasformare quella che è sempre stata una manifestazione di arte e cultura internazionale in una Rassegna nazional-politico-provinciale, e comunque riconoscendo il giusto valore di coloro che in tutti questi anni hanno messo quel 5 davanti. Con un cordiale saluto

——————————-

Gentilissimo Signor Arcangeli,

La ringrazio per la Sua che trovo di grande interesse e che condivido in larga parte. Mi creda sincero. Non starò qui a ribattere pensieri e argomentazioni sulle quali siamo o non siamo d’accordo, rimandando al “commento” che Lei mi aveva richiesto nell'inviarmi la Lettera autografa del Maestro Gian Carlo.

Mi preme da subito rilevare che quanto da Lei denunciato, circa il prelievo del Comune dalle casse della Fondazione Festival, non corrisponde con quanto a mia conoscenza. La causa, infatti, promossa dalla Associazione contro la Fondazione ha visto vincere in primo grado quest’ultima e pertanto le spese legali dovrebbero esser poi liquidate dalla parte soccombente. Quanto invece ai lavori di finitura del Teatro, risulta sì una delibera della Fondazione per un prestito di 250mila euro al Comune, ma questo non sarebbe mai stato erogato avendo nel frattempo il Municipio reperito altre risorse.

Tornando alla Sua, traspare evidente il richiamo al “rispetto delle regole”. Se lo si fosse invocato sin dai primi vagiti della manifestazione, e a 360°, non staremmo oggi a disquisire del fu festival menottiano e dei motivi che hanno interessato il mancato sviluppo della Città.

La Sua però ricorda solo le mancanze del vertice politico locale (che nei 50 anni ci sono state) e più in particolare quello di questi ultimi anni. Dimenticando al contempo tutti gli errori fatti per così dire dal Festival. Se avesse menzionato anche questi ultimi, avrei trovato il Suo intervento, oltre che sinceramente interessante, anche un pò più equilibrato.

Nel ringraziarLa per il prezioso contributo, ricambio cordiali saluti

Carlo Ceraso

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Festival: la lettera autografa di Menotti “Mai con Charleston” (guarda la foto) – CLICCA QUI


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