STORIA DI ORDINARIA GESTIONE DI UN NEGOZIO DEL CENTRO STORICO - Tuttoggi.info

STORIA DI ORDINARIA GESTIONE DI UN NEGOZIO DEL CENTRO STORICO

Redazione

STORIA DI ORDINARIA GESTIONE DI UN NEGOZIO DEL CENTRO STORICO

Mar, 30/12/2008 - 09:24

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Di Patrizia Perugini

A Novembre ho messo un annuncio, per cedere la mia attività ed ho esposto in vetrina un analogo cartello.

Ho ricevuto solo un paio di “timorose” richieste: già un successo, perché francamente, vista la situazione del centro e la crisi incombente, non mi aspettavo un bel niente!

Ciò nondimeno ho voluto gettare il sasso nello stagno, lanciare un messaggio.

E infatti è stata sorprendente e umanamente gratificante la corale e affettuosa richiesta dei miei clienti di non cedere, di resistere, di non chiudere!!

GRAZIE! Grazie a tutti! Grazie perché, anche se questo non riporta in attivo i conti e difficilmente mi farà cambiare idea, aiuta quantomeno a rafforzare la coscienza che dietro ogni vetrina che si spegne non c'è solo il titolare di quella attività, ma l'intera città – incluso chi risiede in Viale Trento e Trieste, o Via Marconi, o nelle frazioni di Protte, Baiano, Montebibico, e altrove – a cui viene di volta in volta sottratto un servizio, o un prodotto, o un rapporto di fiducia!

E allora concedetemi di condividere con Voi qualche riflessione a voce alta!

I primi cedimenti in termini di fatturato, in tempi recenti, si sono avuti con l'avvio dei cantieri. Nella primavera del 2007 c'è stata un'intensificazione degli stessi e un pari decremento degli incassi in rapporto inversamente proporzionale. A giugno dello stesso anno è stato varato un piano del traffico estremamente confuso e incoerente, caratterizzato da continui cambiamenti e ripensamenti e da una pessima informazione su orari e modalità d'accesso, fattori che sommati hanno rafforzato nell'immaginario collettivo la convinzione dell'inaccessibilità. A ciò è seguita un'ulteriore caduta delle vendite, attestando i negozi del centro, chi più chi meno, a metà circa del fatturato potenziale, comprimendoli così tra gli studi di settore, che evidenziano forti incongruenze, e l'incapacità di istituzioni e associazioni di trovare rimedi in tempi rapidi. Su queste condizioni di estrema fragilità (entrate sufficienti a coprire appena le spese, quasi nulla la possibilità di farsi uno stipendio!!) a ottobre di questo anno si è abbattuta la crisi finanziaria. Il riflesso è stato inizialmente solo psicologico, ciò non di meno si è registrata un'ulteriore flessione delle vendite (-20/30%). Nel frattempo la crisi è diventata “reale”! E veniamo al Natale, in genere occasione molto attesa per compensare una serie di pagamenti accumulati durante l'anno: -50%! E questo, da quanto sentito in giro, è un dato nazionale!!

Per la fine ormai imminente di questo anno e nel corso del prossimo, sono previste altre cessazioni, altre vetrine spente, che andranno ad aggiungersi alle saracinesche già abbassate, stanze buie, vetri e scaffali polverosi, elementi che, insieme al consistente spopolamento, faranno del centro un'area sempre più spettrale. Va inoltre detto che quanto più diminuirà il numero delle attività residue, tanto più sarà ridotta la loro capacità di attrazione e ancor più difficile sarà risalire la china. Il declino dei centri storici, però, non è un fatto ineluttabile e scontato: alcuni godono di ottima salute e le crisi, persino quelle globali, ne riducono solo momentaneamente la capacità, senza per questo annientarli, come rischiamo invece che capiti a noi!

Da circa due anni qui si discute a vuoto del problema. Ultimamente è stata organizzata la “festa” dei centri storici, in realtà una serie di incontri e conferenze che sarebbe stato più appropriato definire come tali. Spiace dirlo, ma non aggiunge niente di nuovo. Si è messa solo una cornice intorno a contributi teorici già noti e non legati da una visione organica, né finalizzati a una precisa strategia. Insomma, siamo ancora agli incipit, le dichiarazioni di intenti, le enunciazioni, le analisi lacunose, le ipotesi fantasiose. Sorge il sospetto che “XS” altro non sia che una frettolosa operazione di maquillage pre-elettorale, dove si impacchettano alla meno peggio le idee altrui, non senza imbarazzanti “sviste” nei testi, sia in italiano che in inglese! Del resto l'amministrazione a cui è direttamente imputabile il collasso del centro, a causa della pessima gestione del “megacantiere” e del piano traffico, non può improvvisarsi all'ultimo minuto guaritore in grado di compiere il miracolo. Una sola cosa sarebbe stato opportuno fare: destinare adeguate forme di indennizzo e compensazione a cittadini e attività per gli interminabili disagi e i danni inflitti. Naturalmente non ci aspettiamo che ciò avvenga. Auguriamoci solo che i prossimi amministratori siano più seri e più competenti.

Nell'attesa che i pensatoi istituzionali partoriscano grandi progetti, quale margine resta a noi? cosa possiamo fare per sopravvivere nell'immediatezza della crisi?

Le attività del centro sono ormai sfiancate, annaspano, oppresse da stanchezza e sfiducia, e meno che mai hanno riserve da investire per rinnovarsi, ciò nondimeno bisogna fare uno sforzo ulteriore per reagire e presentarsi “al meglio”, qualificando l'offerta ed il servizio. Le condizioni “esterne” – quelle su cui non abbiamo il potere di influire direttamente – sono pessime e tutte avverse: nessuno sa per quanti anni ancora saremo invasi da gru, camion, fragore, polvere e pesanti livelli di CO2, nessuno sa quando strade, verde, segnaletica e illuminazione torneranno ad essere puliti, efficienti e curati come una volta, nessuno sa quando trasporti, parcheggi e traffico saranno regolati e ottimizzati, nessuno sa quando finirà la crisi. Però c'è un ambito, i pochi o tanti metri quadrati dei nostri negozi, bar, ristoranti, dove siamo signori e padroni e lì, almeno lì, dobbiamo dare il meglio, a costo zero, mobilitando esclusivamente risorse umane e creatività. E queste sono cose che possiamo fare NOI, da soli e oggi stesso, senza aspettare mirabolanti piani di sviluppo e favole propagandistiche a cui, onestamente, non crede forse neanche più chi le racconta.

Occorre migliorare le attività esistenti. C'è da chiedersi infatti perché mai una persona “sana di mente” che abita fuori dalle mura dovrebbe desiderare di affrontare difficoltà di ogni tipo per arrivare fin quassù per poi trovarsi in strade tristi e disadorne, con un negozio aperto ogni tre, vetrine poco illuminate, a volte identiche nel corso dei mesi e delle stagioni, interni sciatti, scarso assortimento, prezzi alti, il tutto condito da una certa rudezza, altrimenti detta scortesia! Ci sono delle eccezioni, naturalmente!! Ma nel complesso, l'offerta e il servizio sono scadenti.

Eppure, senza affrontare costose ristrutturazioni, a volte si possono ottenere risultati prodigiosi semplicemente spostando un mobile, o cambiando il colore delle pareti, o adottando la giusta illuminazione. Valorizzare e armonizzare ciò di cui si dispone, creare atmosfere piacevoli, calde, accoglienti, vitali. Ingredienti fondamentali e niente affatto costosi: ordine, pulizia accurata, cortesia, competenza. Però funziona se siamo in tanti a farlo, tutti direi! Dobbiamo adeguarci a standard estetici e di servizio molto alti, scambiandoci apertamente consigli e competenze, e perché no anche aiuti materiali (un oggetto, un complemento d'arredo, una mano, un'idea!). Insomma, “mettiamo gli abiti migliori” pur negli esigui margini che questa difficilissima situazione consente!!

Bisogna poi stimolare l'apertura di nuove attività nei locali attualmente vuoti, ma perché ciò avvenga è necessario che il costo degli affitti torni a livelli accettabili. Francamente non si capisce il motivo di valutazioni così alte dal momento che vivere e lavorare al centro è diventato tanto penalizzante. Forse con un'azione collettiva di sensibilizzazione sarà possibile trovare un accordo temporaneo con proprietari e agenzie affinché i prezzi vengano riportati al reale valore di mercato, almeno fintanto che dura la crisi: una “tregua” insomma, che dia una boccata d'ossigeno e consenta di rimettersi in piedi. Se ciò non avviene, nei prossimi due anni il processo di desertificazione sarà accelerato.

L'abbattimento delle spese è una priorità, e allora una soluzione possibile è quella di consociarsi, raggruppando in un unico locale, là dove lo spazio lo consenta, due o più attività complementari. Soprattutto chi ha locali di proprietà potrebbe ospitare in “corner” appositamente dedicati attività coerenti con la propria. Anche i locali sfitti potrebbero essere condivisi tra più tipologie di articoli. Si sfrutti inoltre la possibilità che una recente legge consente di creare nel proprio punto vendita un angolo per la somministrazione di bevande, the, cafè. Chi ha le licenze adatte collabori per attrezzare confortevoli, eleganti, interessanti luoghi di incontro.

Non c'è davvero fine alle idee. Sono sicura che ognuno di noi ne ha tante in serbo, come pure i nostri clienti. E sono in proposito ammirevoli le iniziative che altri commercianti stanno avviando, ma coprono solo un aspetto e non bastano: il centro deve tornare a vivere sette giorni su sette, non solo durante le festività. Facciamole allora crescere le nostre idee, colleghiamole in circuiti di comunicazione e interscambio e soprattutto trasformiamole in azioni concrete, cercando, se possibile, di spezzare l'isolamento e l'artificiosa divisione della nostra città in settori non più comunicanti, ma entrambi problematici: un centro devitalizzato e una periferia senz'anima.

Buon Lavoro e Buon Anno a TUTTI!


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