(Carlo Vantaggioli)- C’è una sorta di crudeltà, senza malizia per carità, quando il programma del Festival predispone gli spettacoli unici a metà settimana. Sulla scorta delle esperienze precedenti, di solito di si tratta di cose splendide che poi finiscono nello spazio della memoria in men che non si dica, lasciando a bocca asciutta chi vorrebbe invece andare a vedere almeno una replica. Dispiace ripetersi, ma a questi spettacoli viene anche riservata scarsissima comunicazione così che diventano patrimonio di pochi eletti. Era successo lo scorso anno con una piece deliziosa come “La Moglie a Cavallo” di Goffredo Parise, mortificata da due spettacoli alla sala Frau ai quali si e no avranno risposto 70 spettatori in tutto, ed in parte è accaduto anche ieri sera al Teatro Romano per “Le città invisibili” di Italo Calvino, con Massimo Popolizio, le musiche dal vivo di Javier Girotto e la regia di Teresa Pedroni. Lo sforzo di rendere fruibile per l’orecchio ciò che in verità è nato per essere “ascoltato” dalla propria anima nel corso della lettura, sembra essere stato gradito dai circa 150 spettatori presenti. Molti applausi a scena aperta sia per la assoluta maestria di Girotto che per la sfrenata affabulazione di Popolizio. Come prevedibile la scena era acconciata alla solita foggia, due leggii ed un piccolo, quanto efficiente, set tecnico per Girotto. Unico lusso, una bottiglia d’acqua (liscia?) ed un monacale bicchiere di vetro per l'ugola di Popolizio…
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