Shoah, Pier Giorgio Oliveti: "Ricordare la storia, capire la realtà europea e crescere come umanità" - Tuttoggi.info

Shoah, Pier Giorgio Oliveti: “Ricordare la storia, capire la realtà europea e crescere come umanità”

Redazione

Shoah, Pier Giorgio Oliveti: “Ricordare la storia, capire la realtà europea e crescere come umanità”

Ven, 27/01/2012 - 13:24

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di Pier Giorgio Oliveti – Anpi Orvieto

Avere memoria è un esercizio della coscienza. E la coscienza è la base distintiva che ci rende unici, speciali, all’interno del più vasto regno animale, ciò che divide l’uomo dalle “bestie” almeno sotto il profilo etico. Fino a qui tutto sembrerebbe filare liscio. Peccato che – come tutti sappiamo bene – le cose siano un po’ più complesse. I bambini innocenti sciolti nell’acido sono solo la punta dell’iceberg di indicibili episodi di quotidiana violenza dell’uomo verso l’uomo, stragi di civili, religiosi, bianchi e neri, ricchi e poveri, giovani e vecchi…Immersi come siamo nella contemporanea civiltà della comunicazione , nel tam tam quotidiano dove giocoforza prevale la breaking news, il disastro, il negativo, siamo costretti a riflettere per non essere sminuiti, resi insensibili , smemorati, abitatori esclusivi dell’attimo, avulsi dal nostro contesto, dalla storia. Qualcuno si sofferma sulla banalità del male, sugli effetti del venir meno, spesso temporaneo e casuale, dell’umanità. Altri preferiscono investigare le cause di una, cento, mille Srebrenica, di ieri, di oggi e di domani, i momenti di apparente frattura della Storia, le faglie o le foibe che si aprono inaspettatamente sotto i nostri piedi, tra le nostre case e chiese, che incrinano le certezze, seminano sgomento, terrore. Il rischio di voltarsi dall’altra parte, di non voler “vedere” e “sapere” c’è anche oggi. E allora non è più sufficiente solo ricordare: la complessità del momento ci obbliga a partecipare, a collaborare, a costruire una vera e propria “cultura della memoria” affinché non vi siano altri vicoli ciechi dietro l’angolo. Quando anche l’ultimo deportato e sopravvissuto ad Auschwitz-Birkenau non sarà più con noi, dovremo essere ancora più vigili, attenti, proattivi, leggere e rileggere le cronache delle storie dell’orrore, tramandare il racconto dell’inimmaginabile Shoa, la distruzione programmatica e industriale di un popolo, con tutto quello che ne consegue. Dovremo ricordare e sapere distinguere. Avere memoria fa bene a noi stessi, fa bene alle nuove generazioni e fa bene al pianeta. Ma avere memoria significa anche “stare in guardia”, di fronte alle modificazioni dell’epoca, alla perdita di sovranità delle nazioni, dei popoli, all’emergere imponente di nuove spinte economiche e sociali, ai poteri della finanziarizzazione del mondo che ci slegano dalla terra, dal lavoro, dall’etica del quotidiano. Anche i nostri più nobili istituti democratici conquistati a prezzo di decine e decine di milioni di morti nella Seconda Guerra Mondiale, sono oggi fragili come non mai, rischiano in qualche modo di essere svuotati di senso, banalizzati essi stessi. In questo contesto difendere l’idea e la costruzione dell’Europa, non è più solo un esercizio stucchevole di “anime belle”, di elite culturali e politiche che tracciano il solco: “Per fare l’Europa – scrive Jacques Le Goff – occorre un impegno da parte di tutti che deve compiersi nella conoscenza del passato tutto intero e nella prospettiva dell’avvenire”. Se l’Europa con il 7% della popolazione mondiale detiene il 20% delle ricchezze,- è chiaro a tutti – lo squilibrio è congenito al nostro sistema. Non lo dico io, non lo dice la politica, lo dicono i numeri. L’appartenenza europea è dunque la chiave per un futuro di pace e di prosperità, rifuggendo i due opposti relativi. Ma quando di fronte ad un disastro scellerato come quello della “Costa-Concordia” un giornalista tedesco afferma in buona sostanza che se il capitano fosse stato tedesco non sarebbe mai successo (“'Bella figura', è lo sport popolare di massa italiano, cioè impressionare gli altri, anche Schettino voleva fare bella figura, purtroppo ha trovato uno scoglio sulla sua strada”), potremmo derubricare la frasetta come boutade di bassa lega per parlare alla pancia teutonica e vendere qualche copia in più. Purtroppo al contrario dobbiamo, come europei rigettare anche questi atteggiamenti di razzismo strisciante, e ricordare forse che non trovarono alcuno scoglio i noti “trasporti” speciali di deportati da Roma, Parigi o Salonicco verso le rampe dell’inferno di Auschwitz: i treni speciali giungevano sempre in orario.


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