Leonardo Perini
Più che una assemblea di soci di una società che controlla una banca, quella di oggi della Spoleto Credito e Servizi è sembrato un comizio, sullo stile di quelli del Cavaliere quando domanda al suo popolo se è giusto ciò che sta facendo o pensando di voler fare. Scontata la risposta, ovviamente. Sempre più l’ex padre-padrone Bps Giovannino Antonini pare assomigliare al cavaliere di Arcore: stesso stile, stessa altezza, stesso fare energico. Se non fosse per la prestanza fisica e la voce sempre più roca, potrebbero farci coppia. Perchè c’è sempre un complotto, certa stampa pronta a remare contro e magari i soliti magistrati a rompere le uova nel paniere. Pochi giorni fa, ad una pseudo tv locale, aveva tentato di screditare un servizio del Sole 24 Ore che aveva annunciato una inchiesta della Procura della repubblica sulla Popolare: dimenticando che a confermare quella notizia ai giornali era stato il procuratore capo Gianfranco Riggio. Nel mirino c’è anche Tuttoggi.info, mai citato stamani ma da settimane oggetto di una campagna denigratoria da parte di alcuni esponenti della Scs. E anche di minacce, neanche tanto velate, al direttore responsabile di TO® da parte di qualcuno molto vicino alla neopresidenza. Non tutta la stampa, per carità: quella che non ha scritto una riga sulle clamorose recenti vicende (magari perché Bps ha iniettato un bel po’ di soldi, sotto forma di nuove partecipazioni azionarie) o quella che ha riferito il solo verbo antoniniano (magari in cambio di qualche sponsorizzazione o consulenza giornalistica), per il presidentissimo sono il vero modello di giornalismo sano e democratico. Eccolo Antonini presentarsi al suo nuovo popolo, dopo la cacciata dalla Bps per mano della Vigilanza di Bankit e il conseguente blitz orchestrato per rimettersi in sella alla holding. Tradizionale l’appuntamento all’Albornoz, che quest’anno non ha dovuto rimuovere i pannelli divisori per ampliare la Sala Convegni: sembrano finiti i tempi delle folle oceaniche di soci; oggi ce ne saranno stati sì e no 250, più della metà dei quali giovani dipendenti della Banca, quelli assunti proprio sotto la presidenza Antonini. Insomma il sospetto di una claque organizzata è stato molto forte.
L’INTRODUZIONE – Antonini assume la presidenza dell’assemblea e legge la relazione sull’andamento della gestione. Un intervento, come quelli successivi, durante il quale sembra più parlare ancora come n. 1 di Bps che di Scs. Con buona pace del presidente Nazzareno D’Atanasio che di tanto in tanto abbandona la sala in cerca di aria fresca. Ad Antonini seguono il d.g. Alessandro Cardarelli, cui spetta una sintesi del bilancio, e il presidente dei revisori, Roberto Rossi, per la relazione predisposta dal collegio.
IL “VOTO BULGARO” – partiamo dalla fine della giornata, ovvero dalla approvazione dei punti all’ordine del giorno. Tutto è filato liscio come l’olio con l’assemblea che approva il bilancio, la distribuzione dei dividendo (0,20€ ad azione) e lascia invariati gli emolumenti degli amministratori (neanche una proposta di diminuirli, vista la crisi). Il voto unanime scatena il sorriso a 45 denti di Andrea Tattini, presidente Confcom Spoleto, che all’indirizzo di Antonini dice soddisfatto: “Voto bulgaro”. E Antonini lesto: “Zitto che domani ci accuseranno anche di questo …”. Non sfugge l’assenza in sala dell’ex presidente Fabrizio Cardarelli: si scopre così che il professore, circa un anno fa, è stato addirittura estromesso quale socio dalla Scs. Una decisione che Cardarelli ha già impugnato davanti al Tribunale di Spoleto che deve ancora pronunciarsi sulla vicenda. E a proposito di Tribunale non sfugge, come riportato a pagina 9 del Bilancio Scs, che “in riferimento ai documenti acquisiti dalla Guardia di finanza in base a decreto del pubblico ministero, ad oggi nulla è pervenuto sull’evento”. Dunque l’inchiesta avviata dalla procura di Spoleto sulla Bps ha in qualche modo interessato anche la holding.
GLI INTERVENTI – prima dell'approvazione c'era stato il momento più temuto da ogni Cda, quello riservato agli interventi dei soci. In programma c’è quello del socio Giuseppe Cerbini, che all’ultimo istante rinuncia riservandosi una dichiarazione al momento di approvare il bilancio (poi non fatta). Prende la parola Angelo Mariani che, richiamando la relazione della società di revisione KPMG, evidenzia la sostanziale correttezza della gestione Scs. E’ a questo punto che Mariani ferma l’attenzione, chiedendosi perché sia stato sfiduciato l’ormai ex presidente Fausto Protasi che bene aveva fatto fino a quel momento. Una cosa che, secondo il socio, può portare solo a due ipotesi: “o la sfiducia è connessa a gravi fatti di cui i soci dovrebbero essere informati, o in realtà si vuol far approvare ai soci un bilancio che non corrisponde al vero”. Sul tema poi del programma di consolidamento della Scs non è infatti facile, secondo Mariani, proporre ad un nuovo gruppo bancario l’acquisizione di un pacchetto di azioni, quando poi si cercano anche di fare 11mila nuovi soci, così che l’eventuale “peso” del pacchetto azionario rischia di diluirsi in termini di “influenza”. Ad Antonini la replica. “Il problema Protasi non è mai esistito”, nel senso che l’operazione che ha portato alla votazione della sfiducia “era consequenziale alla mancata adesione di Protasi a ricoprire la carica di Presidente BPS. A quel punto il consiglio Scs ha deciso che occorreva una nuova compagine per la guida della Scs”. Davvero bizzarra la risposta del presidente: un po’ come se a un chirurgo offrissero la direzione sanitaria dell'ospedale, questo rifiutasse l’incarico perché deciso a svolgere il proprio mestiere e la Asl lo retrocedesse a portantino: così impara! Antonini va oltre e, richiamando le ‘solite’ teorie del complotto, stile Cavaliere, aggiunge che il momento “non era dei più semplici, eravamo sotto attacco, ci volevano scalare. Abbiamo evitato tutti gli attacchi di coloro, stampa inclusa, che volevano inquinare la situazione. Sui 30mila soci da raggiungere entro il 2013, occorre comprendere che l’unica realtà imprenditoriale seria rimasta a Spoleto in questo momento, è solo la Banca Popolare…se lo ricordi Mariani. Ovvio che i soci andranno cercati non solo in Umbria o a Spoleto, ma in tutta Italia. Ci sono molti nuovi soci di fuori regione, Benotti è uno di questi ad esempio – continua Antonini in un crescendo rossiniano – chi può dire che saremmo arrivati fino a qui quando 15 anni fa prendemmo in mano la Banca?” dice rivolto alla platea “Chi può dirlo alzi la mano…”. Applausi a scena aperta e mani alzate al cielo.
E’ la volta di Renato Bartolini, assessore alle risorse umane e Innovazione del Comune di Terni, il quale, dopo aver portato il saluto del sindaco Di Girolamo esprime la sua soddisfazione e quella dell’ente municipale per il rapporto instaurato con la Bps. “La banca – ricorda Bartolini – è l’unica azienda che ancora riesce ad assumere personale e ad aprire filiali importanti tra cui quella di Milano. Noi siamo orgogliosi di avere studiato l’accordo per il pagamento delle fatture ai fornitori, senza che questi siano costretti ad attendere tempi lunghi”. Un intervento che apre nuovi scenari, visto il ‘gelo’ che il Pd regionale aveva fatto calare sulla vicenda Bps a seguito dell’ispezione di Bankit. Bartolini ricorda anche il ruolo della Human Health Foundation del Professor Antonio Giordano (presente in sala), che proprio Antonini ha voluto collocare a Terni. Prende la parola Pietro Roscini, che tenta di leggere un testo ma ben presto, preso dalla foga, abbandona l’idea per proseguire a braccio. Roscini premette che occorre infatti separare i fatti oggettivi dai risentimenti personali o dalle questioni non verificabili. “E il dato oggettivo è che la Bps sta andando male da 5 anni a questa parte”. Roscini analizza alcuni parametri di bilancio soffermandosi sul cost income ratio che per la Popolare è ormai al 70%. Sul tema Roscini si lancia in un parallelo “con l’efficienza della Cassa di Risparmio di Spoleto che con meno sportelli riesce ad avere valori di bilancio decisamente migliori” e cita l’utile d’esercizio della CaRiSpo. “A breve la Vigilanza dovrà dare corso al Follow Up dopo l’ultima ispezione e in quella sede non sappiamo cosa potrà trovare… Bankit non ha affossato la banca perché l’ha ritenuta ancora un organismo vitale, a parte la responsabilità della governance sulla quale invece ha apposto le sue attenzioni. Inoltre ad oggi ancora non è dato sapere quali siano gli esatti addebiti sollevati nei confronti del precedente cda”. Roscini poi, riferendosi alla eventuale distribuzione dell’utile ai soci, chiede che si eviti “come altre volte è accaduto, che un socio telecomandato si alzi oggi e chieda la non distribuzione dell’utile per lasciarlo invece ai futuri investimenti…”. L’affronto è pesante e Antonini, visibilmente piccato, inizia a rispondere dicendo che non vorrebbe parlare di Banca (in verità non ha fatto altro dall’inizio dell’assemblea, dimostrando ancora che la ferita delle dimissioni da Bps è ancora aperta e sanguinante) per poi affrontare Roscini dicendo “Perché se vuoi parlare di Banca, non sei venuto all’assemblea della Popolare dire queste cose?“. Altro boato della sala che supporta il suo presidente con un lungo applauso. “Aver tenuto i conti sul livello attuale è già un miracolo, e nonostante la crisi abbiamo creato ricchezza e futuro anche per tanti giovani che negli ultimi tempi sono stati assunti”. Lo scivolone è nei paraggi e Antonini lo compie con una gaffe istituzionale che non ha precedenti: “Parlare della Cassa di Risparmio di Spoleto come ad un esempio ce vole coraggio -dice in dialetto -, visto che tra quel tempo staccheranno anche le insegne”. La claque fa il suo lavoro, anche se sui volti di alcuni appare un imbarazzo destinato già da domani ad aprire un caso ‘diplomatico’. Senza considerare che, a quanto risulta a TO®, l’operazione dei nuovi soci sarebbe stata avviata anche nei confronti di alcuni istituzioni ben più liquide della stessa Scs. “A differenza della Cassa noi siamo qui e siamo in 800 – continua Antonini – e se anche abbiamo aumentato di 5 punti il cost income, l’abbiamo fatto per creare ricchezza ed assumere… o è meglio fare come la CaRiSpo che ha portato via tutto?”. E ancora rivolto alla platea: “ditemi altrimenti voi quali altri fatti ci sono a smentirmi, alzi la mano chi può smentirli…Io sono qui perché siete voi che me lo chiedete, se non vi va più me lo dite ed io me ne vado“. Le mani dei presenti battono talmente forte che c’è il serio rischio di vederle a breve spellate.
Tocca a Cesare Cattuto che, richiamando un articolo di TO® ricorda all’assemblea che è “l’ex-direttore della Scs sotto la presidenza di Leodino Galli, marito di Maria Luisa Antonini, cugina di Giovanni Antonini”. Quale messaggio abbia voluto mandarci lo sa solo il buon Dio e Cattuto. Ribadisce così, come aveva fatto già nell’assemblea dei soci Bps, la teoria del complotto volto alla scalata della banca e dice che “con Antonini mi sento tranquillo che non possa accadere nulla di tutto ciò”. L’ex d.g. chiude con un colpo di teatro per una platea che lo segue attonito in una citazione di Sallustio recitata in latino “Concordia parvae crescunt, discordia maximae dilabuntur”. Che ovviamente si affretta a tradurre poiché ai più il senso della cosa sfugge (Con la concordia le piccole cose crescono, con la discordia anche le più grandi vanno in rovina).
Al microfono arriva Mario Arcangeli, titolare della azienda Mastro Raphael, il quale dichiara che “non ha senso distribuire 20 centesimi ad azione come dividendo ai soci”. In platea si scatena la bagarre sul fatto se Arcangeli sia o non sia il famoso ‘socio telecomandato’ di cui parlava Roscini. Arcangeli prosegue denunciando le prospettive confuse, la mancanza di obiettivi e l’autoreferenzialità del management dell’Istituto. Poi il riferimento alla prossima approvazione da parte del Parlamento della norma che attribuirà maggiori poteri a Bankit per il controllo sulle società controllanti delle banche (approvazione che anche il Presidente della Repubblica ha sollecitato al Parlamento. “Se ci sono stati problemi alla Popolare ed avete esportato il sistema anche alla Scs, come pensate di fare d’ora in avanti?“. In sala cala il gelo, ci manca solo che entrino i pinguini e gli orsi polari. Antonini non si lascia sfuggire l’occasione di bacchettare il vecchio consigliere Bps ai tempi di Loreto Luchetti, quando il dream team Urbani-Antonini, con una storica assemblea, mandò a casa (tanto per cambiare) una intera generazione della cosidetta borghesia spoletina.
“Mi sono stufato di sentire sempre attacchi alla gestione della banca – replica Antonini -, che le sofferenze sono troppe. Magari molti di quelli che parlano sono proprio quelli che contribuiscono a creare le sofferenze. Forse è il caso che leggo il documento di Bankit che chiarisce i numeri della Bps”. Il presidente si mette a leggere un passo della relazione secondo la quale il margine operativo della banca è del 10 % circa. Peccato però che non legga anche la parte che ha determinato le sue dimissioni. E’ però a questo punto che Antonini “punisce” Arcangeli, chiedendo alla platea, con la solita domanda retorica, “ditemi quale azienda del territorio è in grado oggi di guadagnare il 10% sul suo lavoro…alzi la mano chi può dirlo…chi? Mastro Raphael…alza la mano?” dice chiamando il socio con il nome della sua azienda. “No? Ecco, nessuno appunto”. Applausi degni della serata degli Oscar.
Tocca a Luigi Piccolo il cui intervento è destinato all’autoincenso. L’editore perugino parla solo delle sue iniziative imprenditoriali che hanno sempre avuto come riferimento Antonini e la banca, dal Giornale dell’Umbria, il cui successo lo si deve anche a lui (dimenticando che il vero successo è firmato dall’imprenditore Carlo Colaiacovo), al settimanale Umbria 7 Giorni. Piccolo annuncia che “sulla banca c’è l’attenzione di un grande gruppo finanziario che vorrebbe investire” e chiede di diventare il mediatore per Antonini di una eventuale trattativa. Un perfetto sensale, meglio di un advisor.
A far salire la pressione al presidente Antonini ci pensa il socio Fabio Russo, avvocato di Roma: “Ringrazio dell’invito il Presidente Antonini, sono un nuovo socio – esordisce – ed ho investito una certa somma in azioni della Bps, perché ritengo che la banca sia una eccellente realtà”. E con innocenza olimpionica aggiunge “E’ vero che cerco di contenere le perdite del titolo…”; il Cda Scs fa un sobbalzo sulla sedia mentre in platea c’è chi rischia di rotolare sotto la sedia. Non pago, Ruffo prosegue: “lavoro con diverse banche dove ho il conto corrente, non più nella Bps…. ero correntista ma in queste dove mi trovo ora le condizioni sono migliori…”. Antonini rischia di fare il botto e sbotta: “ Non lo dire che qui sennò me attaccano subito”.
Prende la parola Mario Benotti, d.g. di Newco Rai International e papabile alla poltrona lasciata dall’avvocato Bellingacci nel Cda Bps (anche se negli ultimi giorni non sembra più così in pole position): “Intervengo come giornalista e so per esperienza che se i giornalisti scrivono è perché qualcuno li informa…”. Dopo l’incipit ‘meravigliao’ prosegue: ”La Bps è una vostra splendida realtà che non si deve trascinare in polemiche politiche, men che mai in guerre con Bankit o il socio Mps. La banca è quotata e bisogna stare molto attenti quando si parla o si scrive perché si possono produrre seri danni ai soci. Oggi le Banche popolari in Italia sono al centro dell’attenzione perché costituiscono ancora un baluardo. Non a caso sono in grado ancora di investire come fa la Bps con la ricerca aiutando la Human H F. Tutto questo crea posti di lavoro e ricchezza per il territorio e quindi è un qualcosa che non va disperso”. Antonini chiosa, “ti ringrazio molto per il tuo intervento, se abbiamo vinto diverse battaglie è proprio grazie a te“ (quali siano però Antonini non lo dice).
Insomma si continua a parlare di Bps, quasi si fossero scordati in molti di essere all’assemblea della holding che dovrebbe fare anche altro, oltre a detenere il pacchetto di maggioranza della banca.
A chiudere gli interventi Leodino Galli che racconta un po’ di storia della sua presidenza Scs, facendo riferimenti alla vicenda che portò alla vendita del pacchetto UniCredit a Rocca Salibeni. Richiama quindi i “fasti” della Scs durante la sua presidenza “che era arrivata ad avere accordi importanti anche in Regione” per poi dare una sciabolata mortale alle due successive gestioni, quelle dei presidenti defenestrati Fabrizio Cardarelli e Fausto Protasi: “Scs, dopo un certo livello di successi, ha vissuto un periodo di forte opacità, di ombra, che ora però avrà un nuovo stimolo con la presidenza Antonini.” In perfetto stile scudocrociato, Galli ricorda anche come si fosse candidato contro il parente Antonini, “perdendo ma mai dando contro l’istituzione banca”. Come dire “ricordati di me che non ti voglio male”; e poi sono sempre cugini. Peccato che Galli non ricordi come, all’indomani della mancata riconferma alla presidenza Scs, fosse tra i più accesi sostenitori di quella ASpoCredit che fece trascorrere in bianco più di qualche notte proprio ad Antonini e ai vertici Mps. Galli chiude l’intervento con la richiesta di non distribuzione dei dividendi, affrettandosi a precisare che non è lui “il socio telecomandato”. Antonini ora lo vorrebbe strozzare. Alla faccia della nuova dichiarazione d’amore e della parentela. Per metterci una toppa si gioca la carta della copertura di spesa per i dividendi e annuncia alla platea: “abbiamo ad oggi già 400 nuovi soci e quindi con i soldi incassati possiamo compensare la distribuzione dei dividendi”. Olè!
(ha collaborato Carlo Ceraso)
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