SAN GIUSTINO, LAVORATORI CINESI NON IN REGOLA VIVONO NEL POSTO DI LAVORO - Tuttoggi.info

SAN GIUSTINO, LAVORATORI CINESI NON IN REGOLA VIVONO NEL POSTO DI LAVORO

Redazione

SAN GIUSTINO, LAVORATORI CINESI NON IN REGOLA VIVONO NEL POSTO DI LAVORO

Ven, 17/05/2013 - 17:26

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Davide Baccarini

Questa mattina al commissariato di Polizia di Città di Castello il Vice questore aggiunto Marco Tangorra ha presieduto una conferenza stampa assieme alla Dott.ssa Annarita Comodi, responsabile del servizio Prevenzione e Sicurezza ambiente di lavoro Asl 1 Umbria e al Dott. Luigi Damiano, responsabile del servizio Ispezione del Lavoro di Perugia. Tangorra ha riferito alla stampa di un’azione intrapresa insieme al ministero delle Politiche Sociali e all’Asl che aveva l’obiettivo di “verificare determinate situazioni che tutti conoscono ma finora non erano mai state affrontate con veemenza: le situazioni lavorative e igienico-sanitarie dei lavoratori cinesi”. Mercoledì 15 nelle prime ore della serata la Polizia di Città di Castello con il reparto Prevenzione Crimine di Perugia e con il personale dell’Ispettorato del Lavoro e dell’Asl si è recata in due siti (del settore tessile) nella zona industriale di San Giustino. L’intento della spedizione era valutare le condizioni lavorative non soltanto dal punto di vista igienico-sanitario ma anche dal punto di vista contrattuale (ecco spiegata la presenza dell’ispettorato del Lavoro oltre all’Asl). Non sono mancate le sorprese.
I due siti e le irregolarità – Tra il primo e il secondo sito in totale sono stati trovati dodici lavoratori.
Nel primo seppur le posizioni dei lavoratori cinesi erano regolari, sono state riscontrate irregolarità sulle convenzioni igienico-sanitarie sia dell’ambiente di lavoro che dell’ambiente dove vivevano. Nel secondo sito invece a fronte di dieci lavoratori controllati, cinque sono risultati a nero, senza contratto di lavoro, mentre per gli altri cinque regolarmente assunti sono state riscontrate anomalie sugli orari di lavoro (le ore dichiarate sarebbero inferiori a quelle effettivamente lavorate). In quest’ultimo stabile è risultato anche che i lavoratori cinesi hanno adibito l’ambiente di lavoro ad ambiente domestico. All’interno del laboratorio sono state trovate infatti mamme con i piccoli in braccio (uno di tre mesi) e bambini più grandicelli che giocavano tra le macchine da cucire. Nella parte superiore dello stesso capannone sono state trovate piccole stanze di tre metri per due ricavate con delle pareti di condensato o di cartone: al loro interno gli effetti personali dei lavoratori, cibo e materassi in pessime condizioni igieniche. La sorpresa più grande è stata trovare pure un cunicolo, ricavato nella parte terminale del capannone, scavato in maniera rudimentale che sarebbe servito per scappare verso l’esterno qualora ci fosse stato un controllo improvviso. La Polizia ha appurato per tutti e dodici il permesso di soggiorno in regola, applicando un paio di provvedimenti dell’autorità giudiziaria nei confronti di soggetti che di fatto erano irreperibili ma che poi sono stati ritrovati all’interno dei capannoni.
L’opinione della Comodi, servizio Prevenzione e Sicurezza ambiente di lavoro Asl 1 – La dott.ssa Comodi ha parlato di un intervento mirato alla sicurezza dell’ambiente di lavoro (attività tessile in cui macchine e impianti elettrici necessitano di sistemazioni) e agli insediamenti abitativi al di sopra del capannone. In questo senso è stata richiesta al Comune una verifica dei requisiti strutturali che sicuramente, rispetto al contratto di partenza, hanno subito delle modifiche che rendono poco accettabile la vivibilità: la promiscuità dell’ambiente di lavoro e di vita delle comunità cinesi è poco tollerabile per la salute delle persone, dei bambini e per la convenienza lavorativa. “Bisogna dare un miglioramento sperando di non peggiorare le loro situazioni. Non è stato ritenuto opportuno infatti procedere al sequestro, proprio perché la gente abita lì e lì ha le sue abitudini”.
L’opinione di Damiano, servizio Ispezione del Lavoro di Perugia – Il Dott. Damiano ha ribadito poi che per i cinque lavoratori in nero, secondo la legge, si è dovuto adottare un provvedimento di sospensione dell’attività ma non di sequestro (per i motivi suddetti dalla Comodi): provvedimento, il primo, che sarà revocato solo quando l’azienda avrà provveduto a regolarizzare i lavoratori trovati irregolari (contrattualizzarli, pagare loro i contributi evasi, etc.).
Altri dettagli sulla vicenda – Il vice questore ha chiarito che i cinesi producevano per un grande marchio ma che quest’ultimi non dipendevano dal committente dello stesso. Si può parlare perfino di un “sub-sub appalto” in cui il mandante dei nostri protagonisti non è che una persona locale. Il committente locale del lavoro è stato ovviamente rintracciato ma ha un contratto con il quale chiede determinate cose, tutte in regola; la società cinese invece, gestita tra l’altro da una donna nel secondo sito, è anch’essa regolarmente iscritta ma si è valsa dell’ausilio di lavoratori a nero: per cui la responsabilità è sua e nulla si può imputare al committente locale.
Conclude Tangorra: ”I lavoratori in nero non sono che l’anello debole e le vittime sacrificali e l’obiettivo è arrivare a chi gestisce questo “commercio” di soggetti”; la sinergia tra Polizia, Ispettorato del Lavoro e Asl metterà in moto altri apparati e organi dello Stato e saranno fatte le dovute segnalazioni all’Agenzia delle Entrate e alla Guardia di Finanza anche per gli accertamenti di carattere economico”.

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