Sollecito, assolto anche dall’accusa di vilipendio. Il giudice unico di Firenze ha assolto oggi Raffaele Sollecito «perché il fatto non sussiste». IL giovane pugliese era stato rinviato a giudizio per vilipendio delle forze di polizia in relazione ad alcuni passaggi del libro ‘Honor bound, il mio viaggio all’inferno e ritorno con Amanda Knox’, pubblicato negli Stati Uniti.
Stessa sentenza per lo scrittore americano Andrew Gumbel, co-autore del volume. Sollecito era anche accusato di diffamazione nei confronti del magistrato perugino Giuliano Mignini che ha però rimesso la querela. Il procedimento a carico dell’ingegnere pugliese si è quindi chiuso anche per questo capo d’imputazione. A querelare Sollecito è stato proprio il l magistrato ritenuto diffamato da una serie di passaggi del libro nel quale Sollecito ricostruisce la sua vicenda giudiziaria legata all’omicidio di Meredith Kercher. “Con questo libro – ha detto l’avvocato Brizioli -, Raffaele ha voluto dire la sua verità. Abbiamo dimostrato ancora una volta l’innocenza di Raffaele Sollecito”.
Gumbel e Sollecito sono stati difesi dagli avvocati Francesca Bacecci e Alfredo Brizioli. «Si è chiusa – ha detto Brizioli – un’altra pagina legata alla dolorosa vicenda dell’omicidio di Meredith Kercher e Raffaele è stato ancora dichiarato estraneo ai fatti». Sollecito e la Knox sono stati infatti definitivamente assolti per l’omicidio Kercher. Nel libro, scritto in inglese e mai uscito in Italia, Sollecito ha proposto una sua ricostruzione della vicenda giudiziaria legata all’omicidio della studentessa inglese. Mignini, che aveva coordinato le indagini sul delitto, aveva però sporto querela sentendosi diffamato da alcuni passaggi.
Nel corso del procedimento era stata sequestrata la sola copia del volume presente in Italia, quella regalata da Sollecito a un docente universitario che lo aveva seguito nella laurea. Al termine del processo il giudice di Firenze ha disposto la revoca di quel provvedimento.
In “Honor Bound”, i passaggi contestati furono quelli relativi ad un riferimento a due avvocati perugini (ma non è dato sapere i loro nomi), i quali avrebbero fatto intendere alla famiglia dello studente pugliese che per ottenere una condanna più blanda sarebbe bastato confessare un ruolo minore nell’omicidio della studentessa, aggravando però le responsabilità di Amanda Knox.
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