Per chi suona la... campanella: il (brutto) copione della politica ai tempi del Covid - Tuttoggi.info

Per chi suona la… campanella: il (brutto) copione della politica ai tempi del Covid

Massimo Sbardella

Per chi suona la… campanella: il (brutto) copione della politica ai tempi del Covid

Mar, 02/02/2021 - 12:19

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Il balletto istituzionale sulle scuole nei comuni a rischio, l'uovo di Colombo della lettera dell'Asl e il coraggio di amministrare

Per chi suona la… campanella. Potrebbe essere questo il titolo del libro, da cui trarre un (brutto) copione, per raccontare il caos scuola ai tempi del Covid. Un libro scritto a più mani, da politici e amministratori. Da Roma ai capoluogo di Regione (tutti). Fino ai più piccoli comuni, nel caso dell’Umbria.

Covid e scuola, il rebus

Al di là delle controverse valutazioni sugli effettivi rischi di contagio Covid legati alla scuola e a tutto ciò che è connesso allo spostamento, la mattina, degli studenti (dalle cosiddette socializzazioni agli autobus), il rimpallo istituzionale a cui si è assistito in questi giorni è davvero imbarazzante. E non per le scelte che alla fine sono state prese (o non prese), né per i tempi che si sono resi necessari. Il tema, appunto, è controverso e divide anche gli esperti. Concordi (con pochissime eccezioni) solo nel confermare che, in generale, più gente esce di casa e più aumentano le possibili occasioni di contagio. Studenti (e adulti) inclusi.

La prudenza della Regione

In Umbria, sulla base delle convinzioni del direttore della Sanità, Claudio Dario (membro anche della Cabina di regia nazionale) e dell’assessore alla Sanità Luca Coletto, si è avuto in questi mesi un atteggiamento più prudente, sulla scuola, rispetto a quanto previsto dalle norme nazionali. Con un ricorso alla didattica a distanza per le superiori (e anche per le medie), anche quando la fascia di rischio in cui era inserita l’Umbria non lo richiedeva.

Un provvedimento assunto con ordinanze regionali dalla governatrice Tesei prima delle vacanze estive e confermato anche successivamente, con il ritorno in classe delle superiori (al 50%) posticipato al 25 gennaio.

I timori del Cts

Attenzione, aveva avvertito il Comitato tecnico scientifico locale (era il 22 gennaio): parere favorevole al progressivo rientro in classe per gli studenti più grandi, ma solo se i nuovi contagi si tengono sotto i 200 casi settimanali ogni 100 mila abitanti. Che è il nuovo parametro (oltre all’ormai famoso indice Rt), con cui a livello nazionale si valuta il rischio di eccessiva propagazione del virus, con conseguenze sulle ospedalizzazioni (e purtroppo sui decessi) e sulla possibilità di tracciare i positivi al Covid.

Il rientro in classe alle superiori

Il 25 gennaio, anche sulla scia della pressione di diversi genitori (alcuni, prima delle vacanze di Natale, avevano anche presentato ricorso al Tar contro l’ordinanza Tesei) tutte le scuole sono aperte. Nelle superiori studenti a turno, con i dirigenti scolastici che gestiscono quel 50% come ritengono più funzionale. E anche qui non sono mancate proteste di genitori e i mugugni di quella minoranza di studenti (almeno così pare, a giudicare dalle pubbliche esternazioni) che avrebbe preferito proseguire la didattica a distanza.

Il ritorno a scuola “in sicurezza”

E allora si prepara il “ritorno a scuola in sicurezza”. BusItalia annuncia più autobus per il trasporto degli studenti. Le forze dell’ordine, su indicazione del prefetto, si presentano alle fermate degli autobus e ne scortano alcuni. Compito per il quale viene annunciato anche l’utilizzo dell’Esercito.

La Regione investe sui tamponi rapidi che studenti e personale scolastico possono fare gratuitamente in farmacia una volta al mese. Ovviamente su base volontaria.

E dopo tre giorni dalla riapertura delle superiori Palazzo Donini approva il “Piano scuole Fase 3”: protocolli diversificati tra asili e scuole, tamponi immediati in caso di positivo e nuove regole per limitare il tempo delle quarantene precauzionali. Soprattutto per i prof, che in praticano restano a casa solo se positivi. Un sistema, annunciano i tecnici che lo hanno elaborato, che rispetto alle regole attuali dovrebbe ridurre le quarantene dell’80%.

Rischio alto

Solo che, nel frattempo (e siamo a venerdì 22 gennaio) l’Umbria in zona arancione, sulla base dei sui 21 indicatori, per la terza settimana di seguito viene considerata dal monitoraggio dell’Istituto superiore di sanità regione a rischio “alto” per la terza settimana di seguito. Valutazione che rispetto alle norme nazionali anti Covid richiede restrizioni locali, oltre quelle della zona di rischio di competenza.

Il Covid divide la regione in due

I contagi aumentano, concentrati nell’Umbria centro-settentrionale. Intorno al capoluogo Perugia, in pratica. E con essi crescono ospedalizzazioni di pazienti Covid e intubazioni in terapia intensiva. E, purtroppo, i decessi.

Timore zona rossa

Giovedì 28 gennaio, il giorno prima del nuovo monitoraggio dell’Iss, si avverte che l’indice Rt per l’Umbria nelle ultime due settimane (la Cabina di regia nazionale prende in considerazione la settimana da 14 a 7 giorni prima) è tendenzialmente salito a 1,16. Ancora da zona arancione, dunque. Ma gli indici dell’ospedalizzazione e il numero dei nuovi contagi sulla popolazione fanno rischiare un passaggio in zona rossa. Non da domenica 7, ma da domenica 14 febbraio.

E per “scongiurare che tutta l’Umbria diventi zona rossa“, sono le parole di Dario e Coletto, si chiederanno interventi mirati ai sindaci dei Comuni sopra la fatidica soglia dei 200 contagi rapportati agli ipotetici 100 mila abitanti. Un valore così lontano da alcuni piccoli comuni umbri da richiedere, per questi, una valutazione a parte, proprio per l’impossibilità di usare questo parametro.

Il confronto tra i sindaci delle zone a rischio

Venerdì 29 gennaio, mentre in conferenza Stato – Regioni si discute come consuetudine sulla validità dei parametri scelti per valutare i rischi dei territori (è ancora fresco il “caso” Lombardia), il commissario Covid dell’Umbria, Massimo D’Angelo, incontra in video conferenza i sindaci dei 29 Comuni umbri a rischio (diventati poi il giorno dopo 31). I quali nel frattempo hanno ricevuto, tramite il presidente Anci Umbria Toniaccini, una comunicazione della presidente Tesei (inviata per conoscenza anche al prefetto di Perugia, con cui la governatrice ha già avuto una interlocuzione) che in pratica indica i cardini delle ordinanze che si richiedono.

Per i Comuni sotto 5 mila abitanti, viene chiarito, si dovrà effettuare una valutazione caso per caso.

Il nodo scuole

E all’ultimo (non per importanza) punto si richiede la “inibizione delle attività didattiche in presenza per le scuole primarie e secondarie di I e II grado, di concerto con la Provincia di appartenenza“. E’ questo il nodo cruciale. Tant’è che a Magione, comune dove l’impennata di contagi ha già costretto il sindaco Chiodini, su indicazione della Asl, ad anticipare il coprifuoco e ad altre restrizioni, le scuole sono state lasciate aperte.

Alcuni sindaci concordano sulla chiusura delle scuole, altri sono proprio contrari. E qui, anche se non sempre, giocano un ruolo anche i diversi colori delle amministrazioni comunali rispetto a quella regionale.

La maggior parte chiede “i dati” che dimostrino la necessità del provvedimento. I dati sulla scuola, non quelli su negozi e alimentari (aperti, ma con nuove limitazioni) o i parchi. Questi sono provvedimenti che tutti i sindaci sono pronti ad assumere. Con Perugia che anticipa il coprifuoco e chiude alcune zone di ritrovo già da sabato sera.

I sindaci e “i dati”

Sulla scuola i sindaci chiedono che sia la Regione a fare un’ordinanza. E chiedono ed ottengono un confronto con la presidente Tesei per il sabato. La Regione replica sull’opportunità delle ordinanze sindacali, trattandosi di provvedimenti non generalizzati per territorio (come sarebbe nel caso di un comune decretato zona rossa) o per categoria (come nei precedenti stop alle scuole secondarie).

Tra sabato e domenica si discute sui “dati”. Che sono sempre quelli resi pubblici giovedì (o al limite aggiornati al venerdì). “I Comuni sono in attesa che la Regione, anche attraverso il supporto del Comitato tecnico scientifico regionale, esprima un parere sulla necessità o meno di tale misura, sempre sulla base di una corretta valutazione dei dati disponibili” scrivono molti dei sindaci coinvolti sulle pagine Facebook dei loro Enti.

La lettera della Asl

Il parere già ci sarebbe in realtà. E porta la firma della presidente. Sulla base delle indicazioni del Cts. Solo che se ne vuole uno scritto dall’autorità sanitaria. Che arriva, finalmente, firmato dal responsabile del Servizio igiene e sanità pubblica della Asl1.Proposta di provvedimento ordinativo in materia di tutela della salute pubblica“, c’è scritto nell’oggetto.

“Proposta”, quindi. I sindaci, autorità sanitaria nel territorio di competenza, non sono obbligati ad inserire anche la chiusura delle scuole nei loro provvedimenti. Ma certo andrebbero incontro a responsabilità, in caso di focolai nelle scuole.

Una nota che molti sindaci iniziano a pubblicare sulle bacheche Facebook, per giustificare l’inevitabilità del provvedimento di chiusura delle scuole che si apprestano a firmare. Ormai per martedì, perché nel frattempo le ore passano.

Sindaci in ordine sparso

Il fatto che il provvedimento non sia proprio obbligatorio neanche dopo la lettera della Asl lo dimostra il fatto che non tutti chiudono le scuole. Alcuni piccoli Comuni, sulla base del passaggio in cui il direttore Dario annunciava valutazioni mirate. Anche a Marsciano Francesca Mele annuncia che le scuole resteranno aperte. Poi, però, ci ripensa.
A Foligno Zuccarini domenica pomeriggio tuona che Folignonon è zona rossa“, poi in serata annuncia aree interdette e la chiusura delle scuole da martedì.

Alcuni, come Stirati a Gubbio, accorciano la chiusura: stop fino al 5 febbraio, poi si vedrà.

Le “finte” a Perugia

A Perugia il confronto di venerdì tra il sindaco Romizi, il vice sindaco Tuteri e il commissario D’Angelo sembrava portare ad un rapido provvedimento sulle scuole. Confermato anche dalle telefonate con altri sindaci del comprensorio.

Ma poi si segue la linea Anci. Servono “i dati”, cioè la nota della Asl dalla quale pararsi di fronte alle ire dei genitori.
Domenica pomeriggio una nota del Comune informa che si stanno valutando i “dati” e l’eventuale provvedimento sulle scuole sarà preso da martedì. Annunciando una nota in serata (la serata di domenica) sulla decisione assunta. Nota che non arriva.

Tutto tace fino a lunedì, quando si informa l’emanazione dell’ordinanza con lo stop delle scuole da martedì fino al 14 febbraio. Ma si sta valutando uno screening sui bambini per consentire un eventuale più rapido rientro in classe, si aggiunge. Con l’immancabile pubblicazione della lettera della Asl.

L’uovo di Colombo

A questo punto ci si chiede: ma questa lettera dell’Isp Asl serviva per convincere i sindaci della necessità del provvedimento, per metterli formalmente a riparo da eventuali ricorsi al Tar o per non perdere la faccia (e domani i voti) di fronte ai genitori-elettori?

E se la lettera dell’Isp Asl (istituzione non politica, dunque ottimo soggetto sul quale scaricare le responsabilità degli amministratori politici) era l’uovo di Colombo, capace di risolvere (quasi) tutti i problemi, perché non è spuntata fuori subito? Già da venerdì, visto che i famosi “dati” da valutare sono sempre quelli.

Avremmo evitato di perdere tempo (se veramente ciò potrà servire a tentare di scongiurare la zona rossa che incombe sull’Umbria mentre tutta l’Italia è diventata gialla) e di lasciare per quattro giorni in sospeso studenti, professori, dirigenti scolastici, famiglie.

Il resto dell’Umbria?

Tra l’altro, nel dibattito che si è aperto restano in disparte (tranne qualche commento social) gli amministratori dei territori ternani ora non a rischio. Ora, perché solo qualche mese fa i contagi sono schizzati, in momenti diversi, in zone come Città di Castello, Terni, Assisi, Bastia. La soglia dei 200 è fissa, la curva dei contagi, purtroppo, mobile. Forse il dibattito dovrebbe riguardare tutta la piccola Umbria.

Il coraggio di amministrare

A questo punto (e indipendentemente dal merito delle decisioni) nota di merito per i sindaci di Torgiano, Bevagna, Fratta Todina (dove Coata aveva subito tuonato contro il duo Dario-Coletto) che senza partecipare a questo balletto, dopo una telefonata con le opposizioni, hanno emesso le ordinanze senza attendere altri “dati”. E ai sindaci (nei piccoli Comuni) che, sul versante opposto, si sono assunti la responsabilità di non chiudere le scuole, perché sulla base dei “dati” ritengono che queste non costituiscano un rischio. Per amministrare ci vuole buon senso e coraggio. In fondo, nessuno è obbligato a candidarsi per ricoprire cariche pubbliche di responsabilità, ad ogni livello istituzionale.

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