Il day after dell’ omicidio e del ritrovamento delle parti del corpo del 21enne bengalese Bala Sagor (conosciuto come Obi), ucciso e fatto a pezzi dal 33enne ucraino Dmytro Shuryn (Dmitri), è tutto incentrato sul comprendere la personalità del reo confesso, una sorta di Dr Jeckyl e Mr Hyde, che per quattro giorni ha mantenuto un comportamento integerrimo al lavoro quale aiuto cuoco in un ristorante del centro storico e, nelle ore libere, “concentrato” a sezionare la salma e cercare di occultarne i resti provando per di più a sviare le indagini dei Carabinieri e della Procura di Spoleto.
Quello che nessuno avrebbe mai sospettato, a sentire le testimonianza sull’ucraino, è invece raccolto nella Ordinanza di custodia in carcere firmata dal Gip Maria Silvia Festa, che Tuttoggi ha potuto leggere e che sembra una sorta di macabro, reale remake del celebre romanzo di Stevenson “Lo strano caso del dottor Jekyll e Mister Hyde”.
Dmytro, per sua ammissione nel corso dell’interrogatorio di convalida di venerdì mattina 26 settembre, ha fatto tutto da solo, provando anche ad ingannare gli inquirenti, inviando, tra gli altri tentativi di depistaggio, due messaggi vocali sul whatsapp di Obi nelle ore successive all’efferato delitto.
La “lucida confessione”, ha portato gli inquirenti nei luoghi in cui ha lasciato le parti del corpo del bengalese, i debiti accumulati per la ludopatia (che potrebbero portarlo a reiterare il reato) e la mancata stabilità di relazioni per un alloggio che potrebbero convincerlo alla fuga lontano dall’Italia (l’unica parente, la mamma, vlavora in Val d’Aosta, dunque al confine con la Francia), fanno concludere il Gip che l’ordinanza di custodia in carcere sia necessaria.
Nelle 13 pagine viene così ricostruito il pesantissimo quadro indiziario nei confronti dell’omicida, da tempo affetto da ludopatia tanto da rivolgersi ai titolari degli ultimi due ristoranti per anticipi del proprio stipendio, come ai colleghi di cucina e sala, tra cui Bala Sagor, per piccoli prestiti con cui far fronte alla necessità compulsiva del gioco. Proviamo quindi a ricostruire la vicenda anche sulla base dei post lanciati sui social utilizzati per la scomparsa di Obi.
OMICIDIO OBI, LA RICOSTRUZIONE DEGI INQUIRENTI
20 settembre 2025, sabato: su un profilo Facebook di segnalazioni di Spoleto, una signora peruviana residente a Roma, indubbiamente amica di Obi o dei suoi famigliari, lancia l’appello chiedendo informazioni sul bengalese “scomparso da Spoleto da giovedì 18 alle ore 11”.
21 settembre 2025, domenica: i responsabili del centro “Arci solidarietà” denunciano ai Carabinieri del Maggiore Teresa Messore la scomparsa del ragazzo che non è più rientrato nella struttura di accoglienza. I militari della Benemerita acquisiscono immediatamente le prime testimonianze che convergono sulla ipotesi che il 21enne avesse per la mattina del 18 un appuntamento con Dmytro. Dal 18 al 21 settembre l’aiuto cuoco lavorerà normalmente presso il ristorante mostrandosi, a detta dei responsabili, sempre molto tranquillo e ligio alle proprie mansioni.
22 settembre, lunedì mattina: anche l’ucraino viene convocato a sommarie informazioni ma nega di aver incontrato giovedì Sagor asserendo che avrebbe disatteso l’appuntamento del 18 mattina senza dare spiegazioni. A sua discolpa mostra anche due schreenshot di messaggi vocali che gli avrebbe inviato alle 12 e alle 14 di giovedì per avere spiegazioni. In realtà non è che il primo tentativo di allontanare da sé l’attenzione dei militari. Che da quel momento non lo perderanno di vista, seguendolo discretamente a distanza.
22 settembre, tardo pomeriggio: uno spoletino che risiede in via I Maggio, facendo una passeggiata dietro alla propria abitazione, che costeggia la linea ferroviaria, nota una bicicletta elettrica con sotto un sacco nero di plastica, di quelli di grandi dimensioni per i rifiuti indifferenziati. L’uomo avvisa i carabinieri e da lì a poco si compie la macabra scoperta. Quel sacco contiene parte dei resti del corpo del povero Obi, la testa e il tronco. Sembra quasi una azione ritorsiva, quasi a mandare un messaggio, visto che i resti consentono di risalire all’identità della vittima. Mentre l’area viene passata al setaccio, viene disposto il sequestro dell’abitazione e della cantina di Dmytro in via Pietro Conti, 100 metri in linea d’aria dal ritrovamento. Le indagini cambiano direzione: dall’ipotesi dell’allontanamento volontario all’ omicidio.
23 settembre, martedì: mentre susseguono gli interrogatori di amici e conoscenti dell’ucraino – tutti confermeranno i suoi debiti di gioco -, il Procuratore capo Cicchella e la Pm Del Giudice fanno un sopralluogo con l’indagato, che ha trascorso la notte dormendo su una panchina dei giardinetti del centro, sia nell’appartamento, sia nella cantina. E’ qui, grazie anche alle testimonianza di alcuni vicini ma anche ai rilievi dei Ris, che l’omicidio si è consumato e la salma è stata “sezionata”. Dai locali vengono sequestrati alcuni coltelli, uno dei quali, di lunga lama e a seghetta, sarebbe quello con cui il bengalese è stato ucciso.
24 settembre, mercoledì: le indagini senza sosta dei Carabinieri, che analizzano diverse telecamere di videosorveglianza, private e pubbliche, convincono la Procura a spiccare il mandato di arresto di Dmytro Shurin che avviene in tarda serata e di cui viene data notizia con un Comunicato stampa diramato alle 4.40 di giovedì mattina. Quando ancora in città è buio pesto e la notizia dell’omicidio ha creato non poco sgomento. D’altra parte le testimonianze acquisite, tra cui ha avvertito un nauseante odore provenire dalla cantina e chi avrebbe notato Dmytro intento a lavare le pareti della stessa, unite all’analisi delle telecamere che hanno inquadrato l’ucraino nel quartiere delle Casette – dove è stata fatta la prima scoperta del corpo e della bicicletta -, convergono verso una sola pista.
25 settembre, giovedì: Il 33enne però, portato in caserma, si avvale della facoltà di non rispondere. Mentre gli inquirenti continuano a setacciare le zone, verificando anche la nettezza urbana il cui ritiro, a scopo precauzionale, è stato interrotto in tutta l’area: da Villa Redenta al quartiere le Casette. Apparentemente non emergono novità, se non che l’indagato decide di cambiare l’avvocato difensore assegnato d’ufficio con l’avvocato Daniela Panzarola del foro di Perugia.
26 settembre, venerdì: il silenzio di Dmytrov non dura che ventiquattro ore. Nell’udienza di convalida in carcere, iniziata alle 11, “Dimitri” ammette ogni responsabilità, “sono io ad aver compiuto l’ omicidio”, indica agli inquirenti cosa ha fatto e come si è comportato anche per disfarsi della salma. Neanche tre ore di interrogatorio e poi, scortato dai Carabinieri e dalla Polizia penitenziaria, accompagna il Sostituto procuratore nei luoghi in cui si è disfatto dei resti della salma. Sparsi, probabilmente dentro alcuni sacchetti di plastica, alle pendici del Monte sacro d’Italia, Monte Luco, tra un fosso poco distante la basilica di San Pietro e l’inizio del Giro dei condotti, la passeggiata cara agli spoletini sita davanti alla Rocca Albornoziana. Stando a quanto trapela sarebbero state rinvenute tutte le parti che mancavano ancora e che consentiranno così di dare una degna sepoltura a questo povero giovane bengalese che in Italia aveva cercato fortuna, facendosi rispettare e benvolere da tutti, che qui a Spoleto aveva trovato anche l’amore di una ragazza.
L’autopsia confermerà altri dettagli utili a ricostruire come è avvenuto l’omicidio: solo gli esami autoptici potranno dare ulteriori riscontri alla confessione di “Dimitri” che avrebbe ammesso di aver inferto una sola coltellata al collo di Bala Sagor che sarebbe morto sul colpo. I due, stando alla sua ricostruzione, si sarebbero visti proprio giovedì mattina 18 settembre, e avrebbero parlato di un documento di cui aveva bisogno Obi. Una discussione, a detta dell’omicida reo confesso, che si sarebbe spostata dall’appartamento alla cantina dove il bengalese avrebbe richiesto indietro i 200 euro che gli aveva prestato qualche giorno prima. Da qui la colluttazione e la reazione inimmaginabile di Dmitrov (al momento del fermo militari e agenti hanno notato che presentava due vistose ferite alle gambe, forse segni di una reazione di difesa di Obi, forse causati dall’aver attraversato la boscaglia di Monteluco), che ha distrutto l’esistenza di quello che lo considerava un amico e sconvolto l’intera comunità.
(ha collaborato Sara Fratepietro)
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(aggiornato alle 10,00 del 28 settembre)