Montepaschi, inchiesta Consob su Nit del duca Varano (indagato) che voleva BPopSpoleto - Tuttoggi.info

Montepaschi, inchiesta Consob su Nit del duca Varano (indagato) che voleva BPopSpoleto

Carlo Ceraso

Montepaschi, inchiesta Consob su Nit del duca Varano (indagato) che voleva BPopSpoleto

Nit Italia indagata da Procura Spoleto / Siena: “offerta irricevibile” / I bond patacca da 800 mln che valgono 0,24€ / Quando il duca proponeva paludi per lotti edificabili
Ven, 07/11/2014 - 00:06

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Oramai sembra un chiodo fisso: al duca Rodolfo Varano di Camerino e alla rappresentata Nit Holding Limited  acquistare una banca italiana, qualunque essa sia, medio-piccola coma la PopSpoleto, o un colosso (azzoppato) come Montepaschi Siena,  deve essere divenuta una questione di principio. Come se acquisire un istituto di credito fosse uguale ad andare al bar e comprare uno stick di caramelle. Ma questo al nobile non sembra essere ancora chiaro.

Così, non contenta della magra figura rimediata nella città del festival, la società finanziaria cinese (che di orientale per il momento sembra avere solo la sede a Hong Kong, visto che il Cfo è l’americano Perry N. Hammer e il procuratore per l’Italia il duca) c’ha riprovato per acquisire stavolta  nientepopodimenoche Rocca Salimbeni lanciando una ‘offerta’ da 10 miliardi di euro. Altro che i 150 mln annunciati per la Spoleto.  Ad andare avanti così, c’è rischio che la prossima “avventura” sia per scalare direttamente la Morgan Stanley!

Indubbiamente la lezione impartita dai Commissari di Bankitalia appena 5 mesi fa non era bastata. Così, come un copione che per troppi versi ricorda quello umbro, nel tardo pomeriggio di lunedì scorso la Intercom – società di comunicazione con sede a Verona incaricata da Varano – ha diramato la nota stampa con la quale Nit si dichiarava pronta ad acquisire il controllo di Mps: comunicato ripreso da tutte le agenzie di stampa e che ha mandato in fibrillazione (quasi) tutte le redazioni e forse, all’indomani, anche piazza Affari. Non certo i giornalisti che avevano seguito le tristi vicende della PopSpoleto (ante acquisizione Banco Desio) e quelli che hanno voluto vederci chiaro, come Gianluca Paolucci de La Stampa di Torino. Nelle successive 48 ore il mercato ha così vissuto il pingpong tra Varano che da una parte “quale procuratore legale in Italia della Nit” confermava la proposta “inviata anche a Banca d’Italia e Bce”, e dall’altra Mps che sulle prime smentiva la notizia, poi dichiarava di aver ricevuto sì la ‘documentazione’ ma “nella tarda serata di lunedì” (praticamente dopo che Reuters e Ansa avevano battuto la notizia Intercom).

“Irricevibile” – impietoso il commento ufficiale di Siena. Leggiamo: “La corrispondenza inoltrata per conto della Nit (dall’avvocato Luca Capecchi, n.d.r.)…non è caratterizzata da sufficienti elementi di chiarezza che ne consentano alcuna valutazione da parte del Consiglio di Amministrazione. Infatti, fatta eccezione per una imprecisata disponibilità di mezzi finanziari per Euro 10 miliardi, da destinare all’acquisizione di una partecipazione di controllo nel capitale sociale della Banca, non vengono aggiunte informazioni basilari e indispensabili, in operazioni di tal genere, per esprimere qualsiasi giudizio valutativo. Inoltre, il documento è caratterizzato da informazioni estremamente generiche e, sebbene indirizzato alla Banca, i contenuti sembrerebbero rivolti agli azionisti in quanto tale offerta  prevedrebbe l’acquisizione, da parte di NIT Holding Limited, di una partecipazione di controllo in BMPS; tale circostanza, per quanto è dato intendere e ove effettivamente realizzata, potrebbe infatti imporre anche il lancio di un’offerta pubblica di acquisto totalitaria sulle azioni della Banca stessa”. Ecco, ‘informazioni estremamente generiche”, un po’ come quelle che nell’autunno 2013 furono inviate a Lazard, incaricata di cercare un acquirente per la Spoleto.

Indagine Consob – certo è che se la finanziaria cinese era in cerca di guai, rischia di averli trovati anche stavolta. La Consob infatti, dopo la supercazzola sparata a reti unificate, ha aperto un fascicolo per verificare l’ipotesi di “manipolazione informativa”.

Indagati vertici Nit Italia – un guaio che va ad aggiungersi a quelli in cui è incappata la Nit Italia – amministrata dal figlio della compagna di Varano, Bruno Toma – di cui Tuttoggi.info si era già interessata a seguito dei titoli “patacca” conferiti dalla Nit Holding per un aumento di capitale della Srl da 150 milioni di euro: due bond per 2,4 miliardi di cruizeros brasiliani del 1972 (il Brasile ha cambiato nel frattempo sette volte la proprio valuta con relative svalutazioni) che per il perito Pietro Paolo Raggi valgono 800 milioni di euro, per la Guardia di finanza e la Procura di Spoleto che sul fatto ha aperto un fascicolo, appena 0,24 centesimi di euro.  I titoli sono già stati sequestrati. Quello che non si sapeva è che il Varano è indagato in concorso con almeno altre 3 persone per il reato di “formazione fittizia del capitale”, previsto dall’articolo 2632 del codice civile.

I dubbi – chi e quali interessi si nascondano realmente dietro la Nit Holding è difficile da sapere. Di certo i faraonici progetti annunciati dal Duca sono finiti nel dimenticatoio. A Spoleto era partito promettendo investimenti via via sempre più allettanti: prima 30 milioni di euro, poi 150 mln, infine – nel corso di un tavolo ‘tecnico’ in Comune per salvare una azienda tipografica (valore 4-500 mila euro) – la sparò grossa arrivando a 810 milioni, cifra simile a quella che si è poi scoperto essere stata periziata per i bond patacca. Da Spoleto è ripartito, a detta dei maligni, lasciando anche qualche conto in sospeso. Di queste ore la “bordata” da 10 miliardi di euro, ma qual era il vero fine?

L’aristocratico non è nuovo a simili “imprese”. Nel 1985, a leggere le cronache capitoline del tempo, venne condannato a 2 mesi e 2 milioni di lire di multa (sentenza poi appellata) per una lottizzazione abusiva, tra Ardea e Pomezia, per la quale aveva raccolto 160 adesioni tra un nutrito gruppo di agricoltori, operai, pastori e impiegati desiderosi di avere una villetta tutta per loro e che avevano per ciò firmato dei sibillini contratti d’ingresso nelle sue cooperative edilizie. Altri 79 parteciparono alla cooperativa “Castelverde” con la promessa di ottenere altrettanti lotti edificabili: peccato che l’area era nell’acquitrinosa tenuta di Idrovore che per nulla al mondo sarebbe mai potuta diventare edificabile. Come dire, il Duca perde il pelo ma non il vizio?

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