Un noto vocalist è stato condannato a quattro anni di reclusione, insieme al proprietario della discoteca di Gubbio nella quale si esibì il capodanno del 2013 e dove, secondo il Gup Andrea Claudiani entrambi violentarono una ragazzina di 16 anni mentre era ubriaca e non capace di intendere e di volere. Era stata la difesa dei due uomini a chiedere il rito abbreviato insieme agli altri due indagati e anche loro oggi condannati rispettivamente ad un anno e otto mesi e cinque mesi, per favoreggiamento.
[Aggiornamento a luglio 2016 Appello per violenza sessuale, assolto il vocalist accusato da 16enne di Spoleto]
Troppo ubriaca per dire di no, troppo ubriaca per scappare e chiedere aiuto, troppo ubriaca per opporre resistenza a quelle avances che i due uomini le hanno fatto nel retro del locale. La giovane, appena 16enne e originaria di Spoleto si è appartata con il vocalist e in questa situazione si è consumato il primo rapporto sessuale.
Ma la ragazzina ha sempre affermato di non averlo desiderato quel rapporto intimo ed anche di non essere riuscita ad opporsi perché sotto l’effetto dell’alcol assunto in maniera eccessiva. Il vocalist, venticinquenne è invece convinto di non aver aver usato violenza e che la ragazzina fosse consenziente al rapporto. Ma non è tutto, infatti la stessa sera, più tardi, la ragazzina è stata ritrovata in stato di semi incoscienza nei camerini del locale. E’ qui che la giovane ha raccontato di aver subito un secondo rapporto sessuale, anche questo non desiderato, ma questa volta con un uomo molto più grande, il titolare del locale.
Due verità a confronto che per mesi si sono fronteggiate nell’aula del tribunale di Perugia davanti al Gup Andrea Claudiani. A prevalere però è stato il racconto della ragazza e l’impianto accusatorio del pm Giuseppe Petrazzini che non ha mai avuto dubbi sulla colpevolezza degli indagati. il magistrato ha sempre sostenuto che i due avevano abusato della ragazza, con l’aggravate di avere agito mentre questa non era in grado di intendere e volere.
La ragazza non è stata mai sentita in aula. Secondo il giudice, le dichiarazioni rilasciate nella denuncia e contenute nelle carte delle indagini erano sufficienti e forse è stato un modo per preservarla nonostante il processo fosse rigorosamente a porte chiuse da un’inutile esposizione, dopo il trauma già subito.