Lirico Sperimentale, la splendida tradizione dell'Intermezzo torna a Spoleto | Quando “du gust is megl che one “ - Tuttoggi.info

Lirico Sperimentale, la splendida tradizione dell’Intermezzo torna a Spoleto | Quando “du gust is megl che one “

Carlo Vantaggioli

Lirico Sperimentale, la splendida tradizione dell’Intermezzo torna a Spoleto | Quando “du gust is megl che one “

Dom, 11/09/2022 - 09:38

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In scena L'Ammalato immaginario (di L. Vinci), successo della passata stagione e l'interessante La franchezza delle Donne di G. Sellitti.

I golosi del gelato bigusto non avranno di che temere nel recarsi al Teatro Caio Melisso ad assistere alla consueta rappresentazione degli Intermezzi del ‘700, vero fiore all’occhiello della programmazione del Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto giunto alla sua 76 edizione.

Nella più classica delle affermazioni italiche, ovvero che “du gust is megl che one” la direzione artistica del M° Michelangelo Zurletti e del Prof. Enrico Girardi ha deciso che per quest’anno gli Intermezzi da mettere in scena sarebbero stati ben due. Uno già noto agli abituè del Lirico, L’Ammalato immaginario (di Leonardo Vinci), che nella passata stagione ha riscosso un successo da concerto rock, e l’interessante e nuovissimo La franchezza delle Donne di Giuseppe Sellitti.

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Se l’allestimento de L’Ammalato immaginario è assolutamente identico a quello dello scorso anno, per cui l’usato sicuro è una garanzia di solidità nel tempo (squadra vincente non si cambia), la novità della messa in scena de La franchezza delle donne sta tutta in un testo meno prevedibile del solito.

Se c’è una cosa che nell’Intermezzo ha una sua inscalfibile consuetudine è proprio il testo che deve ruotare su una struttura che si perpetua nei secoli dei secoli: una donna furba, possibilmente “servetta” e un riccone da turlupinare, con inevitabile finale del trionfo amoroso da compiere nell’interesse matrimoniale. Ovvero il “mi conviene” e “i soldi non contano ma se li hai stai già un pezzo avanti”.

Il pubblico provatissimo dalle monumentali e tradizionali opere settecentesche (dalla durata di oltre 5 ore), non vedeva l’ora di godersi un intervallo “spezzafame”, dove potersi rilassare, mangiare qualcosa nel retropalco e ridere di gusto delle furbizie delle popolane che si riscattavano socialmente a dispetto della sciocchezza dei riccastri di turno.

Ne La Franchezza delle donne, esce fuori un quadro ed una ambientazione (i canali di Venezia, con tanto di gondola) che a tutta prima ci ha fatto tornare in mente un celebre film del 1958 Venezia la luna e tu con l’inossidabile Alberto Sordi nella parte di uno scaltro gondoliere farfallone di stampo goldoniano, il Bepi, che somiglia tantissimo anche al Sempronio del lavoro di Sellitti, con tanto di maglia a righe da professionista della voga. Ne La franchezza delle donne però le parti sembrano invertirsi per un lungo tratto della storia fino poi a rivelare nel finale che chi vince è sempre la donna, Lesbina, che fedifraga era e fedifraga rimane, con tanto di atto notarile truccato.

Senza spoilerare troppo la trama per favorire chi questo pomeriggio (11 settembre, ore 17) avrà voglia e piacere di recarsi a teatro per l’ultima rappresentazione degli Intermezzi in questione, aggiungiamo che il lavoro di Sellitti è ricco di novità anche dal punto di vista musicale e che nella consueta tradizione di infarcire il libretto di lingue strane e spesso derivate da un improbabile latino, fa la sua comparsa il veneto che a dirla tutta ha il suo fascino comico se inserito in una macchina da guerra come erano gli Intermezzi.

Non è una passeggiata…

Non è stata un passeggiata questa volta, rappresentare due Intermezzi di un certo spessore, messi in scena in una unica serata di rappresentazione.

Il rischio era che i due lavori si sovrapponessero e potessero arrivare “a noia” ad uno spettatore meno attento ai dettagli musicali e di libretto.

Per compiere questo sforzo occorre un direttore d’Orchestra solidissimo e una regia briosa e molto attenta alle differenze di carattere tra i due lavori.

A Spoleto però tutto questo non è un problema perchè da alcuni anni il Lirico Sperimentale gode della collaborazione di una inossidabile coppia di fatto: quella del M° Pierfrancesco Borrelli e del regista e scenografo Andrea Stanisci.

Il M° Borrelli ha avuto un bel da fare a tenere in linea i giovanissimi cantanti, che nell’esuberanza dei ruoli e della caratterizzazione comica, potrebbero avere la tendenza a tralasciare l’attenzione alla puntualità del cantato. In tal senso, meno problematico è forse l’Ammalato Immaginario dove abbondano i recitativi, mentre qualche pensiero in più lo si ha per La Franchezza delle donne.

E’ stato un bel vedere come Borrelli, con i consueti ampi movimenti delle braccia dava i tempi e le andature a tutto quello che si muoveva in scena. Ci vogliono dorsali solidi e una testa molto allenata per reggere anche la fatica fisica di una doppia direzione come nel caso di Spoleto. Ma Pierfrancesco Borrelli e senza dubbio lo specialista “principe” del genere settecentesco ed ogni sua direzione è sinonimo di straordinaria qualità esecutiva, grazie anche ai bravissimi e giovani professori dell’Ensemble del Lirico Sperimentale.

Dice il regista e scenografo Andrea Stanisci, l’altra metà della mela, nelle note del libretto di sala, “Con L’Ammalato immaginario e La Franchezza delle donne, l’usuale meccanismo del travestitismo tipo degli Intermezzi del ‘700, raggiunge un livello quasi parossistico. Finti medici, gondolieri e giudici, falsi ammalati, personaggi romani che parlano veneziano, abbondante uso d’un improbabile latino si susseguono in un fregolismo teatrale e musicale che non ha scampo”.

Deve essere per questo che con una buona dose di “crudeltà rieducativa” tipica dei registi di livello, fa cantare più di una volta la Lesbina de La Franchezza delle donne, completamente sdraiata a terra. Una delle cose più complesse per un cantante, se si deve usare il diaframma in più passaggi. Ovviamente quella sulla crudeltà è una boutade, e il regista Stanisci non è così cattivo, anzi è come sempre uno splendido mentore e pigmalione per i giovanotti del bel canto che si avviano al debutto sui grandi palcoscenici.

Di sicuro chi affronta gli Intermezzi con la premiata coppia di fatto Borrelli-Stanisci non ha di che pentirsene e l’esperienza maturata a Spoleto sarà di sicuro indimenticabile e concretamente formativa.

I costumi sono della straordinaria Clelia De Angelis e le luci oniriche di Eva Bruno. Al cembalo il M° Davor Krkljus.

I nostri eroi…

Ma chi sono i nostri eroi del canto che si sono buttati generosamente nell’agone degli Intermezzi, sapendo di dover fare i conti non solo con la voce ma anche con una nutrita dose di capacità attoriale?

Ne L’Ammalato immaginario abbiamo avuto nella serata del 10 settembre Jennifer Turri nella parte di Erighetta e uno scalmanato Matteo Lorenzo Pietrapiana in quella di Don Chilone. Entrambi vincitori del Concorso Comunità Europea, i due virgulti hanno voce ottima e abbondante (si sarebbe detto un tempo) e un buon adattamento ai dettami della commedia dell’arte. Più a suo agio complessivamente Pietrapiana e con qualche tentennamento, vista la giovanissima età, la Turri. Ma il tempo e la volontà sono due ottimi compagni di viaggio e la forza espressiva di entrambi non tarderà a venire fuori.

Ne La Franchezza delle donne, Elena Antonini è stata Lesbina e Davide Romeo, Sempronio. In questo caso, visto anche il diverso approccio al lavoro di Sellitti, i due cantanti hanno avuto un bel da fare, vocalmente e attorialmente, per rendere appieno il carattere dei loro personaggi. Una prova superata brillantemente da entrambi che hanno voci molto potenti e chiare e non hanno avuto difficoltà a rendere esplicito il parossismo di cui parlava Andrea Stanisci. Lo stesso Borrelli in molti passaggi è sembrato quasi far scorrere la partitura senza troppo sbracciarsi, tanto era tranquillo sulla qualità esecutiva dei due.

Nel complesso una ottima prova di esordio nel genere dell’Intermezzo.

Nell’economia della serata preziosi, come sempre accade, i mimi Vania Ficola e Valentino Pagliei, sorta di servitori muti dalla imprescindibile comicità strampalata.

Aritanga… Intermezzo

E infine, come il Cyrano di Ronstand, “che al fin della licenza…tocca”, ci sia consentito rinnovare l’invito alle grandi organizzazioni di sapientoni che spadellano a Spoleto improbabili pietanze spacciandole per piatti prelibati (vedi la nuova forma di Opera ovvero il Teatro Musicale alla francese) in occasione del Festival dei Due Mondi, che è del tutto evidente come programmare una serie di Intermezzi settecenteschi con la sapiente collaborazione del Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto, può solo portare benefici a programmi deboli, anzi debolissimi, nel settore del bel canto.

Per chi se lo fosse scordato all’arrivo di Giorgio Ferrara quale direttore artistico a Spoleto nel lontano 2008, fu siglato un accordo operativo di collaborazione proprio in tal senso tra Festival e Lirico. Nel caso di Ferrara il problema non si è mai posto perchè le opere sono state sempre fatte e messe in scena per l’apertura della manifestazione, come tradizione. Nel caso della direzione artistica di Monique Veaute, forse è il caso di riaprire il cassetto e mettersi subito in moto prima che la debacle in tal senso sia irreparabile.

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