Giudice e 2 collaboratori arrestati, "corruzione sui sequestri di aziende" - Tuttoggi.info

Giudice e 2 collaboratori arrestati, “corruzione sui sequestri di aziende”

Flavia Pagliochini

Giudice e 2 collaboratori arrestati, “corruzione sui sequestri di aziende”

Gio, 20/04/2023 - 11:56

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Inchiesta della procura di Perugia su presunti casi di corruzione al tribunale di Latina: ecco chi è il giudice arrestato

Una giudice delle indagini preliminari del tribunale di Latina e un suo collaboratore nell’ambito di procedure di amministrazione giudiziaria sono stati arrestati dalla guardia di finanza di Perugia; un terzo collaboratore è invece ai domiciliari. I tre sono accusati a vario titolo di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, corruzione in atti giudiziari e induzione indebita a dare o promettere utilità.

L’ordinanza di custodia cautelare è stata disposta dal gip del capoluogo umbro su richiesta della Procura guidata da Raffaele Cantone che – si legge in una nota – “ritiene opportuno, in deroga alla prassi generalmente seguita dall’Ufficio, indicare di seguito le generalità che permettano di identificarli compiutamente”. I nomi sono quelli di Giorgia Castriota, giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Latina; Silvano Ferraro e Stefania Vitto, entrambi collaboratori nell’ambito di procedure di amministrazione giudiziaria. “Pur consapevole dell’esigenza di dover garantire ai predetti soggetti it diritto costituzionale ad essere considerati non colpevoli fino alla pronuncia di una sentenza irrevocabile di condanna e ribadendo, quindi, che, alto stato, nei confronti degli stessi sussistono solo gravi indizi di colpevolezza e non certo prove di responsabilità e che, pertanto, gli indagati potranno fornire, a seguito delle contestazioni che verranno fatte, tutti gli elementi a loro difesa, si ritiene, però, che nel caso di specie sussistano — ai sensi del comma 2-bis dell’ art. 5 del d.lgs n. 106 del 2006, come modificato dal d.lgs n. 188 del 2021 — ragioni di interesse pubblico oltre che alla conoscenza dei fatti oggetto dell’indagine anche all’individuazione di chi siano le persone alto stato raggiunte dagli elementi indiziari”, spiega Cantone. “Ciò in quanto, in relazione soprattutto alla particolare delicatezza delle funzioni svolte da una delle persone indicate, bisogna evitare che comportamenti che, allo stato, appaiono riferiti a specifici soggetti, pur connotati da particolare gravity, possano gettare ingiustificato discredito sull’intero contesto lavorativo e professionale”.

Nello specifico l’inchiesta scaturisce da una denuncia presentata dal rappresentante legale di alcune società, riconducibili a un gruppo che opera nel settore della logistica, sottoposte a sequestro nell’ambito di un procedimento legato a reati tributari aperto dalla procura di Latina. L’imprenditore ha segnalato irregolarità e condotte sospette e poco trasparenti nella gestione di beni aziendali sequestrati da parte degli amministratori giudiziari, con l’avallo del gip in servizio a Latina. Secondo la Procura di Perugia, “il conferimento degli incarichi sarebbe avvenuto al di fuori di qualsiasi criterio oggettivo e soprattutto in contrasto con il disposto dell’art. 35, comma 4-bis, del decreto legislativo 159/2011, che stabilisce il divieto di assumere il ruolo di amministratore giudiziario e coadiutore da parte di coloro che hanno, con il magistrato che conferisce l’incarico, un’assidua frequentazione, intendendosi per tale quella derivante da una relazione sentimentale o da un rapporto di amicizia stabilmente protrattosi nel tempo e connotato da reciproca confidenza, nonché il rapporto di frequentazione tra commensali abituali”.

Dalle intercettazioni telefoniche e dai riscontri documentali acquisiti “emerge – scrive il gip – un quadro granitico di gravità indiziaria” per “un chiaro accordo corruttivo e di vendita della funzione, nel quale i soggetti nominati… all’interno dell’amministrazione, già legati… da rapporti personali pregressi, retrocedevano al magistrato, sotto forma di contributo mensile e altre regalie, parte del denaro che (lo stesso giudice) liquidava loro per l’adempimento degli incarichi”. La giudice avrebbe non solo avrebbe direttamente nominate ed agevolato il conferimento degli incarichi a persone con cui intratteneva rapporti personali consolidati, ma avrebbe percepito, sistematicamente, parte dei compensi in denaro liquidati dallo stesso Giudice nell’ambito dell’amministrazione giudiziaria o corrisposto, a titolo di compenso, dalle società sequestrate.

Nei capi di imputazione per i quali è stata emessa ordinanza cautelare sono contestate anche altre utilità (quali gioielli, orologi, viaggi e un abbonamento annuale per assistere in tribuna d’onore dello stadio Olimpico alle partite di una squadra calcio) che il giudice avrebbe percepito dai soggetti inseriti nell’amministrazione giudiziaria.

Nella misura cautelare, sono, infine, indicati plurimi atti contrari ai doveri d’ufficio che il Giudice di Latina avrebbe tenuto nella gestione delle società raggiunte dai sequestri.

Si tratterebbe, secondo quanto allo stato accertato, di condotte quali l’omessa vigilanza o la mancata denuncia di attività illecite da parte degli ex amministratori, ma anche di condotte attive, come l’intenzione di portare le società al fallimento e nominare curatori gli stessi professionisti, con lo scopo, verosimilmente, di mantenere il controllo sulla procedura e non perdere la fonte di guadagno oltre a quello di tutelare se stessa da ingerenze esterne e da eventuali soggetti estranei, che avrebbero potuto evidenziare le criticità o la mala gestio dell’amministrazione giudiziaria.

Gli accertamenti investigativi non si limitano ai soli tre soggetti per i quali è stata richiesta ed ottenuta ordinanza cautelare, risultando, allo stato, indagati anche altri due professionisti coinvolti nelle medesime amministrazioni giudiziarie. Sono, infatti, in queste ore in corso di esecuzione, da parte direttamente di magistrati umbri e dei finanzieri del Nucleo PEF di Perugia, perquisizioni nonché acquisizioni di informazioni da persone informate sui fatti, al fine di riscontrare se lo schema delineato nell’amministrazione giudiziaria oggetto di indagine sia già stato utilizzato in altri casi, con i medesimi risultati e con il coinvolgimento anche di altre persone.

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