Gentile direttore,
vorrei ringraziarla per aver ospitato qualche mio commento negli ultimi tre mesi a proposito del Festival dei Due Mondi. E’ vero che non ho lesinato critiche alla nuova gestione del Festival – non tanto per il contenuto della programmazione quanto per quel tono di autocompiacimento con cui il successo del rilanciato Festival era stato decretato ai quattro venti da uno stuolo di padrini d’eccezione – ma se l’ho fatto, è stato per via di un sincero affetto che provavo per la città di Spoleto. Il “mio” primo Festival risale al 1974, quando lavoravo per la segreteria di Thomas Schippers, e l’ho frequentato regolarmente alla fine degli anni ’70 e durante tutti gli anni ’80. Ci ho persino lavorato l’anno scorso, con le conseguenze che sono note a tutti. Non mi deve credere tuttavia uno di quei nostalgici che si auspicano un “ritorno ai fasti di una volta”: tale desiderio è soltanto una pia illusione, che molti – ciò nonostante – si ostinano ad accarezzare. Forse è vero che era giunto il momento di voltare pagina, ma sono operazioni che richiedono molta delicatezza, altrimenti la pagina rischia di strapparsi in modo irreparabile. E si tratta di un “manoscritto” di un certo valore, non di un libro giallo qualsiasi. Il maestro Menotti aveva moltissime qualità (senza per questo fingersi uno stinco di santo), eppure non riuscivo mai a capire fino in fondo la sua paura che la politica volesse allungare le mani sul Festival: mi pareva che rasentasse la paranoia. Ma dopo gli eventi degli ultimi otto mesi ho dovuto ricredermi. Ed è un segnale molto triste ed inquietante che, terminata la prima edizione del rilancio, già all’indomani si parla di poltrone che si raffreddano e altre che si riscaldano. Mi auguro che le smentite – che non si sono fatte attendere – corrispondano alla verità. Gli spunti per altre riflessioni sarebbero tantissimi. Uno per tutti, e poi taccio: nelle previsioni di bilancio (come riportato nel vostro articolo del 16 marzo), il Festival stimava – al ribasso – le presenze nella misura del 50%, altro che il 40% al quale si fa riferimento adesso. Ma non ho mai voluto partecipare al gioco delle tre carte, così come non ho più voglia di combattere contro i mulini a vento: nel frattempo le sue colonne si stanno riempendo a dismisura. Alla fine, dopo quasi 35 anni, sono riuscito persino a disinnamorarmi della sua città. Me ne sono accorto domenica scorsa, ed è stato un giorno molto malinconico. Stia tranquillo, non la disturberò più. Con grande rammarico
Andrew Starling
Gentilissimo Andrew,
l’idea che ci fosse Lei dietro la colta, moderata ed acuta penna di alcuni ‘commenti’, mi era per la verità balzata in mente più di una volta. Non deve ringraziare nessuno e nulla perché questo giornale è anche Suo. Come degli altri lettori, politici, amministratori, di tutti insomma. Di Francis Menotti, come di Giorgio Ferrara. Siamo noi a doverLa ringraziare per averci a volte illuminato e per aver dato lustro alle nostre colonne. La dovrebbe ringraziare la stessa città e anche la Regione per ciò che ha finora compiuto in favore della cultura (inclusa la città di Perugia). Ogni italiano potrebbe esser fiero di come Lei parla e, soprattutto, scrive nella nostra lingua (visto che generalmente Voi anglosassoni siete restii ad impararla, Francis in primis, come del resto noi italiani con l'inglese).
Non credo, e me lo auguro, che Lei abbia perso l’amore per la nostra città. Certo la verità può far male, ma solo gli stolti non vedono in essa una ricchezza per sistemare ogni tipo di vicenda. Nel nostro piccolo ci abbiamo provato a raccontarla, comprendendo le ragioni della Politica, ma siamo stati comunque tacciati di esser “contro il Festival” (non posso neanche pensare cosa succederà stasera quando alle 22 pubblicheremo un documento fin qui rimasto sconosciuto ai più).
Ma non per questo ci siamo disinnamorati della nostra Città.
Son io rammaricato, puir accettando la sua decisione, se ha pensato anche solo un momento di aver ‘disturbato’ su queste colonne. Spoleto non può permettersi di perdere figure come la Sua, non fosse che per l’affetto e la professionalità dimostrata. Certo, c'è chi ha pensato che spazzar via tutti i collaboratori dei Menotti sarebbe servito alla 'causa' del Festival: senza capire che molti di Voi erano al servizio del Festival e non dell'Associazione.
Ma forse, forse, anche questo è stato oggi almeno intuito.
Qualcosa mi dice che avrò presto l'onore di incontrarLa. Con stima,
Carlo Ceraso