Maxi inchiesta della Procura di Bologna su fatture false, evasa Iva per 44 milioni. Sequestri per 32 milioni, anche a Terni
Un 45enne di Terni è ritenuto a capo di un’organizzazione che avrebbe messo in piedi una frode milionaria, evadendo 44 milioni di euro di Iva attraverso l’erogazione di fatture false per almeno 210 milioni di euro relativamente a prodotti informatici. L’operazione si chiama “Carry on sell” ed è stata condotta dai finanzieri del comando provinciale di Bologna, coordinati dal procuratore aggiunto Francesco Caleca e dalla dottoressa Elena Caruso della Procura della Repubblica di Bologna.
Ben 63 in tutto gli indagati; 10 nella sola provincia di Bologna, tra cui il 45enne ternano che viveva lì da alcuni anni, a cui è stato notificato l’avviso di conclusione delle indagini. Nelle ultime ore le fiamme gialle hanno dato esecuzione a un decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari per l’ammontare complessivo di 32 milioni di euro relativamente a danaro contante, disponibilità bancarie, immobili e quote societarie nelle province di Bologna, Modena, Terni e Sassari.
Inchiesta avviata nel 2020, Iva evasa per 44 milioni
Il provvedimento cautelare giunge al termine di complesse attività investigative condotte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Bologna e iniziate nel 2020 che traggono origine da verifiche fiscali eseguite nei confronti di quattro aziende bolognesi operanti nel settore della commercializzazione all’ingrosso di prodotti informatici. Le investigazioni, sviluppate attraverso accessi aziendali e domiciliari, rilevamenti e acquisizione di documentazione fiscale e informatica, hanno fatto luce su una frode “carosello” il cui schema criminoso, tra il 2016 e il 2019, avrebbe consentito un’evasione dell’IVA di 44 milioni di euro, sfruttando la normativa UE sulle transazioni intracomunitarie, “non imponibili” ai fini IVA.
“Ideatore” il 45enne di Terni: come funzionava la frode
Il sistema di frode, che sarebbe stato ideato e attuato da un quarantacinquenne di origine ternane, stabilmente residente a Bologna, ha visto il coinvolgimento di 46 imprese, perlopiù evasori totali, dislocate in Emilia Romagna e nel resto del Nord Italia.
L’ideatore della frode avrebbe posto a capo di diverse aziende – ritengono gli inquirenti – suoi prestanome con il compito di acquistare da una società polacca prodotti informatici senza l’applicazione dell’IVA. Secondo quanto ricostruito, la merce veniva poi ceduta, solo “cartolarmente” e sottocosto, a ulteriori società create appositamente per interporre passaggi e soggetti economici nella catena di vendita così da rendere più complessa l’identificazione dello schema illecito e dei responsabili.
Il meccanismo fraudolento avrebbe consentito la totale evasione delle imposte da parte imprese coinvolte, le quali, oltre a non versare l’IVA e a non presentare alcuna dichiarazione fiscale, venivano fatte cessare dopo pochi mesi di “attività” per essere prontamente sostituite. I prodotti informatici, ceduti a prezzi molto competitivi alle società bolognesi, erano così commercializzati on line generando rilevanti profitti e indebiti vantaggi fiscali sia in termini di risparmio d’imposta che di ingenti crediti IVA.
Denunciati in 63
Gli esiti delle indagini hanno permesso di denunciare 63 soggetti responsabili, a vario titolo dei delitti fiscali di omesso versamento dell’IVA, emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali, reati in parte commessi nel territorio bolognese e in parte in altre Regioni italiane.
Per la sola provincia di Bologna è stato ricostruito un giro di false fatture il cui utilizzo in dichiarazione, per 210 milioni di euro, ha condotto la locale Procura della Repubblica a notificare 10 avvisi di conclusione delle indagini all’artefice della frode e ai legali rappresentanti delle aziende operanti nel bolognese, contestando reati di emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti per i quali sono previste pene fino a 8 anni di reclusione.
L’azione condotta testimonia, ancora una volta, l’impegno della Guardia di Finanza nel contrasto alle frodi all’IVA e più in generale all’evasione fiscale che costituisce un grave ostacolo allo sviluppo economico perché distorce la concorrenza e l’allocazione delle risorse, mina il rapporto di fiducia tra cittadini e Stato e penalizza l’equità, sottraendo spazi di intervento a favore delle fasce sociali più deboli. Da qui l’importanza dell’azione “chirurgica” svolta dalla Guardia di Finanza contro gli evasori totali e i frodatori.