Nuovo episodio di (tentata) pesca di frodo nelle acque dell’invaso di Montedoglio, precisamente nella zona di San Pietro.
Tutto è partito da una segnalazione arrivata da un pescatore sportivo la sera di mercoledì 9 aprile, che ha permesso di scoprire un’ampia rete illegale lunga circa 100 metri, già posizionata sott’acqua e pronta per la cattura notturna di pesce. L’uomo ha immediatamente avvertito altri pescatori e i carabinieri forestali, dando il via ad un’operazione di monitoraggio durata giorni.

Nelle ore successive, nonostante gli appostamenti, i responsabili non sono stati intercettati in flagranza (il reato esiste solo in questo caso). Le forze dell’ordine sono però riuscite a fermare un furgone sospetto contenente piccole barche, casse vuote per il trasporto di reti e attrezzatura da pesca. I documenti degli occupanti sono pure stati acquisiti ma, come detto, in assenza di prova concreta del reato, non è stato possibile procedere con denunce. Si presume che il gruppo operasse in punti diversi del lago e che almeno un altro veicolo, probabilmente con il pescato già caricato, sia riuscito a dileguarsi. Sono in corso indagini proprio per capire se i due episodi possano essere collegati.

Domenica mattina (14 aprile) poi la clamorosa scoperta. Dopo che l’Eaut (ente gestore della diga) ha abbassato il livello dell’acqua in previsione del maltempo, sono infatti riemersi numerosi sacchi bianchi, contenenti complessivamente un km di reti da pesca di frodo pronte all’uso (i bracconieri agirebbero in questo periodo perchè favorevole alla riproduzione dei pesci). Sono stati sempre alcuni pescatori sportivi ad individuare questi involucri immersi nel fondo, tirati fuori con l’uso di cavi e le auto, mettendoli a disposizione dell’autorità giudiziaria. Tra il materiale sequestrato vi erano: due “big bag”, contenenti reti giganti, sacchi da 25 kg di mangime pieni di reti e ulteriori reti sfuse. L’intero materiale, dopo la denuncia sporta contro ignoti, è stato posto sotto sequestro dai forestali in attesa di smaltimento.

A preoccupare non è solo la gravità dell’atto illecito, ma anche i rischi ecologici: queste reti, spesso provenienti da contesti non controllati, possono infatti veicolare batteri, funghi e parassiti pericolosi per l’ecosistema lacustre. “Da una settimana non dormiamo la notte – raccontano due pescatori altotiberini – percorriamo chilometri intorno al lago cercando di presidiare gli accessi, in collaborazione con la forestale. Questa è una battaglia che ci sta a cuore, non solo per la tutela dell’ambiente ma per tutti coloro che amano Montedoglio”.
Il fenomeno, purtroppo, non è nuovo e – come riferito dai pescatori – durerebbe ormai da 15 anni: l’episodio più clamoroso si era verificato nel 2017, quando un gruppo di bracconieri fu colto sul fatto con reti cariche di 4 quintali di pesce pronto ad essere rivenduto. Allora furono ben 4 le denunce.
Stavolta, però, l’intervento tempestivo dei pescatori locali ha impedito l’azione criminosa ma gli stessi chiedono maggiore vigilanza e sensibilizzazione: “La pesca legale è una risorsa economica e turistica per il territorio. Il bracconaggio, invece, devasta l’ambiente e sottrae valore alle nostre comunità”. Grazie all’impegno dei pescatori e delle forze dell’ordine, il lago sarà ora oggetto di monitoraggi notturni più frequenti. Una rete di controllo spontanea, a difesa della legalità e della biodiversità.