Chiedevano soldi contro il femminicidio per un'associazione inesistente - Tuttoggi.info

Chiedevano soldi contro il femminicidio per un’associazione inesistente

Redazione

Chiedevano soldi contro il femminicidio per un’associazione inesistente

Intercettati dalla polizia di Assisi / I due avevano anche dei precedenti penali
Ven, 21/11/2014 - 16:15

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Gli agenti del Commissariato di Assisi, diretto dal Commissario Capo della Polizia di Stato Francesca D. Di Luca, hanno interrotto una raccolta fondi per una causa benefica rivelatasi in realtà una truffa ben congegnata. Una Volante, passando per il parcheggio di un noto centro commerciale di Bastia Umbra ha notato, su segnalazione di un cittadino, due persone nell’atto di chiedere ai passanti del denaro per fini benefici. Fermati dagli agenti, gli stessi hanno riferito di far parte di un’associazione di volontariato denominata “P.I.V.” acronimo di Progetto Italia Volontari, impegnata nella sensibilizzazione della società sul tema del femminicidio.

La campagna si concretizzava nel chiedere ai passanti una offerta in denaro, dopo la consegna di un depliant sul quale era trascritta una succinta e sommaria definizione di femminicidio. Uno dei due uomini, un quarantanovenne vicentino, dichiarava di esserne Presidente e legale rappresentante. Alle insistenti domande degli agenti ha poi specificato che il denaro raccolto era trattenuto in parte come rimborso spese dei volontari, di cui però non sapeva fornire il numero complessivo, e in parte veniva investito in iniziative di vario genere legate al contrasto del fenomeno del femminicidio di cui però non sapeva dire nulla. Per rassicurare gli agenti, i due uomini esibivano tesserini di cartone, volantini pieghevoli e tre blocchi di ricevute generiche, il tutto riportante il logo e l’indirizzo dell’associazione “P.I.V.” “Progetto Italia Volontari – tutti insieme contro gli abusi” con sede legale in provincia di Cosenza. All’interno del volantino era stato stampato un calendario 2015 e una definizione generica di femminicidio.

Dato il tenore a dir poco approssimativo del materiale divulgativo, considerato inoltre che da un controllo effettuato in banca dati i due risultavano avere numerosi precedenti penali specifici riguardanti anche l’utilizzo fraudolento del nome della predetta associazione, si decideva di convocarli presso gli Uffici del Commissariato dove venivano esperiti ulteriori accertamenti sull’associazione. Il codice fiscale riportato sul timbro apposto sulla ricevuta risultava avere un rappresentante legale diverso e persino la sede legale della predetta associazione risultava essere a Roma anzi che in Calabria. A quel punto, i due pregiudicati messi di fronte all’evidenza delle loro contraddizioni, si arrendevano e come giocatori, scoperti a truccare, confessavano con un sorriso le proprie responsabilità. Inevitabile per il vicentino e il tarantino l’ennesima denuncia per falso, truffa e abuso della credulità popolare.

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