Allo Zut di Foligno presentazione del film "Stileliberty"di Tommaso Muzzi - Tuttoggi.info

Allo Zut di Foligno presentazione del film “Stileliberty”di Tommaso Muzzi

Redazione

Allo Zut di Foligno presentazione del film “Stileliberty”di Tommaso Muzzi

Il giovane regista folignate, anche protagonista della storia
Sab, 27/09/2014 - 16:33

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Realizzato tra il 2010 e il 2013, “Stileliberty” è un’opera molto personale, uno sguardo sulla realtà circostante, sui tempi moderni, sugli eventi e sulla società con una trama non ortodossa, senza un preciso ordine temporale. Cosa invece risulta lucido è l’intento nel trovare delle risposte a un dramma esistenziale, la ricerca a una collocazione umana in un mondo sempre più dispersivo, sempre più disumano, un viaggio attraverso incontri, visioni e sogni, a volte allucinatori e ossessivi, a volte rivelatori.

Il film, opera prima del giovane regista folignate Tommaso Muzzi, sarà proiettato domenica 28 e lunedì 29 settembre con due repliche ogni sera, alle 19 e alle 21, allo Zut (ex Cinema Vittoria) di Foligno in corso Cavour n.83. Domenica ci sarà una breve presentazione alle 18.30, introdotta da Davide Pieroni, che insieme allo stesso Muzzi, Davide Rossi e Daniele Morici ha scritto soggetto e sceneggiatura.
“Sileliberty”, frutto di una produzione indipendente con la casa di produzione Human Case, si caratterizza come un flusso di immagini e di parole, lasciando aperte domande alle quali spetta allo spettatore dare risposta. Del protagonista conosciamo ben poco, non sappiamo dove esattamente viva, che lavoro faccia, a malapena sappiamo come si chiama, ciò che però sappiamo bene sono i i suoi pensieri più intimi, le sue inquietudini e le sue speranze.
“Stileliberty”, un insieme di stili alla ricerca di via personale, una fuga dalla forte omologazione che un sistema sempre più oppressivo, sempre più falso e brutale vuole imporre agli uomini. Il film è stato montato e post prodotto negli studi della Strani Rumori snc di Trevi.
“Vivevo isolato – racconta il regista – in una casa a 300 metri dalla costa pacifica a sud di Taiwan, nella provincia più povera della regione a maggioranza indigena: TaiTung. Spesso pensavo all’Italia, soprattutto in termini stilistici ed estetici: in questa sorta di eremitaggio è nato Stileliberty. Spesso mi svegliavo di notte per scrivere qualche scena o sequenza che mi veniva in mente, altre volte mi mettevo a scrivere poco prima di addormentarmi, altre ancora, al risveglio, mettevo su carta qualche strano sogno. Ed è proprio questa la sorgente da cui ho attinto maggiormente per realizzare questo film”.
Questo il link del trailer: http://vimeo.com/88079727.

Stile Liberty – Sinossi

Marco è un uomo qualsiasi di cui non si conosce quasi nulla. La sua vita inizia a essere turbata da strani fenomeni: paralisi notturne, incubi, allucinazioni raccontati da una voce narrante in prima persona.
Attraverso un gioco di rimandi tra finzione e realismo documentaristico, la voce narrante inizia a costruire una reazione critica al proprio spaesamento, causato dai sistemi socioeconomici contemporanei, sempre più alienanti e disumani.
Marco trova espressione in forme di protesta populistica e complottistica; in questo è accompagnato da un amico (Emiliano Pergolari). I due, muniti di binocolo, passano il loro tempo nel balcone di un’abitazione a spiare i passanti e a “criticare tutto e tutti”. La tentazione giustizialista di mettere al cappio i presunti colpevoli o chiunque la pensi diversamente è forte. Ciò non placa il dissidio spirituale di Marco che, colto ancora da allucinazioni, ricerca più autentiche forme di lettura della realtà.
S’interroga sul senso delle religioni, frequenta un ebreo (Andrea Tocci) vittima di un bizzarro pestaggio da parte delle forze dell’ordine.
Nonostante i suoi molti passaggi esilaranti, il film non vuole intrattenere, ma distogliere dall’intrattenimento, portando l’attenzione su temi scomodi: lo spettatore accompagna il protagonista in una serie di esperienze estetiche impegnative sul piano emotivo. Dapprima c’è l’immersione in un turbinio di visioni e incubi, in una vera e propria orgia di simboli resa attraverso l’uso dell’animazione 2d; segue un cupo monologo teatrale sull’atrocità dell’Undici Settembre descritta dal punto di vista delle vittime (interpretato da Michele Bandini) “quante volte abbiamo visto in TV le due torri cadere? Ma quante volte ci siamo davvero soffermati a pensare cosa sia accaduto là dentro, mentre si consumava la sciagura?”. Così, la finzione teatrale arriva a sopperire all’inganno dell’informazione mediatica. Il teatro che è finzione arriva a svolgere una funzione di realismo capace di smascherare l’effetto della spettacolarizzazione televisiva.
Marco parte per un viaggio, senza meta e senza un progetto preciso. L’assurdo incontro con un politico d’estrema sinistra, vittima della sua stessa ideologia (Michelangelo Bellani) mette il protagonista di fronte al culmine del proprio malessere.
La meta del viaggio diviene più chiara: è la città, la grande Babilonia, luogo in cui i modelli consumistici trovano la loro massima espressione e in cui Marco riesce a cogliere il senso della grande truffa che si cela dietro l’inganno della diversione mediatica e della cultura dell’immagine. Ciò gli permetterà di elaborare una nuova consapevolezza basata sulla rinuncia ai modelli di successo, il cui rifiuto diviene la base della propria autoaffermazione. In ultimo egli si riconcilia con quell’alter ego (Alessandro Del Principe) che sin dalle prime battute del film visita misteriosamente le sue allucinazioni.

Stileliberty – Note di Regia
Vivevo isolato in una casa a 300 metri dalla costa pacifica a sud di Taiwan, nella provincia più povera della regione a maggioranza indigena: TaiTung. Spesso pensavo all’Italia, soprattutto in termini stilistici ed estetici: in questa sorta di eremitaggio è nato Stileliberty. Spesso mi svegliavo di notte per scrivere qualche scena o sequenza che mi veniva in mente, altre volte mi mettevo a scrivere poco prima di addormentarmi, altre ancora, al risveglio, mettevo su carta qualche strano sogno. Ed è proprio questa la sorgente da cui ho attinto maggiormente per realizzare questo film.
All’epoca non avevo ancora chiaro cosa avrei dovuto fare di preciso, così giravo di tutto, o meglio tutto ciò che reputavo anormale ed interessante: persone, cose, bestie, divinità, scenari e situazioni. La mia camera è sempre stata un’inseparabile compagna di viaggio. Una volta scaricato il materiale lo riordinavo, lo studiavo, lo archiviavo, e per molto tempo è rimasto lì, come in una sorta di gestazione. Intanto le visioni notturne e i sogni si moltiplicavano, fino al momento in cui sono divenuti abbastanza da poterci fare un film; ho cercato quindi di agganciare gli elementi per renderli omogenei e coerenti col filo conduttore che si stava sempre più delineando. A volte ancora mi chiedo se ci sia riuscito.
Quando sfuggivo all’inconscio isolazionismo in cui mi ero messo, frequentavo alcuni personaggi di grande interesse: esiliati bisbetici, anime sensibili con cui parlavo un po’ di tutto ma in particolare dei temi universali come la religione, il potere, i vari sistemi economici e sociali. Ho cominciato a maturare l’idea che il film dovesse invitare alla riflessione, distogliere dalla “diversione”, dall’intrattenimento; questa era la funzione del film.
Ho incominciato a scrivere testi e sequenze pensate per una voce fuoricampo che avrebbe parlato in prima persona, una sorta di coscienza. Inconsapevolmente (o no), ciò che trovavo di bello in quanto riprendevo con la cinepresa, rifletteva coerentemente le mie idee ed elaborazioni notturne; è stato un periodo di ricerca e di ascolto, in cui mi sono lasciato trasportare da una voce profonda, lavorando sui simboli e muovendomi su vari livelli di coscienza.
Dopo circa 10 mesi sono tornato in Italia per girare quelle scene “fiction” pensate ad hoc per costruire una impalcatura narrativa per le “visioni”; era giunta l’ora di dare una forma al film. Nell’estate del 2011 ho girato gran parte delle scene, in giornate che ricordo come “epiche”.
Il 2012 e il 2013 sono stati anni fondamentali per il taglio definitivo del film: conclusa la fase del girato ho intrapreso un nuovo percorso di ricerca sulle musiche. La mia idea di partenza che poi si è concretizzata in una vera e propria colonna sonora era basata su un pianoforte unito ad una miscela di suoni essenziali come campane ma anche boati. In fine ho trovato quella che mi piace chiamare “la via poetica” per mandare il mio messaggio. Dopo un lungo lavoro di taglio al termine del 2013 Stileiberty veniva alla luce, un titolo emblematico, una ricerca di stile, di sovrapposizione di registri narrativi, di influenze estetiche e di casi.

Biografia di Tommaso Muzzi Bonaventura
Tommaso Muzzi Bonaventura (8 settembre 1981) ha trascorso i suoi primi 18 anni a Foligno in Umbria. Tra il 2004 e il 2005, nell’ambito del programma Erasmus, è presso la facoltà di “Ciencias del la Información”, nell’ateneo delle “Real Complutense de Madrid”, dove frequenta classi di produzione audiovisuale e cinema sperimentale. Gira il suo primo lungometraggio dal titolo A Luglio Ritorno, un resoconto pseudo-autobiografico sulla “vita Erasmus”.
Si laurea nel 2007 in Scienze della Comunicazione nell’ateneo di Perugia con una tesi sul cine-documentario d’autore.
All’inizio del 2008 si trasferisce a Barcellona, dove, attraverso alcune conoscenze nell’ambito del cinema indipendente catalano, scopre il “documentario creativo”: una forma singolare dal carattere antropologico e Malinowskiano capace di raccontare storie e luoghi assimilandosi al contesto senza alterarlo, riproducendone più possibile l’autenticità.
Nel Giugno 2008 è di ritorno in Umbria dove grazie all’esperienza barcellonese, passa alcuni mesi come volontario all’interno di strutture – case famiglia – che ospitano persone affette da gravi e meno gravi forme di sofferenza mentale; gira il documentario Benvenuto signor nessuno.
Al principio del 2009 è ancora a Madrid dove partecipa al Master in “Cinematografía Digital y Nuevos Medios” promosso dalla ECAM (“Escuela de la Cinematografía y del Audiovisual de la Comunidad de Madrid”) e dall’università “Ray Juan Carlos”.
A luglio si reca in Uganda, per via del fatto che il suo film A luglio ritorno è stato selezionato per un festival internazionale a Kampala organizzato dall’associazione GSItalia nell’ambito di iniziative lagare al progetto “Young and Active Citizenship” finanziato da EACEA.
Ad agosto girare un documentario di carattere sociale e culturale sulla vita nei campi e nelle cantine vinicole dal titolo “Scacciadiavoli”.
Nel dicembre del 2009 è a Taiwan; partecipa al Hweilan International Artists Workshop, dove collabora con un team internazionale alla realizzazione d’istallazioni d’arte contemporanea nelle quali cura la parte audiovisuale.
Decide di rimanere a Taiwan per un anno; venendo a contatto con le culture indigeno/austronesiane, gira alcuni documentari brevi come: Typhoon driftwood hunter – sul fenomeno del legname ricavato da alberi che la furia dei tifoni sradica e deposita lungo le coste del Pacifico, poi usato da artisti e artigiani indigeni; Ocean treasure – breve documentario biografico sull’artista indigena Labay Lin.
Durante quest’anno ha l’opportunità di conoscere l’estremo oriente (Cina, Giappone, isole Ryukyu, Singapore, Cambogia) e di girare molto materiale di repertorio. Inizia a scrivere Stileliberty, che verrà alla luce solo dopo più di 3 anni di lavoro, all’inizio del 2014.
Alla fine del 2010 torna in Italia e si dedica esclusivamente alla realizzazione di Stileliberty, nel quale, al materiale girato in Asia, integra nuovo materiale prodotto principalmente in Umbria. Attualmente è impegnato nella realizzazione di un documentario sulle culture indigene taiwanesi dal titolo Here we are, incentrato sulla condizione delle donne indigene taiwanesi della regione montuosa di Taroko, e in particolare sul recupero delle tradizionali tecniche di tessitura ora vicine alla scomparsa. Vive tra l’Umbria e Taiwan.

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