A riscaldare l’acqua dei pozzi privati a San Martino in Trignano non è una sostanza inquinante e la causa al momento rimane un mistero: è in breve questo l’esito, con i risultati delle prime analisi alla mano, dei campionamenti effettuati da Arpa e Ingv nella zona. Proprio per studiare meglio il fenomeno verrà ora avviata una fase di monitoraggio più estesa, ampliando l’area di riferimento ed il periodo temporale. È quanto è stato deciso questa mattina, durante l’incontro che si è tenuto nella sede della Protezione civile del Comune di Spoleto, a Santo Chiodo.
Tavolo di lavoro – Il summit, convocato proprio per fare il punto della situazione relativamente all’acqua calda scoperta nel pozzo di una abitazione nella zona di San Martino in Trignano, che ha portato il sindaco ad emettere una specifica ordinanza che vieta gli attingimenti nel raggio di 200 metri, ha reso possibile un primo confronto tra tutti i soggetti interessati che, a diverso titolo, stanno effettuando i monitoraggi ed i controlli necessari.
Le possibili cause – Varie le ipotesi sul tavolo. Si è parlato di quella dell’autocombustione della lignite, non esclusa nella giornata di ieri dall’Ingv, mentre nei giorni scorsi era stata ritenuta infondata dal responsabile del laboratorio di scienze della terra Bruno Mattioli. Sul tavolo c’era anche lo studio effettuato nel 2002 da Comune di Spoleto ed Università La Sapienza proprio relativo al sottosuolo dell’Alta Marroggia, anche se al momento quella ricerca non sarebbe stata approfondita. A fare il punto sulla storia del sottosuolo nella zona, comunque, sono stati i referenti della Regione Umbria. Ovviamente si è discusso anche della possibilità di un movimento tellurico, con l’Ingv che ha parlato di analogie e differenze con altre situazioni simili. Al momento, però, viene esclusa l’esistenza di pericoli per la popolazione.
L’esito delle analisi – Nel corso della riunione l’Arpa ha comunicato i risultati delle analisi effettuate sui prelievi del 7 dicembre scorso nel pozzo in cui era stata segnalata l’anomalia. Dai primi dati a disposizione (quelli definitivi saranno disponibili nei prossimi giorni) non risultano esserci elementi inquinanti alla base dell’aumento di temperatura dell’acqua, con i valori relativi alla concentrazione di metalli, PH e conducibilità elettrica nella norma.
I controlli odierni e le anomalie – I prelievi effettuati hanno fatto registrare una temperatura di circa 35 gradi, dato confermato questa mattina dai nuovi controlli effettuati nell’unico pozzo in cui si sono riscontrati valori più elevati. C’è però una anomalia. Il calore raggiunge un valore più alto ad una determinata quota, mentre al di sotto scende di qualche grado. Nei pozzi circostanti, invece, secondo quanto rilevato dall’Ingv, la temperatura risulterebbe essere di molto inferiore, intorno ai 15 gradi, un valore più alto rispetto alla media stagionale, ma comunque non così anomalo come quello del pozzo su cui si concentrano le attenzioni dei ricercatori.
La decisione – Dalla discussione di questa mattina, anche sulla base degli elementi forniti dalla dottoressa Fedora Quattrocchi dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), dal professor Carlo Cardellini del Dipartimento di fisica e geologia dell’Università di Perugia e dal dottor Luca Peruzzi dell’Arpa Umbria, è emersa quindi la necessità di definire un monitoraggio più esteso, sia in termini temporali che areali, proprio per poter avere un quadro preciso dell’area coinvolta dal fenomeno. Il coordinamento e l’individuazione dei soggetti incaricati di eseguire le attività di monitoraggio spetterà al Comune di Spoleto che, attraverso la Protezione civile, svolgerà anche compiti più strettamente operativi informando preventivamente, sia in occasione dei nuovi prelievi, sia attraverso altre azioni volte alla sensibilizzazione e alla conoscenza del territorio, la popolazione interessata.
I presenti al summit – All’incontro di oggi hanno partecipato il sindaco Fabrizio Cardarelli, il dirigente e la responsabile della Protezione Civile del Comune di Spoleto, rispettivamente Giuliano Maria Mastroforti e Stefania Fabiani, il geologo dell’ufficio ambiente Riccardo Cardinali, la dottoressa Fedora Quattrocchi dell’Ingv, Fabrizio Baglioni del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Perugia, il professor Carlo Cardellini e Giulio Beddini del Dipartimento di Fisica e Geologia dell’Università di Perugia, Luca Peruzzi, Nicola Morgantini e Marcello Magrini dell’Arpa Umbria, Sandro Costantini e Francesco Ponziani, rispettivamente responsabile e geologo del Servizio di Protezione Civile della Regione Umbria, Andrea Motti del Servizio Geologico e Sismico della Regione Umbria, il dottor Marco Facincani, responsabile del servizio Igiene e Sanità Pubblica dell’area Foligno – Spoleto – Valnerina della Asl 2, Alessandra Ronconi Protezione Civile/ANCI Umbria, Loredana Farneti e Stefano Di Marco del Comando Provinciale di Perugia del Corpo Forestale e Romano Menechini della Vus.