L'ex governatrice umbra sentita dal procuratore Cantone, che ha aperto un fascicolo (al momento senza indagati) dopo la ricostruzione del quotidiano La Verità
L’ex governatrice umbra Catiuscia Marini è stata sentita dal procuratore capo Raffaele Cantone, che sta indagando sull’ipotesi di pressioni indebite da parte di esponenti del Pd per farla dimettere dalla carica di presidente, dopo lo scandalo Concorsopoli, con la complicità di una talpa all’interno della stessa Procura perugina.
E’ lo scenario già configurato in estate dal quotidiano La Verità. Che nell’edizione di venerdì ha dato notizia del lungo colloquio che mercoledì scorso l’ex presidente ha avuto con Cantone, che l’ha convocata proprio a seguito dell’apertura di un fascicolo, al momento senza indagati, per l’ipotesi di minacce subite.
Un’ipotesi, quella della guerra tra correnti del Pd, che è entrata anche nel processo a Catiuscia Marini, nell’udienza in cui è stato sentito l’ex capo di gabinetto, Valentino Valentini, diventato uno degli assi in mano della pubblica accusa. Ma di cui la difesa dell’ex presidente ha voluto evidenziare il ruolo politico in quel momento, quale prossimo coordinatore della campagna di Zingaretti per le primarie. Una posizione che aveva portato Marini ad allontanarlo dal suo gabinetto.
Marini ha raccontato a Cantone quelle ore sofferte prima delle sue dimissioni da presidente della Regione Umbria. Quando, con amarezza, lamentò pubblicamente di non aver ricevuto dal partito un trattamento differente rispetto a casi simili in quanto donna. A Roma, Marini sarebbe stata spinta a dimettersi dall’allora segretario Zingaretti – dopo un confronto perugino con l’attuale tesoriere, e commissario del Pd umbro dopo le dimissioni di Bocci, Walter Verini – perché l’inchiesta sulla Concorsopoli umbra avrebbe avuto determinati sviluppi appresi da “fonti giudiziarie”.
Cantone vuole sapere se, al tempo, ci sia stata una fuga di notizie all’interno della Procura. E se quelle informazioni – ipotizzate, reali o spacciate per tali – attraverso minacce siano state usate per indurre Catiuscia Marini a dimettersi.
Sanitopoli, così Marini
è stata spinta a dimettersi
“Zingaretti non mi ha chiesto nulla” aveva detto in quella drammatica serata del 16 aprile del 2019 Catiuscia Marini, lasciando Palazzo Donini, ai cronisti che le chiedevano se fosse stato il segretario nazionale a pretendere le sue dimissioni. Un concetto che un’ora prima era stato espresso da Walter Verini, reggente del partito commissariato. Verini, all’indomani della Direzione del Pd regionale, si era recato a Roma per parlare proprio con il segretario nazionale. Che nel frattempo aveva usato parole inequivocabili: “La politica non può aspettare le sentenze“.
Ora, quelle ore concitate che hanno segnato la storia politica dell’Umbria, potrebbero essere riscritte, almeno parzialmente.