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25 Aprile a Spoleto, il discorso integrale del sindaco de Augustinis

Redazione

25 Aprile a Spoleto, il discorso integrale del sindaco de Augustinis

Il primo cittadino, "Dietro il 25 aprile c’è un popolo, c’è stata una popolazione che ha deciso di essere padrona del proprio destino, che ha deciso di guardare avanti"
Gio, 25/04/2019 - 15:13

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Buongiorno a tutti e buona festa della Liberazione.

Quest’anno ricorre anche una particolare circostanza che dovrebbe indurci a riflettere sul valore della festa della Liberazione. Questa particolare circostanza è che a maggio, faranno esattamente 70 anni dall’istituzione della festa stessa. A me piace ricordare questo fatto, piace ricordare che per 70 anni abbiamo festeggiato regolarmente il 25 aprile perché evidentemente ha avuto ed ha una sua forza che è collegata, come ha detto il Presidente della Repubblica a una forma di nuovo Risorgimento. Un Risorgimento completamente diverso dal precedente, che ha caratterizzato tutto l’iter storico che si è svolto dopo il 1945. è stato un iter ricco di fatti nuovi, oserei dire anche di fatti che hanno arricchito fortemente la cultura e, soprattutto, lo sviluppo di questo Paese su un piano che, fino a quel momento, era relativamente conosciuto e meno sviluppato, ossia quello dei diritti, del rispetto delle persone.

È dal 25 aprile 1945 che inizia un percorso, all’inizio sicuramente tumultuoso, piuttosto forte e anche violento, da cui partono grandi conquiste. La prima di queste conquiste, che deriva da quel 25 aprile, è la nostra Costituzione, che rappresenta una svolta, perché al proprio interno riconosce alcuni diritti che nel passato  non erano stati presi in considerazione. Soprattutto riconosce una cosa importantissima, ossia l’esistenza e l’importanza di un regime democratico, un regime nel quale quelli che guidano il Paese sono le persone più valide, che riescono ad esprimere un indirizzo che sia, da una parte, il più possibile rispettoso di tutti e, dall’altra, miri realmente al progresso di tutti, sulla base del riconoscimento dei diritti, della cultura e dell’istruzione.

Un sistema che integra le Forze Armate nell’assetto democratico del Paese; un sistema che integra una serie di garanzie e che costituisce, esso stesso, una base integrativa, di tanti ulteriori sviluppi che ci sono stati anni dopo. Uno di questi è il riconoscimento dei diritti umani; sappiamo che, dopo il 1945-46 è nata una situazione piuttosto estesa, di carattere internazionale, che riguardava il riconoscimento dei diritti umani. Sappiamo che pochi anni fa abbiamo festeggiato la Carta dei diritti umani, la Convenzione dei diritti umani. Ci sono state cioè anche le premesse, in quel 25 aprile 1945, di tutto uno sviluppo europeistico, che è partito prima dal riconoscimento di quei diritti e dalla negazione di aspetti che oggi riteniamo assolutamente abberranti, mi riferisco alle leggi razziali del 1938 e che hanno poi riconosciuto, pezzo dopo pezzo, i diritti di ciascuno e hanno portato anche ad una valutazione , ormai accettata da tutti, della individualità dei diritti di ciascuno, della dignità di ciascuno e, soprattutto, della possibilità per ognuno di esprimersi e dare il meglio di se stesso in un contesto sociale pianificato e corretto.

Tutto questo è nato dopo 25 aprile 1945, ecco perché credo che il Presidente della Repubblica, quando parla di nuovo Risorgimento, iniziato con il 25 aprile 1945, non è molto lontano dalla verità. In realtà si è voltata pagina e si è iniziato un nuovo percorso.

Mi rendo conto che poi ci sono state tante pulsioni, che sono venute dall’esterno, soprattutto di carattere internazionale, che hanno determinato anche una svolta diversa, i centri di potere si sono anche trasferiti in buona parte fuori dall’Italia, ma sicuramente all’Italia è stata riconosciuta quella dignità a cui riteneva di poter aspirare e che oggi ci consente di essere addirittura un punto di riferimento per tanti altri paesi che guardano all’Italia come a una specie di Paradiso. Tale non è, ma sicuramente costituisce un posto in cui i diritti a tutt’oggi vengono riconosciuti e, su questo, permettetemi di essere particolarmente contento nel dirlo. Questo 25 aprile deve essere anche una giornata nella quale in cui tutti si sentono riconosciuti, sentono anche riconosciute le loro legittime aspirazioni. Deve essere una giornata nella quale si deve ricordare che il primo a ordinarne il festeggiamento, cosa stranissima oggi a ricordarlo qui, è stato addirittura l’ultimo re d’Italia, cioè Umberto II, che ha istituito il 22 aprile 1945 la festa del 25 aprile che, come dicevo prima, farà 70 anni con una legge vera e propria a maggio di quest’anno.

Questo per dire chiaramente che dietro il 25 aprile c’è un popolo, c’è stata una popolazione che ha deciso di essere padrona del proprio destino, che ha deciso di guardare avanti, che ha deciso di andare ad agganciarsi ad una serie di rivendicazioni; soprattutto ha deciso anche di cancellare tutto quello che poteva essere divisivo, a favore di una cultura che sia il più possibile integrata di tutte le varie componenti, di tutte le varie culture, di tutte le varie spinte. Mi permetto anche di aggiungere, di tutte le varie ideologie che hanno caratterizzato un periodo storico lungo, ma che costituiscono esse stesse il nostro futuro.

Io ci credo a questo futuro, cerco di guardarlo sempre con ottimismo, che ci sia l’Europa o non ci sia, che ci possa essere un certo numero di componenti dell’Unione Europea, che osano essere meno di quelli che sono oggi è un fatto assolutamente transitorio. Io quello che voglio sottolineare però qui, è dire una volta per tutte è che in ogni caso l’Italia ci deve essere e noi a quell’Italia che rispetta certi valori, che sono quelli costituzionali, che crede in quei valori e cerca di applicarli con gli strumenti che sono quelli della legalità, del rispetto reciproco, sono quelli anche della profonda fiducia in se stessi, cosa che si va perdendo un po’ con gli anni, soprattutto per qualche fatto collegato alla crisi economica che ha colpito non solo l’Italia, ma purtroppo addirittura tutto il pianeta, ci credo e intendo continuare a crederci e vorrei tanto che i miei figli e i miei nipoti ci credessero anch’essi e che ci credesse anche ciascuno cittadino di questa città che ha un passato glorioso. Ognuno si deve rimboccare le maniche, perché dal 25 aprile è nato un percorso che non è ancora finito e deve andare ancora molto lontano. Un percorso che deve essere quello, come dicevo, di sentirsi parte di questo Risorgimento, che deve esserci soprattutto nelle coscienze, deve essere nella volontà di credere di essere cittadini di questa città, di questo Paese, con la volontà di collaborare tutti per il benessere di tutti. È il momento per guardare positivamente avanti e cercare di trovare delle sinergie nelle capacità di ciascuno, idi assicurare a tutti quanti voi, qui ci sono molti bambini, un futuro così come la Carta Costituzionale ha detto, così come l’Italia del dopo 25 aprile in ogni caso dava per presupposto.

Noi dobbiamo crederci in questo, dobbiamo assolutamente crederci perché diversamente, un popolo che non ha fiducia in se stesso e pensa a logiche divisive, piuttosto che a logiche di sinergia, vi dico tranquillamente che non va da nessuna parte. Prima o poi finisce con il soccombere alla Storia, la lezione della Storia ce lo insegna; mentre invece un popolo unito, un popolo che ha dei fini comuni e crede in se stesso è un popolo che ha un futuro, scrive esso stesso giorno per giorno il suo futuro.

Ecco perché, oggi, credo che sia una bella Festa ed è per questo che voglio concludere con un invito a tutti a darsi da fare per il benessere di tutti. Viva Spoleto e viva l’Italia.

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