Perugia 1416, la città divisa | Chi sfila si compra l'abito - Tuttoggi.info

Perugia 1416, la città divisa | Chi sfila si compra l’abito

Cristiana Mapelli

Perugia 1416, la città divisa | Chi sfila si compra l’abito

Per partecipare bisogna compilare una scheda di adesione | Il costo degli abiti si aggira intorno ai 600 euro, noleggi a 30 – 40 euro per due giorni
Sab, 05/03/2016 - 17:49

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Porta Eburnea, Sant’Angelo, Santa Susanna, San Pietro e Porta Sole. Cinque rioni, ognuno con una storia da raccontare. Tra favorevoli e contrari, prende forma il progetto di Perugia 1416. L’idea è quella di mettere sotto le luci dei riflettori, le tradizioni, i colori e la vera essenza di un popolo, quello perugino, in un’epoca storica affascinante come il Quattrocento. Ma la città sulla questione è divisa e ad appuntamenti in cui il Comune presenta l’iniziativa alla città si alternano dibattiti di coloro che sono contrari alla manifestazione storica.

Per partecipare alla rievocazione storica bisogna compilare una scheda di adesione, specificando un’area di interesse: costumi o corteo e animazione, esposizioni di artigianato e mercati, la parte della ristorazione e turismo, infine, il lavoro nei rionali. Le sfilate saranno quindi così organizzate: la rappresentanza frontale del rione in cui figureranno i nobili, armigeri, priore con la dama e a seguire, dietro, i borghesi e i popolani. Il tutto gestito e organizzato dalle associazioni rionali che al momento sono quasi tutte in via di costituzione.

Per sfilare, come ci viene spiegato dai referenti dell’evento, bisogna noleggiare o acquistare un abito storico. “Per quanto riguarda le donne, ad esempio, ci si può vestire da popolana, da borghese o da nobile. I prezzi sono ovviamente diversi a seconda delle rifiniture, ma c’è anche la possibilità di noleggiare gli abiti da popolano per i due giorni (11 e 12 giugno) a cifre modiche, anche intorno ai 30 – 40 euro”. Un prezzo accettabile, ma se si vuole vestire un abito fatto su misura, i prezzi inevitabilmente salgono anche oltre i 600 euro. Vien da pensare dunque che un cittadino con uno stipendio base, quindi, non potrà che sfilare tra i popolani, mentre chi se lo potrà permettere, vestirà abiti nobili. Non c’è quindi una partecipazione trasversale aperta a tutte le possibilità della cittadinanza, ma più lo sfoggiare delle capacità economiche durante una sfilata di colori. Per capirci, una bella studentessa nel Folignate può ambire a vestire i panni di una nobile anche senza sborsare 500 euro. Non a Perugia dove, se nel 2016 sei una commessa con poche disponibilità, nel ‘Quattrocento’ sfilerai da popolana. Come a dire che Perugia 1416 non è democratica.

Pensiamo ai modelli in fatto di rievocazioni storiche di cui l’Umbria può farsi vanto: la Quintana a Foligno, le Gaite a Bevagna, i Giochi de le porte, solo per citarne alcuni: appuntamenti fissi nei calendari popolari che nascondono però un gran lavoro portato avanti tutto l’anno da persone che, insieme, creano qualcosa di importante. Il senso di una rievocazione storica è quindi quello di aprire una riflessione sulla propria identità storica e popolare che e va ben oltre alla sfilata fine a se stessa. Momenti di aggregazione sociale, il tramandarsi storie e tradizioni, innalzare la cultura di un popolo: una rievocazione storica è tutto questo e molto di più.

Ci troviamo quindi di fronte a due modelli di rievocazione storica ben diversi. Da una parte un meccanismo che ha all’apice un ente organizzatore che si fa forza del lavoro delle associazioni del territori, in grado di mettere in gioco tutta una serie di attività a sostegno dell’evento. Dall’altra, come in Perugia 1416, abbiamo invece un’associazione creata con delibera del Comune e che, non trovando il necessario consenso dalle realtà che vivono il territorio, fa spuntare come funghi nuovi ordini nei rioni della città per metterli al lavoro.

La città ad oggi si trova spaccata tra due fazioni, i favorevoli e i contrari. Uno dei soci fondatori dell’associazione Perugia 1416 spiega come il progetto per le rievocazioni storiche sarebbe già stato avviato nel 2010, ma che soltanto ora, la nuova Amministrazione avrebbe deciso di farlo partire. “Sono due anni che lavoro giorno e notte sui regolamenti – spiega – , perché sono contento che per la prima volta in 200 anni Perugia abbia il suo momento in piazza”. A dare un assaggio di quello che sarà Perugia 1416, giovedì alla Sala dei Notari, sono stati chiamati alcuni figuranti da Gualdo Tadino dei Giochi delle Porte che, con un minimo rimborso spese a carico dell’associazione, hanno sfilato e posato per foto con alle spalle la fontana Maggiore. Uno dei soci ha inoltre spiegato che “volendo c’è anche la possibilità di utilizzare gli abiti già pronti presi in prestito da altre rievocazioni storiche umbre”. Eppure, alla base della mission dell’assessore alla Cultura c’è la valorizzazione storica, culturale di un popolo, quello perugino. Per mettere in scena la storia di una città ci vuole tempo, andando a prendere in prestito, per la fretta, gli abiti di rievocazioni altrui non si rischia in questo modo di perdere, più che rafforzare, l’appartenenza ad una identità ben precisa?

Ammesso che qualcuno decida di investire una somma più o meno considerevole per l’acquisto del vestito quattrocentesco, quante altre volte potrà riutilizzare l’abito per sfilare per Perugia 1416? Lo Statuto spiega come per i prossimi 5 anni sarà il direttivo a decidere e, anche in caso di un’Amministrazione contraria alla rievocazione e che tagli i fondi necessari, l’associazione potrà comunque andare avanti con i soldi accumulati (parte del milione di euro provenienti dalla voce di Perugia Capitale?) o con gli aiuti di sponsor.

L’associazione. A fine gennaio, con una delibera, la Giunta Romizi ha costituito l’associazione “Perugia1416 – passaggio tra medioevo e rinascimento”, ente di cui il Comune è socio fondatore e che ha finanziato subito con 500 euro per le spese di costituzione. A muovere i fili dell’associazione, un consiglio direttivo che, come specificato nello statuto, ha poteri quasi illimitati, tra cui le nomine dei dipendenti e gli impiegati, nonché le rispettive retribuzioni. Tutto questo senza bandi, concorsi o selezioni pubbliche. Come stabilito, gli amministratori non percepiranno una retribuzione, ma potranno usufruire di un rimborso delle spese sostenute. Sulla carta l’obiettivo è quello “rinvigorire il senso di appartenenza dei cittadini”, ma da come si legge nella delibera, di fatto solo alcuni sono investiti dei poteri decisionali.

Per entrare a far parte dell’associazione, i cittadini che ne faranno richiesta dovranno avere il placet di 3 soci: due fondatori e con l’approvazione del direttivo. Secondo le “richieste pervenute da parte di alcuni cittadini di farsi parte attiva nel processo di realizzazione e organizzazione della rievocazione storica ‘Perugia 1416’ anche attraverso la costituzione di un’associazione di scopo che li veda quali soci fondatori”. Tra i soci, probabilmente ci sarebbero il consigliere comunale Franco Nucciarelli, presente nella lista alle precedenti elezioni con l’attuale vice sindaco Urbano Barelli per ‘Perugia Rinasce’, il suo assistente Fabrizio Mosci, Andrea Davide Orsini, candidato nella lista ‘Progetto Perugia’, Michele Antonioni, Francesco Forlin, Giovanni Pedercini e Antonio Chimisso.

I contrari. Chi è a favore e chi è contrario, la città sembra da mesi essere spaccata in due metà. Venerdì, nella sala Brugnoli di Palazzo Cesaroni, sede del consiglio regionale, si è svolto un dibattito aperto alla cittadinanza sulla figura di Braccio Fortebracci. Tra gli interventi, quello del professore di Storia economica dell’Ateneo di Perugia Alberto Grohmann che in merito a Perugia 1416 ha detto “Festeggiare Braccio? Come se l’Italia decidesse che il suo giorno di festa è quello di Caporetto”. Ad organizzare l’incontro contro la rievocazione storica, l’associazione “La città di tutti” che da anni si occupa dei problemi del centro storico.


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