Bps, 50 sfumature di 'sgambetto', l’inchiesta romana, le intercettazioni | Ugolini voleva 65mila euro da Tuttoggi - Tuttoggi.info

Bps, 50 sfumature di ‘sgambetto’, l’inchiesta romana, le intercettazioni | Ugolini voleva 65mila euro da Tuttoggi

Carlo Ceraso

Bps, 50 sfumature di ‘sgambetto’, l’inchiesta romana, le intercettazioni | Ugolini voleva 65mila euro da Tuttoggi

Vertice tra Procure: interrogato Ugolini | La richiesta di confronto con Presidente Mattarella | La conferenza ‘gasata’: AspoCredit, chi rappresenta? Ecco i numeri | Scs, ritirata causa per Assemblea soci
Ven, 18/12/2015 - 16:03

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Termina l’inchiesta giornalistica di Tuttoggi sulle recenti vicende che, oltre a svelare il presunto tentativo di sgambetto nei confronti del Governatore della Banca d’Italia Visco da parte di 95 spoletini soci della Scs e vicini alla AspoCredit, ha messo in luce le inchieste che riguardano la Nit, società cinese che tentò la scalata della Banca Popolare ricorrendo, a quanto visto, anche ad assegni falsi.

Prima parte, Governatore Visco ultima ‘vittima’ degli sgambetti, ora tremano in 100

Seconda parte, gli spoletini a rischio guai | Milioni e miliardi di balle


La tentata scalata Mps e l’inchiesta

Ma ad accendere i riflettori sulle strane manovre della società cinese Nit e sui suoi intermediari in Italia è una inchiesta avviata dal Procuratore aggiunto di Roma Nello Rossi e dal pm Stefano Pesci (lo stesso che firmò l’arresto per Antonini in merito alla presunta corruzione del giudice del Tar De Bernardi che, stando alle accuse, avrebbe dovuto sistemare il ricorso contro il commissariamento di Bps e Scs) all’indomani della notizia secondo cui la Nit Holding annunciò di essere pronta a versare 10 miliardi di euro per rilevare nientepopodimenoche Rocca Salimbeni, Monte Paschi Siena.

Indubbiamente alla Nit devono averci preso gusto a spararle grosse, così, miliardo in più, miliardo in meno, per loro tutto è acquistabile. Strano che non abbiano ancora lanciato un’offerta per la Fontana di Trevi, sulle orme del Cavalier Ufficiale Antonio Trevi, in arte Totò. La notizia comunque, siamo ad ottobre 2014, rimbalza con enfasi sulla maggior parte di quotidiani e agenzie (anche in questo caso non su queste colonne, come pure de La Stampa e del Sole 24 Ore), innescando però la segnalazione della Consob e l’avvio delle indagini della Polizia Valutaria della Guardia di Finanza, il Reparto di punta delle fiamme gialle che ha svolto le indagini sulla Bps. Dunque la svolta nelle indagini dei magistrati inquirenti del Procuratore Pignatone arriva quasi due mesi fa, il 29 ottobre per la precisione, quando i finanzieri perquisiscono gli uffici della Nit e le abitazioni del managing director Perry Nolan Hammer (quello che minacciò di querela Tuttoggi), il suo country manager Rodolfo Varano e il manager Fabio Polidori. A Spoleto nessuno sa nulla dell’avvio e degli sviluppi di questa indagine, con ogni probabilità neanche la stessa Procura umbra è stata informata.

Le indagini degli inquirenti romani, partite sull’ipotesi di aggiotaggio, si arricchiscono di un ulteriore, clamoroso filone: i finanzieri, infatti, e questa è l’ultima novità, intercettando alcune utenze telefoniche, avrebbero scoperto il ‘disegno’ di Varano e Ugolini finalizzato a denunciare la Banca d’Italia. Probabilmente è loro l’idea di quella denuncia che, quale atto dovuto, porterà nel registro degli indagati il governatore Visco e i commissari di Bankit. E’ la conferma dello sgambetto, più simile a una rappresaglia di tipo militare. C’è altro. Per i giudici della Capitale l’offerta per Monte dei Paschi sarebbe di natura fraudolenta sia per l’indisponibilità della “iperbolica somma indicata nel comunicato (10 miliardi, n.d.r.) sia per aver indicato un conto corrente con numerazione non compatibile con le stringhe adottate dall’interbancario. A leggere le carte sembra di rivivere, a Milano, quanto successo pochi mesi prima a Spoleto.


Vertice a Roma 

Nei giorni scorsi, stando a fonti romane, il Procuratore capo di Spoleto Cannevale si sarebbe incontrato con i colleghi Rossi e Pesci per un punto sulla situazione delle varie inchieste. Intanto, ambienti vicini alla Aspocredit, riferiscono che Carlo Ugolini sarebbe già stato interrogato dai magistrati romani. Non è dato sapere se l’inchiesta coinvolge altre persone, di sicuro non si escludono ulteriori, clamorosi colpi di scena.


La conferenza ‘gasata’

Vale così rileggere quanto avvenuto nella conferenza stampa che Ugolini aveva convocato con incredibile sincronismo il 22 ottobre scorso, guarda caso il giorno dopo il lancio su Il Fatto Quotidiano dell’indagine che coinvolge Ignazio Visco. Per l’occasione l’Aspocredit ottiene dalla Provincia di Perugia (?) addirittura la Sala intitolata a “Giovanni Falcone e Paolo Borsellino”. Da farli rigirare nella tomba. Alcune frasi dei protagonisti di quella giornata farebbero ridere, per non piangere.

Ritengo necessario alla luce delle notizie uscite ieri, fare un plauso alla Procura di Spoleto che pur nella scarsità dei mezzi sta svolgendo un lavoro ottimo. Non tanto per la notorietà degli indagati ma perché con questa indagine ha riacceso un faro su Scs e Bps, dando speranza a quei soci che sono cuore e anima di questa banca esordì Ugolini. Chissà se lo stesso ‘plauso’ vale anche per le inchieste che lo coinvolgono sia a Spoleto, sia a Roma.

Così a latere Giovannino Antonini, il presidente cui si lega la debacle della Popolare e della Scs: “hanno distrutto una banca fondata 120 anni fa, facendone di tutti i colori, ora sta venendo fuori quel grande complotto di cui io parlo da tempo”. Non di meno l’avvocato Angeletti, ancora a quella data accanito sostenitore della bontà della società Nit: “Qualcuno ci dovrà spiegare perché non è stata valutata (l’offerta della Nit Holding, n.d.r.) visto che è stata rigettata lo stesso giorno in cui è stata presentata”.

O l’avvocato Puma: “E’ stata fatta confusione apposita su questa questione tra Nit Holding di Hong Kong… e la Nit Italia che è indagata per reati minimi…sono due società diverse, con due sedi diverse, con due legali rappresentanti diversi. Hanno in comune solo un pezzo di nome”. E meno male. Ma non è tutto.

Quattro giorni dopo, Ugolini, che deve aver mal digerito l’intervento del Presidente della Repubblica in difesa di Banca d’Italia e del suo Governatore Visco, prende carta e penna e scrive al Quirinale quasi a dimostrare di saperne na ‘nticchia di più, come si dice nella vallata spoletana. E per fugare ogni eventuale dubbio del Capo dello Stato dice che gradirebbe insieme al suo direttivo ASpoCredit di “essere ricevuti anche al fine di un contraddittorio rispetto a quanto asserito dalla Banca d’Italia che” nella vicenda della Spoleto “riteniamo abbia adottato un comportamento quanto meno superficiale ed illogico”. Tiè! E mò vediamo se Mattarella avrà l’ardire di tenere chiuse le porte del Quirinale al ‘collega presidente’ spoletino. I

l tapino, Ugolini, non sa ancora che è da mesi sotto controllo della Valutaria della Finanza: lo scoprirà nelle ore successive alla lettera anche questa diramata urbi et orbi, e forse è per questo che nelle ultime settimane si sono perse le sue tracce.


Lo ‘sgambetto’ alla Scs

Sarà che a Spoleto il clima si è improvvisamente surriscaldato, specie dopo la notizia dell’inchiesta di Roma, sarà che gli antoniniani hanno compreso di aver passato il segno, fatto è che quelli che avevano presentato il ricorso avverso l’assemblea dei soci Scs che l’11 ottobre 2014 aveva portato alla (stavolta legittima) elezione del nuovo Cda presieduto dall’avvocato Massimo Marcucci, ci hanno ripensato.

Difesi dall’avvocato Gaetano Puma, in 29 si erano costituiti in giudizio accusando un presunto difetto circa il numero dei votanti e la presunta incompatibilità di 2 amministratori: peccato abbiano sbagliato ‘porta’ dal momento che la sede competente non era il Tribunale di Spoleto, dove avevano iscritto la causa civile, ma il Tribunale delle Imprese di Perugia, come rilevato in prima udienza dal giudice Marzullo che ha rigettato la causa. Il magistrato è entrato anche nel merito del ricorso scrivendo che “non poche perplessità” solleva la ricostruzione dei ricorrenti in termini di invalidità-caducante circa gli effetti dell’annullamento del commissariamento derivanti dalla sentenza del Consiglio di Stato.

In 13 decisero di ripresentare la causa davanti al Tribunale per le imprese di Perugia, assistiti da Puma, dall’avvocato Riziero Angeletti (il legale che ha autenticato le firme dei 95 che hanno denunciato Visco e i commissari) e dal collega Cristian Baiocco; udienza fissata per il prossimo 13 febbraio 2016. Che però non si terrà. Perché nei giorni scorsi i tre legali hanno comunicato ufficialmente alla cancelleria perugina l’intenzione dei loro assistiti di rinunciare alla causa. Con buona pace per il malcapitato presidente Scs Marcucci, che si prepara a chiedere anche in questo caso i danni a chi ha avviato le azioni civili.


Chi parla per i Soci Scs? 

C’è anche un aspetto, tutt’altro che ininfluente, che riguarda il modo di presentarsi dei referenti dell’Aspocredit i quali, a sentirli parlare, si muoverebbero “in nome e per conto” di buona parte dei 21mila soci. In realtà della Associazione farebbero parte poco meno di 200 soci della cooperativa e solo 95 di questi, come visto, hanno condiviso la denuncia contro Banca d’Italia. Una situazione che sta facendo saltare i nervi anche al pacifico cda Scs, unico organismo titolato a parlare per l’intera comunità societaria. Interessante poi vedere la ‘composizione’ dei soci, che Tuttoggi può svelare.

Dunque ben 14.513 di loro detiene il pacchetto minimo fino a 40 azioni (1.800 euro ca., all’ultimo valore pre-commissariamento), 3.305 quelli che ne posseggono fino a 100 (fino a 5.400€), 1.872 da 101 a 200 azioni (10.800€ ca.), 889 fino a 400 azioni, 169 soci tra 500 e 700 azioni, 176 soci fino a 1.500, mentre sono solo 86 gli azionisti il cui investimento supera la soglia di 1.500 titoli (oltre 80mila euro). E’ importante sottolineare come la fascia fino a 100 azioni (17.818, in pratica l’85% dei soci) sia sostanzialmente composta da quanti erano ‘spintaneamente’ convinti a sottoscrivere i pacchetti minimi per poter così accedere ai prestiti che la allora controllata Bps concedeva a tassi agevolati riservati ai soci della controllante Scs. E’ grazie a simili operazioni, come pure al potere di assunzione di personale e al controllo di quello dipendente che si è sempre basato il potere dei cda delle Popolari italiane. Dove il voto dei soci è per tutti uguale, al di là che si possieda il pacchetto azionario minimo o quello massimo. Una norma spacciata sempre come elemento di grande democrazia, ma che di fatto assicurava la permanenza al potere di chi già lo deteneva.


Ultimo sgambetto? 

Dunque a Spoleto e dintorni solo chi non voleva vedere, non poteva credere alla serie infinita di colpi bassi che si sono registrati nel tempo. Quelli riportati in questa inchiesta giornalistica appartengono solo all’ultimo anno. Nel nostro archivio storico se ne troveranno almeno il doppio, tra quelli raccontati nel seguire le vicende della Spoleto. Verrebbe quasi da dire che neanche l’ultimo sgambetto a Bankitalia è stato una novità, visto che chiunque abbia provato a fare la propria parte è finito sull’onda di quel ‘venticello’, quella ‘auretta assai gentile’ che è poi la calunnia.

Ne sanno qualcosa anche queste colonne, da anni attaccate da ex amministratori Bps e Scs, da certa politica, da accondiscendenti avvocati e pure da facinorosi body guard. Lo abbiamo denunciato nel tempo, anche nelle sedi competenti, ma finora senza grandi risultati. L’ultima, che avevamo tralasciato per pura pietas, risale a questa estate quando il dinamicissimo Ugolini, assistito dall’avvocato Puma, ci ha notificato l’avvio di una azione civile tesa ad ottenere 65mila euro di danni essendosi sentito diffamato da questo articolo che vale la pena riproporre visto che anche le più recenti cronache sembrano offuscare la sua immagine di paladino di non si sa bene quali principi di giustizia.

L’udienza era stata fissata per il 30 ottobre scorso ma, all’atto pratico, il legale non l’ha iscritta a ruolo. Ecco. Se a queste aggiungiamo le minacce ricevute da più parti, anche fisiche, le querele per diffamazione da parte dell’ex dominus (finora puntualmente archiviate, d’ufficio dal pm o innanzi al Gup perché il fatto non sussisteva), si intravede abbastanza delineato il disegno di sfiancare, moralmente ed economicamente, chi non è disposto a piegarsi al volere del potente di turno.

Sarà dunque davvero questo di Ugolini l’ultimo tentativo di sgambetto? Faremo sicuramente peccato, ma qualcosa ci dice che non sarà così.

© Riproduzione riservata

Nella foto il tavolo della conferenza stampa Aspocredit del 22 ottobre 2015

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