La direttiva n.10 del 2010 a firma del Ministro Brunetta stabilisce che a partire dal 2011 le pubbliche amministrazioni debbono svolgere prioritariamente l'attività di formazione del proprio personale tramite la SSPA o tramite propri organismi di formazione. In Umbria l'amministrazione regionale con propria legge del 2008 ha costituito la Scuola Umbra di Amministrazione Pubblica, ente di formazione per i pubblici dipendenti che risponde totalmente agli indirizzi del Ministro Brunetta.

Attualmente la Scuola è presieduta dal Presidente della Giunta Regionale dell'Umbria Catiuscia Marini mentre la gestione è affidata all'Amministratore Unico Alberto Naticchioni.

Ad un anno di distanza dalla nascita del Consorzio, Alberto Naticchioni vuole condividere alcune riflessioni su una nuova visione della formazione nell'ambito della PA, tracciando quelle che, secondo lui, sono le linee guida di una formazione che genera cambiamento.

Contesto

– Tenendo conto dei tagli del 50% operati dalla legge 122/2010 – afferma Naticchioni – è necessario qualificare gli interventi formativi e renderli un vero e proprio investimento.

Il contesto nel quale operano gli enti è sempre più irto di difficoltà tanto da sembrare quasi paradossale: bisogna dare di più, come servizi e qualità delle prestazioni, avendo sempre meno risorse e supporto di promozione sociale (tacciare le persone di fannullismo non fa sicuramente bene).

A questo si aggiunga la congiuntura generata dalla grave crisi economica della fine 2008 che impone agli enti di essere molto efficaci nelle prestazioni verso l'esterno (velocità di azione, accessibilità, semplicità di fruizione) e di recuperare più elevati livelli di efficienza per destinare le risorse alle azioni prioritarie.

Di fronte alla crisi economica abbiamo assistito alla corsa verso il settore pubblico per chiedere aiuto e supporti; e questo è anche positivo!

Il tutto caratterizza gli enti per un sempre maggiore ruolo di regolatore, di animatore dello sviluppo, di integratore di risorse, di generatore di opportunità; gli enti sono chiamati ad una nuova stagione dopo quella più tranquilla che li ha visti prima “agenzie territoriali dello Stato” impegnati sui servizi di natura più istituzionale e quella degli anni ottanta-novanta che li ha visti trasformarsi in vere e proprie agenzie di servizi (nel campo del sociale, della cultura, dello sport, ecc….).

Ora l'attenzione si “rifocalizza” sui risultati e sulla capacità degli enti di generare valore per la comunità, comunità che vivono sempre più in una situazione di competitività con altre comunità.

Il ciclo sopra descritto, che coinvolge i vertici politici e amministrativi, diventa centrale nel nuovo contesto, pertanto l'affinamento e il completamento diventa investimento ad alto ritorno e fornisce risposte a tutti gli attori: gli amministratori che possono vedere tradotte in risultati le loro politiche, i dirigenti che possono avere strumenti di gestione coerenti con il livello di responsabilità che viene loro affidato ed il personale che vede con maggior chiarezza la finalizzazione degli sforzi profusi.

Ma questi percorsi necessitano di nuovi modelli organizzativi, di nuovi atteggiamenti mentali, di nuove competenze, di nuove relazioni e sollecitazioni –

Il ruolo della formazione

– In questo continuo cambiamento – prosegue Naticchioni – il ruolo della formazione è trainante veramente (e non per slogan) anche se nei dibattiti e convegni tutti condividono e le scelte che vediamo vanno in direzione completamente opposta: i primi tagli infatti riguardano l'acquisito delle penne biro e la formazione.

Ma tutti i colleghi che lavorano nella formazione non mollano e fanno di necessità virtù per compiere fino in fondo il loro ruolo di “agenti del cambiamento”.

Alla formazione si chiede di alzare l'asticella, di pensare in grande, di sedersi ai tavoli decisionali in quanto agisce in profondità sugli atteggiamenti mentali; ad essa si chiede molto, si chiede di:

• – contribuire a tracciare la rotta da seguire

• – buttare i semi del cambiamento

• – creare le condizioni per lo sviluppo

• – sostenere il cambiamento

• – guardare sempre oltre

• – far capire che “si può fare”.

Quale formazione

– Naturalmente – afferma Naticchioni – abbiamo bisogno di Formazione alta, con la “F” maiuscola; penso che alla formazione oggi occorra chiedere qualcosa di diverso che provo a sintetizzare in quattro punti, per me fondamentali:

1. Trainare e sostenere il cambiamento (innovare)

La formazione non può arrivare dopo a consolidare modelli e scelte già riproposte; essa deve guardare avanti (la vedetta), trainare (il rimorchiatore), individuare nuovi modelli organizzativi e gestionali (il nostromo), sollecitare il management ed i decisori politici sulle nuove frontiere (il capovoga). Questo richiede capacità di guardare avanti, di non seguire a ruota, di fare partnership intelligenti.

1. Passare dalla formazione all'apprendimento

Alla formazione è richiesto di generare apprendimento più che non fare attività di formazione (anche se condita con bei termini e modelli suggestivi) e questo richiede di ripensare anche alle formule con le quali si realizza la formazione stessa.

Per gli adulti soprattutto si chiede di portare le persone in situazione lavorativa, di stare sul campo, di fare in modo che l'aula sia l'ufficio (e questo è ancor più importante per la formazione manageriale).

Così pure occorrono nuove tecniche come la consulenza d'aula e la ricerca d'aula, ma soprattutto occorrono “formatori realizzatori” con tanto di esperienza ed in grado di guidare le realizzazioni e le modellizzazioni.

I formatori non possono limitarsi a leggere slides scopiazzate qua e là e non possono essere scelti sulla base del prezzo più basso, per dirla chiara, meglio fare qualche intervento in meno ma fatti come si deve.

1. Agire a 360 gradi su tutte le dimensioni personali

Pensare una formazione che sia in grado di abbracciare tutte le variabili della personalità ed in particolare quelle:

• cognitive, ciò che so e quel che penso,

• esperienziali, ciò che so fare,

• emotive, ciò che sento e perché,

• motivazionali, ciò che ha senso per me.

1. La formazione come processo

Affinché un programma di formazione non si limiti ad un intervento che rimane confinato nell'aula, è fondamentale riuscire a sviluppare cambiamenti coerenti con i bisogni dell'organizzazione, attraverso l'apprendimento di competenze che la formazione aiuta a migliorare ed applicare.

Il processo a cui penso si sviluppa nelle fasi dell'analisi dei bisogni, nella progettazione, nella realizzazione, nella valutazione (di apprendimento, dei risultati generati, nella qualità, nel ritorno dell'investimento) ed ogni fase apporta un suo valore aggiunto al risultato complessivo che è l'apprendimento.

Sulla fase della realizzazione un cenno lo voglio fare sull'e-learnig, il quale è strumento di apprendimento e non fine della formazione. Ebbene per alcuni ambiti va bene: l'informazione, la comunicazione, la diffusione di conoscenza, l'addestramento, l'autoformazione, soprattutto per l'impiego di tecniche e strumenti, per altri ambiti no, penso ad esempio la formazione alle abilità comportamentali (il saper essere) e la formazione manageriale dove le persone devono essere portate in situazione lavorativa.

Ultimo cenno lo voglio fare sulla valutazione della formazione in merito alla quale molto è stato detto e poco ancora veramente fatto.

Un buon sistema di valutazione deve rispondere a queste 5 domande base:

• – quale è il livello di adesione all'iniziativa? (gradimento)

• – quale è il livello di soddisfazione dei partecipanti? (qualità percepita)

• – quale il livello di apprendimento realizzato? (miglioramento delle competenze)

• – quali cambiamenti sono stati prodotti nella gestione? Quali risultati si sono ottenuti? (impatto)

• – quale è stato il ritorno dell'investimento?

Vogliamo cimentarci sulla valutazione del ritorno di investimento, difficile vero, ma dobbiamo procedere su questa strada per dimostrare che il nostro prodotto non è una spesa ma un investimento e un investimento ad alto ritorno .

Se riusciamo a dimostrare questo i nostri interlocutori ci guarderanno con occhi diversi e a tutti noi l'augurio di riuscire in questo traguardo.”

“Queste le linee guida – conclude Naticchioni – da cui riparte tutta la programmazione formativa della Scuola Umbra di Amministrazione Pubblica per il 2011. Siamo convinti di aver raggiunto significativi traguardi nel 2010, si pensi solo a qualche numero: 10.000 ore di formazione per 11.000 partecipanti circa; ma per il nuovo anno puntiamo a qualificare ancor di più la formazione con l'obiettivo di essere riconosciuti come uno strumento che accompagni tutta la PA umbra nel cambiamento richiesto dalle norme regionali, nazionali e comunitarie, ma anche di far conoscere la nostra Scuola e i suoi servizi fuori dal territorio regionale auspicandoci di poter diventare punto di riferimento anche per le PA delle regioni limitrofe.”