di Claudio Pace (*)
La prima modifica del nuovo statuto dell’università, che i consiglieri ternani e non solo loro ma anche quelli orvietani, assisani, … avrebbero dovuto chiedere al consiglio regionale dell’Umbria e che ancora si può chiedere al senato accademico umbro, è, a mio modesto parere, il cambiamento del nome, da “Università di Perugia” a “*Università dell’Umbria*”. Un cambiamento del nome che potrebbe anche andare di pari passo con la morte del polo universitario ternano, che è nato seguendo le orme della riforma Berlinguer, in tempi di vacche grasse, quando i soldi si spendevano senza stare tanti attenti al come e al dove e alla *qualità* dei corsi, e che con la riforma Gelmini e il clima di austerity che si respira nel Paese non possono essere spesi allo stesso modo. Se non si prende coscienza di quelli che sono stati e sono gli errori della politica, non solo locale, credo sia difficile pensare di vincere veramente una battaglia, che a mio avviso non
difende Terni, ma difende un'idea, quella del polo universitario ternano, che rischia di essere perdente in partenza perché troppo costosa rispetto alle risorse che pubblica amministrazione e iscritti possono mettere in campo, senza poi ottenere chissà quali risultati. Al senato accademico perugino, andrebbe chiesto di prendere coscienza del suo essere umbro e non perugino, anche negli interessi di Perugia che comincia ad essere contestata nel suo ruolo di capoluogo regionale non solo dagli studi della
fondazione Agnelli, ma anche dai formigoniani e dai leghisti e da un gruppo di ternani che non solo tramite facebook stanno cominciando ad esprimere il loro malcontento nel trovarsi sempre ai margini di una regione che del suo secondo capoluogo di provincia non sembra avere una grande considerazione. Io, ma lo dico a livello personalissimo, direi *basta* con questo polo
universitario ternano, i cui corsi potrebbero essere gradualmente dismessi e trasferiti nelle sedi più idonee della regione umbra (anche mantenuti a Terni ove possano continuare a garantire una buona qualità del servizio con costi sostenibili) ma trasferirei *integralmente* la facoltà di ingegneria a Terni! Questa infatti ha molto più senso nel territorio ternano dove sono concentrate le imprese del settore siderurgico, chimico ed energetico, e dove ha trovato e troverebbe un terreno fertilissimo per il suo sviluppo,
con risultati di livello internazionale (già conseguiti a Terni anche se mediaticamente non è stato molto chiaro) e obbiettivi ancora più ambiziosi, ponendosi traguardi raggiungibili appunto se in sinergia con le imprese del territorio di storica tradizione industriale. Una seria considerazione meriterebbe anche Medicina, se non altro per il prestigio che il centro di ricerca sulle staminali sta guadagnando dopo anni di gestazione, ma oltre Ingegneria, *tutta* Ingegneria, anche quella che è a Perugia, e Medicina,
credo che Terni non debba chiedere altro, ma nel contempo non debba accettare altro e niente di diverso da quello che chiede perché stufa di chiedere elemosine che non le servono. Non ci servono professori che vanno e vengono da Perugia, li vogliamo STANZIALI! E se le richieste non venissero accolte e venisse mantenuto questo contentino del polo cosi com’è e solo per
un anno, con un continuo chiedere e discutere, che francamente non fa tanto onore alla città di Terni e ai suoi rappresentanti in consiglio regionale, bisognerebbe che la classe politica ternana cambi radicalmente strategia e ripensi seriamente a cambiare il famoso articolo dello statuto del consorzio di sostegno al polo universitario che dava l’esclusiva all’università di
Perugia di tutte le attività didattiche universitarie del comune di Terni. Potrebbe andare a finire come Terni Jazz, inutile reazione allo scippo di Umbria Jazz nato proprio a Terni? Che senza Perugia sparirà completamente la didattica universitaria nel ternano? Che una tale ribellione può diventare un pretesto perché ciò accada? Forse! Ma forse vale la pena, una volta tanto, far capire al nord dell’Umbria che siamo disposti a correre dei rischi, perché siamo davvero *stufi* di essere diventati la *cenerentola
dell’Umbria* e che siamo disposti anche ad andare decisamente *verso Roma*, che Perugia senza Terni ha ben poche speranze di mantenere il capoluogo di regione e Terni confinando con Rieti, nei pressi del lago di Piediluco, potrebbe già indire un referendum di annessione al Lazio facendo capire, senza tanti giri di parole, il suo gradimento nella nuova configurazione della nazione.
(*) consigliere LB circoscrizione Est