Umbria Jazz crea ricchezza per Perugia | La curiosa scoperta "dell'acqua calda" autocommissionata - Tuttoggi.info

Umbria Jazz crea ricchezza per Perugia | La curiosa scoperta “dell’acqua calda” autocommissionata

Carlo Vantaggioli

Umbria Jazz crea ricchezza per Perugia | La curiosa scoperta “dell’acqua calda” autocommissionata

A 10 anni dalla prima ricerca universitaria del Prof. Bracalente, la Fondazione UJ presenta in proprio un nuovo studio per certificare l'evidenza
Lun, 24/09/2018 - 08:45

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Mentre l’inossidabile Direttore Artistico di Umbria Jazz, l’85enne Carlo Pagnotta, si trovava a fare relazioni pubbliche al Monterey Jazz Festival, a Perugia, lo scorso 21 settembre, ci si è invece ritrovati nella sede della Fondazione CaRiPerugia per presentare l’atteso studio sul valore economico-sociale che la manifestazione musicale umbra produce su Perugia e il suo territorio, già annunciato con una certa enfasi durante la presentazione ufficiale di UJ18. (CLICCA QUI)

Il lavoro di ricerca è stato promosso dalla Fondazione Umbria Jazz con la collaborazione dell’Università per Stranieri di Perugia e dall’Università degli studi di Perugia e realizzato dal Prof. Luca Ferrucci del Dipartimento di Economia dell’Università degli Studi di Perugia e da Simona Collu e Michele Tomassoli, studenti del Master in International Business and Inter-Cultural Context dell’Università per Stranieri di Perugia.

Presenti nella Sala delle Colonne a Palazzo Graziani i vertici della Fondazione UJ, il direttore Giampiero Rasimelli e il vice presidente Stefano Mazzoni, gli assessori Fernanda Cecchini per la Regione e Michele Fioroni per il Comune di Perugia, il segretario generale della Fondazione CaRiPerugia, Fabrizio Stazi, Simone Fittuccia, presidente di Federalberghi e naturalmente il Prof. Ferrucci.

La prima vera notizia però è che con l’iniziativa nella sede di C.so Vannucci, si riallacciano così relazioni “normali” con la Fondazione CaRiPerugia dopo lo strappo di questa estate, relativo alla riduzione dei contributi della Fondazione alle Clinics. Un momento di grande frizione tra le due realtà umbre che con la giornata odierna sembra essere avviato alla normalizzazione, al netto della mancata presenza del gran capo Pagnotta, della presidente Catiuscia Marini, a Spoleto per i funerali dell’Ex-Sindaco Sandro Laureti e del presidente della Fondazione CaRiPerugia, Giampiero Bianconi.

Lo studio

Nel 2007 Umbria Jazz era già stata oggetto di uno studio dei professori Bracalente e Ferrucci del dipartimento di Economia dell’Università di Perugia con l’obbiettivo di individuare ed analizzare l’impatto economico del festival nella città di Perugia.

I risultati furono lusinghieri, e dimostrarono che per ogni euro investito nella manifestazione se ne producevano tre di ricavi a favore dell’economia urbana.

A distanza di oltre 10 anni, lo studio del Prof. Baracalente fa da base per un ulteriore ricerca, sempre incentrata su UJ, sull’impatto economico nell’economia urbana della kermesse relativamente all’ultima edizione del luglio 2018. Ma prima di analizzare le possibili motivazioni che hanno spinto la Fondazione UJ a riproporre un nuovo studio proprio ora, leggiamo la nota ufficiale di Umbria Jazz:

“Questo studio è il risultato di una collaborazione istituzionale della Fondazione Umbria Jazz con il Dipartimento di Economia dell’Università di Perugia (Luca Ferrucci) e con l’Università per Stranieri di Perugia, la quale ha messo a disposizione due studenti di un master post laurea.

Per conseguire tale obiettivo, ovvero stimare l’impatto dell’evento nell’economia urbana, sono stati costituiti una serie di indicatori (“segnali”) capaci di captare l’andamento tendenziale dell’evento 2018.

Si tratta di una sorta di “cruscotto” strategico molto semplice da implementare e tempestivo nel fornire i follow up, che potrebbe trovare valida implementazione anche per monitorare altri eventi e manifestazioni culturali al fine di analizzarne la dinamica e valutare gli effetti delle risorse finanziarie (specie quelle pubbliche) investite.

 I dati ci possono portare a concludere che UJ è un lampante esempio di marketing territoriale che negli anni si è evoluto seguendo i tempi e le esigenze del pubblico, ampliando la sua offerta nel corso dell’anno per prolungare gli effetti benefici dell’evento, pur mantenendo sempre un elevato standard qualitativo.

Queste cifre permettono di renderci conto della dimensione che ormai l’evento ha raggiunto, ma restano comunque incalcolabili tutti gli altri benefici che la manifestazione apporta al territorio in termini di produzione, reddito, occupazione, immagine e notorietà in campo turistico, prestigio, attrattività dell’area dal punto di vista per esempio degli investimenti o delle attività commerciali o industriali, senza dimenticare tra l’altro la crescita dell’orgoglio sociale e dello spirito di appartenenza alla comunità da parte dei residenti che UJ ha saputo stimolare negli anni.”

Sintetizzare in poche righe le risultanze effettive di uno studio complesso come quello proposto è francamente un esercizio accademico, perchè invece le cifre e gli indicatori di cui parla la nota andrebbero contestualizzati con un dettaglio impossibile da racchiudere in poche righe, o in una ora di presentazione ufficiale come è stato lo scorso 21 settembre. Senza contare che la difficoltà di comprensione dei dati statistici è materia più universitaria che da lettore quotidiano di giornali.

Ciò premesso ci limitiamo ad estrapolare alcuni punti dello studio che ci sono apparsi degni di attenzione, magari per un ritorno successivo, anche da parte di chi ha confezionato lo studio stesso.

Il metodo, il campione e i confini della ricerca

Intanto l’utilizzo del questionario strutturato proposto a un area ristretta del Centro Storico come C.so Vannucci e aree limitrofe, per un campione statistico di 202 commercianti. Un contesto molto preciso e circoscritto che rischia di fornire dati che potrebbero consolidare un modello già visto e in parte criticato in altre importanti manifestazioni come ad esempio il Festival dei Due Mondi di Spoleto che per anni ha vissuto la contraddizione di essere il “Festival” del centro storico, con tutto ciò che ne consegue in termini di economia limitata al confine “entro le mura” e di separazione tra un pubblico locale ed uno esterno al territorio.

E’ comprensibile che per uno studio più approfondito occorrerebbero tempo e risorse ma alla fine la percezione che se ne ha è che si stia parlando dell’effetto economico di UJ non sull’economia urbana, ma di quella del solo Centro Storico. E nemmeno tutto per giunta.

Tuttavia anche in questo campione limitato alcune cifre sono di interesse per una valutazione generale.

Come ad esempio la variazione di fatturato. Durante la manifestazione il fatturato aumenta del 58% del campione, rimane invariato per il 40% e diminuisce per 2%. Tra gli intervistati, ad esempio, solamente il 2% rileva un aumento del 100% del fatturato, mentre Il 38% lo colloca in un aumento stimato tra il 5 e 10%.

Un dato che suggerisce di spostare l’attenzione degli effetti moltiplicativi di UJ su determinate tipologie di commercio.

Ed è così che l’indagine rileva che al top dei beneficiati si trovano (guarda un pò) bar, gelaterie e pasticcerie, naturalmente i ristoranti e poi pub e paninoteche. Al palo abbigliamento (in generale) e panifici.

Se poi si chiede ai commercianti se siano disponibili a proposte o offerte economiche speciali connesse a UJ, la risposta è disarmante. L’89% dice NO (l’11% SI).

Infine ai commercianti intervistati si chiede qual’è l’evento che genera maggiore movimento nelle vendite la risposta è: UJ per il 75%, precipitando poi all’11% attribuito a Eurochocolate e al 9% del Festival del Giornalismo.

Un dato di percezione quest’ultimo, molto interessante, sopratutto nel confronto tra UJ e Eurochocolate, che vale la pena ricordare ha una formula di tipo fieristico con un’evidente sottrazione di fatturato al commercio in sede fissa

Quando si arriva poi all’analisi dei dati forniti dagli altri players della ricerca, gli albergatori, scopriamo che il campione è limitato a 12 strutture per un totale di 1543 posti letto in offerta. Un dato veramente circoscritto. Ma tant’è.

Senza mettersi ora a dividere le strutture in base alla categoria (stelle), si rileva che nel periodo antecedente la manifestazione il tasso di occupazione è del 52%, mentre sale all’86% nel corso della kermesse. Il presidente di Federalberghi, Simone Fittuccia,  in un inciso durante l’incontro a Palazzo Graziani ha anche specificato che le tariffe applicate cambiano e che, ipoteticamente, se una camera costa prima di UJ 100 euro a notte, durante la manifestazione si passa a 150 euro. Fisiologico diremmo, ma anche indicativo di una economia molto circoscritta appunto. Sarebbe interessante infatti capire che accade nello stesso periodo in un albergo appena fuori l’area metropolitana, conoscendo la propensione alla spesa del pubblico di un certo genere musicale come il jazz, ammesso che si tratti proprio di questo genere di pubblico, perchè come sappiamo bene UJ non è solo jazz da un bel pezzo. Ma su questo tema ritorneremo a breve.

In ogni caso la variazione percentuale di riempimento tra le diverse tipologie di alberghi è abbastanza uniforme: si passa infatti ad un aumento medio che va dal 50% prima di UJ all’80% durante UJ.

Ancora una volta è UJ farla da padrone nella percezione di quale manifestazione fa aumentare il fatturato: UJ 50%, Festival del Giornalismo 33%, Eurochocolate 17%.

Chissà se dopo questi dati anche il patron Eugenio Guarducci (Eurochocolate) commissionerà un suo studio?

Prima di chiudere questo capitolo vale la pena citare il dato rilevato sulla movimentazione del Minimetrò dove l’aumento medio di passeggeri nel periodo della manifestazione passa a più del 50%. Considerando che si tratta di utenza che non gode di agevolazioni particolari e compra quindi un biglietto a prezzo intero (1,50 euro), si stima che Minimetrò abbia un aumento di incassi pari a 106.500 euro ovvero il 5% dei ricavi annuali da biglietteria. Un dato però che andrebbe studiato meglio alla luce delle presenze nei vari appuntamenti musicali del centro storico e sopratutto dei concerti al Santa Giuliana.

Il capitolo Social Media

Il resto dello studio abbonda poi di dati e analisi sulla penetrazione di UJ nei Social Media, Facebook, Instagram e Twitter.

Le cifre relative al 2018 dicono che i Fan di FB sono 124.848, I Followers di Twitter 27.900 e quelli di Instagram 20.100.

Lo studio afferma che ciò stante UJ è ormai il terzo Festival Jazz più seguito a livello Internazionale dopo Montreux e Montreal.

La cosa ovviamente ha un suo valore, sempre che i dati siano riscontrabili in termini di veri fan e followers acquisiti per scelta e non invece per mezzo campagne ad hoc per aumentare la sola reputation.

Nello studio seguono poi i dati sulle impressions dei post (16.238.000), delle persone raggiunte dai contenuti social (6.616.500) e le interazioni sui post (1.785.889). I followers sono poi saliti a +20mila.

Dati, lo ripetiamo, che testimoniano una presenza attiva, sicuramente recente, legata ad un maggiore investimento nella comunicazione da parte di UJ che probabilmente affida a questi strumenti un recupero di visibilità che negli anni precedenti qualche serio problema lo ha avuto.

Il sito ufficiale della manifestazione, che ormai può essere considerato un solo strumento di servizio per informazioni rapide sul programma, e che anche da un punto di vista grafico e di pura e semplice navigazione sconta una certa vetustà, nel 2018 ha avuto 200.440 utenti.

La parte del leone tra questi ultimi la fa per quasi l’80% l’Italia ovviamente mentre il dato immediatamente successivo è quello degli utenti USA con circa il 3%.

Nell’incontro di Perugia poco si è parlato di quale fosse però il gradimento e la reputation della manifestazione ed in ogni caso tutto questa parte incide in maniera molto complessa, per non dire relativa sul ritorno economico prodotto da UJ nell’area esaminata.

Sarebbe stato più utile capire invece quanto il programma proposto ha penetrazione in termini di gradimento nei social. E questo perchè nell’edizione 2018, in alcuni casi specifici, non sono stati infrequenti i commenti negativi sugli artisti scelti, al punto da dover anche applicare lo strumento della moderazione.

Dulcis in fundo, il Bilancio della Fondazione Umbria Jazz

Bisogna riconoscere allo stato maggiore di UJ la “tigna” di voler combattere a viso aperto la battaglia sulla consistenza reale della manifestazione allorquando si allegano alla ricerca in discussione la sintesi dei bilanci della Fondazione dal 2012 al 2018. Il motivo per cui si analizzano solo gli ultimi 7 anni (e non gli ultimi 10 rispetto alla ricerca precedente) in verità non è palese a meno che non si voglia assumere come l’anno “zero” il 2012, anno in cui non esisteva ancora nessun contributo da parte del Mibact.

Senza entrare nel dettaglio specifico, si può notare nelle cifre offerte che si è passati da un totale generale del 2012 di 2.801.647 di movimento agli ultimi 3.905.599 del 2018, con un punto di caduta nel 2014 pari a 2.434.296.

Nelle varie voci che compongono il totale le più interessanti sono quelle della biglietteria e merchandising in cui si passa dai 900mila circa di incassi nel 2012, al 1.245.917 del 2018 con due punti di caduta di un certo rilievo. Il primo quello del famigerato anno 2014 in cui si ebbero 700mila euro circa di incasso e poi quello tragico (a causa degli effetti del sisma in Umbria) del 2017, anche questo appena sotto i 700mila euro, ma dopo un trend in crescita nel 2015 e nel 2016.

Da notare la riduzione graduale dei contributi del comune di Perugia che passa dagli iniziali 147 mila euro del 2012 ai 53mila del 2018 (con relativa polemica del patron Pagnotta) e quelli della Regione Umbria che passa dai 700mila del 2012 ai 500mila del 2018 (comprensivi dei 100mila euro per UJ Winter).

Spariti i contributi della Provincia che dai 144mila del 2012 passa a zero erogazioni a partire dal 2015.

Più o meno stabili Fondazione CaRiPerugia che viaggia tra I 100mila del 2012 e I 70mila del 2018 e la Camera di Commercio che passa dai 70mila del 2012 ai 50mila del 2018.

Interessante e causa di mille considerazioni e chiacchiere il contributo del Mibact, che passa dalla cifra 0 del 2012 a 1.239.925 del 2018 in un crescendo rossiniano che farebbe invidia a qualsiasi teatro d’Opera.

Stabili gli sponsor intorno ad una media di 650mila euro ad edizione.

Riassumendo sinteticamente sulle fonti di finanziamento al 2018:

la biglietteria e il merchandisig incidono per il 32%, gli sponsor for profit per il 19%, I contributi pubblici per il 46% e infine altri contributi no profit per il 3%.

La composizione è sempre stata più o meno similare anche nei 6 anni precedenti, con un graduale aumento della parte della contribuzione pubblica e un andamento altalenante della biglietteria.

Il succo della questione

Alla fine di tutta la faccenda ciò che si è voluto evidenziare da parte della ricerca è che se nel 2007, anno della prima analisi “Bracalente” si era accertato che un euro di denaro pubblico speso per UJ generava 3 euro di ritorno economico sulla città, oggi lo stesso euro genera invece 5 euro di ritorno economico.

Il tutto assumendo dei valori di riferimento considerati non modificati (tipo la spesa strutturale o la composizione geografica di provenienza dei turisti etc.), tanto da ottenere la cifra di 2.270.000 di ritorno economico per il 2007 e poi quella di 5.800.000 nel 2018.

Ergo i soldi pubblici sono spesi bene!

Ma detto ciò, quale potrebbe essere la necessità di certificarlo nero su bianco con una ricerca universitaria commissionata dallo stesso percettore dei contributi, quando poi in questo senso non esistono altri “vangeli” se non i bilanci, in questo caso pubblici?

La domanda viene spontanea, perchè il venticello del disagio percepito in alcuni ambienti regionali su UJ non è una novità.

Molto contribuisce l’ostinata e pervicace impenetrabilità delle scelte artistiche che sempre più mescolano il diavolo con l’acqua santa (vedi il flop clamoroso dei Chainsmokers al Santa Giuliana per cui Carlo Pagnotta ha dovuto chiedere scusa pubblicamente-CLICCA QUI). Ostinazione sulla quale da queste colonne non abbiamo mai nascosto più di una preoccupazione, legata sopratutto alla dittatura di certi manager degli artisti o agenzie di spettacolo.

“Al fin della licenza”, direbbe Cyrano De Bergerac, questa ricerca, con la sua valenza circoscritta, ha più il sapore della excusatio non petita…(accusatio manifesta), proprio nel momento in cui il contributo stabilito con legge delle Stato, il famoso milione di euro, mette la manifestazione su un binario stabile ma anche molto netto e definito, come è già accaduto ad esempio, negli ultimi 10 anni del Festival dei Due Mondi a guida Giorgio Ferrara. Insomma UJ non può più essere il giocattolone di nessuno in generale e delle cricchette umbre in particolare.

Certificare dunque in proprio che UJ produce un ritorno economico per la città di Perugia, ora, a due passi da importanti appuntamenti politici e solo a 2 anni dalla prima importante erogazione del Mibact, fa oggettivamente tenerezza, tale e quale alla scoperta dell’acqua calda.

E francamente noi Carlo Pagnotta, sorpreso con le dita nel vaso della marmellata non riusciamo proprio a immaginarcelo. Lui, se lo conosciamo bene, la marmellata la vende!

L’intera ricerca è scaricabile direttamente dal sito ufficiale di Umbria Jazz

(CLICCA QUI)

Foto: Tuttoggi.info (Carlo Vantaggioli)

Riproduzione riservata

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