Italia Nostra
Ormai bisogna prenderla con filosofia. Ridiamoci su. Che dire altrimenti delle parole pronunciate dall’assessore Fabrini ieri, nel corso della conferenza stampa sugli “eventi” valentiniani 2013?
Infatti, in merito ai ritrovamenti archeologici del novembre 2011 presso la basilica di San Valentino, Fabrini avrebbe dichiarato “No, magari si scopre che non è vero niente. Noi ci teniamo il santo così come l’abbiamo sempre conosciuto…”. Cioè? Due etti di semi salati?
Il sindaco, accanto all’assessore, è rimasto in silenzio, assecondando in tal modo questa grandiosa proposta. Entrambi sembrano come assopiti, rassegnati a un’esistenza senza passione. Priva di slanci. Ma si può davvero vivere in attesa del prossimo seme salato? E se poi non fosse più nemmeno salato, ma insipido e grigio?
I due non sono MAI capitati, nemmeno per sbaglio, nell’area archeologica di San Valentino, ma dovrebbero almeno sapere e rispettare il lavoro della Soprintendenza Archeologica dell’Umbria, delle associazioni culturali, dei volontari come il sottoscritto (Andrea Liberati, che scrive a nome dell'associazione), della direzione Beni Culturali della Diocesi, della Fondazione Carit, che hanno fortemente collaborato tra loro, con ricognizioni portate avanti da un geofisico di fama internazionale. Dovrebbero almeno sapere che tanto importanti furono i risultati delle prospezioni georadar da spingere qualche mese fa la Fondazione Carit a un primo finanziamento ufficiale dell’attività di scavo, 45 anni dopo la campagna precedente; risorse che ora consentiranno l’avvio della ricerca vera e propria, prevista in primavera sia all’esterno che all’interno della Basilica: altroché “non è vero niente”, assessore!
Su San Valentino, dopo anni di effimeri lustrini, un progetto più solido era appunto ripartito con il rinvenimento di ipogei –una stanza con archi e cunicoli- sotto l’ex convento. Era novembre 2011.
La stanza, conformemente a quanto riscontrato dalla Soprintendenza, sarebbe di età protocristiana, mentre i cunicoli attigui sarebbero pre-romani.
Tanto fu l’entusiasmo per quelle prime scoperte che, il 18 aprile 2012 nel corso di un convegno del Rotary Club, il sindaco stesso –oggi immemore- dette il suo benestare all’idea portata avanti dall’archeologa prof. Claudia Giontella, accademica di assoluto rango poi tragicamente scomparsa. Qual era il progetto? Insediare proprio nell’ex convento di San Valentino un maxi museo archeologico a valenza nazionale, anche considerando che quello del Caos è unanimemente ritenuto inadeguato per esiguità di spazi rispetto alla quantità di antiche e pregevoli testimonianze territoriali allocate –da decenni!- nei depositi della Soprintendenza tra Perugia e Colfiorito.
e così siamo ai nostri giorni, all’acme della schizofrenia: l’Amministrazione comunale impone lo sbaraccamento della Facoltà di Economia da Collescipoli all’ex convento di San Valentino, con gravi conseguenze.
1) Muore il villaggio di Collescipoli, con danni evidenti alla comunità, alle famiglie che vi avevano investito magari il TFR delle Acciaierie per piccoli alloggi e attività;
2) muore, ancor prima di nascere, il museo archeologico a San Valentino, pubblicamente garantito pochi mesi prima dal sindaco;
3) muore comunque Scienze Politiche.
E allora, con le parole dell’assessore Fabrini, “Teniamoci il santo così come l’abbiamo sempre conosciuto…”. Evviva! Meno archeologia, meno cultura, ma più ‘nocchie’, pistacchi e semi salati per tutti
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