Uno strano incrocio di eventi quello di oggi, che va di certo a influenzare la costruzione del gasdotto Brindisi-Minerbio per opera di TAP, la Trans Adriatic Pipeline. Certo: dall’Azerbaijan all’Italia la strada è lunga, specie attraversando Turchia, Grecia, Albania, Mare Adriatico, per poi risalire al rigassificatore di Minerbio, in Emilia Romagna. Insomma il lungo “tubo” al centro dello Sblocca Italia di Renzi, che aveva ricevuto l’ok del governo lo scorso 29 agosto, e la cui realizzazione aveva già scatenato le contrarietà del Comitato No Tap e delle istituzioni salentine, punto d’approdo per il gasdotto, oggi riceve due altri no: uno umbro, uno nuovamente pugliese.
Il tracciato – Indecisioni e “no” a parte, il gasdotto, partendo da Baku, in Azerbaijan, dovrebbe poi arrivare nel Salento, sulle spiagge di San Foca, poco più a nord di Otranto. Lì un rigassificatore lo accoglierebbe (ma è incerto anche il punto reale di costruzione), per poi pompare su il gas nell’entroterra pugliese, fin su in Emilia Romagna. Coinvolte dunque tutte le regioni del centro Italia, Umbria compresa. Fatto che aveva non di poco preoccupato le istituzioni locali, e per l’impatto ambientale, data l’alta sismicità della zona, e per l’impatto economico. La protesta aveva a suo tempo diviso e unito i movimenti, che si erano ritrovati nell’alveo dei No Tav/NoTap/No Mose/No Muos, seppur con le eventuali differenze di vedute.
La prima pietra – Poi, la brutta notizia per i contrari alla realizzazione del progetto, ossia il “sì” del governo Renzi e la posa della prima pietra, lo scorso 20 settembre, direttamente a Baku, per l’altrimenti detto Corridoio Sud. Assente il premier: al suo posto il viceministro allo Sviluppo Economico Claudio De Vincenti, il quale per l’occasione aveva affermato: “il progetto Tap conferma la vocazione del nostro Paese a svolgere un ruolo chiave per la sicurezza energetica europea e per accrescere la concorrenzialità del mercato del gas europeo, con effetti decisivi per la riduzione dei costi energetici per l’Italia e l’Europa”.
Dall’Umbria – Ma questa mattina, come annunciato, il “no” da parte della regione Umbria. Con il voto unanime dei 16 consiglieri presenti (Mariotti, Bottini, Galanello, Barberini, Riommi, Cintioli, Smacchi, Marini, Bracco, Locchi-Pd; Rometti-Psi; Goracci-Cu; Stufara-Prc; Dottorini, Brutti-Idv; Cirignoni-Um.r.a.), l’Assemblea legislativa ha approvato la mozione che impegna la Giunta regionale a ribadire al Governo la propria contrarietà al tracciato del gasdotto Brindisi-Minerbio e alla realizzazione della centrale di diramazione a Colfiorito, così come individuati nel progetto di Snam rete gas.
Il documento di indirizzo, firmato da Manlio Mariotti-Pd, Oliviero Dottorini-Idv, Damiano Stufara-Prc, Lamberto Bottini, Luca Barberini e Andrea Smacchi-Pd, impegna l’Esecutivo di Palazzo Donini a chiedere al ministero per lo Sviluppo Economico di dare continuità operativa e funzionale al tavolo tecnico istituto, a seguito della risoluzione della Commissione Ambiente della Camera, con il compito di individuare un tracciato alternativo a quello del progetto Snam Rete Gas; a formalizzare, sempre al Mise, il diniego della Regione a procedere alla convocazione della conferenza dei servizi per la definizione dell’iter autorizzativo sul gasdotto prima della conclusione dei lavori del tavolo tecnico; ad attivarsi, unitamente alle altre Regioni coinvolte, per promuovere in sede di Conferenza Stato-Regioni un approfondimento sul progetto complessivo del gasdotto Brindisi-Minerbio; a trasmettere all’Assemblea legislativa e alla Commissione consiliare competente la relazione sullo stato di attuazione della delibera consiliare ‘n.203 dell’11 dicembre 2012’ (riconsiderazione del progetto di gasdotto e convocazione straordinaria della Conferenza Stato-Regioni per promuovere in quella sede gli approfondimenti necessari).
Ne hanno parlato sia l’assessore Stefano Vinti, che il consigliere Oliviero Dottorini (Idv), uno dei primi a schierarsi contro al progetto. “L’approvazione, da parte dell’Assemblea legislativa dell’Umbria, della mozione contro la realizzazione del gasdotto Brindisi-Minerbio rappresenta una prima nota positiva in una vicenda che rischia di compromettere definitivamente il territorio e il paesaggio di alcune aree di pregio e di protezione della nostra regione”. L’Aula di Palazzo Cesaroni ha dunque votato a favore della mozione contro la realizzazione del progetto di gasdotto Snam Brindisi-Minerbio.
“In questo modo – aggiunge Dottorini – l’Umbria manda un segnale chiaro e mette un punto fermo sulla vicenda del gasdotto Snam Brindisi-Minerbio, impegnando la Giunta a dare parere negativo al tracciato proposto dall’azienda e a ricercare, attraverso il tavolo tecnico istituito presso il ministero, soluzioni alternative e meno impattanti, evitando che il Governo aggiri l’ostacolo dando il via libera alla Conferenza dei servizi”.
“Il progetto – ricorda Dottorini, che nella nota fa riferimento anche al suo ruolo di ‘presidente di Umbria migliore’ – prevede l’attraversamento per 120 chilometri dei territori di Cascia, Norcia, Preci, Sellano, Foligno, Nocera Umbra, Gualdo Tadino, Gubbio, Pietralunga e Città di Castello, intersecando numerosi corsi d’acqua, aree naturali protette, siti di importanza comunitaria e zone di protezione speciale come il Parco nazionale dei Monti Sibillini, i boschi del bacino di Gubbio, il fiume Topino e i boschi di Pietralunga. L’opera è caratterizzata da un perimetro complessivo di 3 metri e un diametro di 1,20 metri che renderebbe necessario ricorrere ad una servitù di gasdotto sicuramente superiore ai 40 metri di larghezza.
Sempre secondo gli elaborati progettuali si vede come l’impatto socio-economico sulle aree interessate sarebbe insostenibile, rischiando di provocare danni alla filiera turismo-ambiente-cultura e al settore delle eccellenze, dai prodotti tipici alle importanti aree tartufigene dell’Umbria. Settori di fondamentale importanza per l’economia della nostra regione e dei territori interessati”.
“È significativo – continua Oliviero Dottorini – che il centrodestra non abbia partecipato al voto, rischiando in questo modo di far saltare la mozione. Adesso ci aspettiamo dalla Giunta atti concreti che diano seguito a quanto deciso oggi dal Consiglio regionale, di concerto con le altre Regioni interessate, e comunichi la contrarietà dell’Umbria all’avvio della conferenza dei servizi prevista per la definizione dell’iter autorizzativo dell’opera senza aver prima individuato un tracciato alternativo. Da parte nostra continueremo a monitorare la vicenda e le risultanze che tecnici e amministratori vorranno fornire nel tavolo istituito presso il ministero dello Sviluppo Economico al fine di individuare soluzioni condivise e che non penalizzino le peculiarità e le risorse ambientali, economiche e paesaggistiche dei nostri territori”.
Dal Salento – Nel pomeriggio poi arriva la notizia dal Salento: proprio oggi infatti una delegazione di sindaci dei comuni della zona interessata dall’arrivo del gasdotto erano con il governatore Vendola perun incontro sulle sorti del tracciato. Il nodo gordiano era: far approdare il tubo sulle spiagge di Melendugno, per poi attraversare il territorio di Vernole (in provincia di Lecce), oppure prevedere un tracciato alternativo, che proceda via mare direttamente verso Brindisi, sfruttando la già esistente centale di Cerano? O ancora a monte: accettare la costruzione del gasdotto? Alla fine dell’incontro la delegazione ha deciso che sarà organizzato “un tavolo tecnico congiunto” al quale siederanno Regione Puglia e Comuni del Salento, e che si occuperà di individuare “alternative localizzative” al gasdotto Tap (Trans adriatic pipeline) il cui approdo al momento è stato appunto individuato sul litorale di San Foca a Melendugno. Le proposte che emergeranno, saranno poi discusse in una “Commissione tecnica mista, Governo-Regione Puglia, che avrà sei mesi di tempo per approfondire le alternative localizzative“.
“Diciamo no a San Foca e Melendugno – ha detto Vendola – e facciamo partire il tavolo tecnico, con il coinvolgimento dell’Anci, per approfondire alternative localizzative, anche sulla base dello stimolo del presidente del Consiglio ai sindaci del Salento“.
Vendola ha ricordato che il “nostro no a San Foca non è ideologico” ed è “condiviso da un parere negativo del Mibac. Non siamo contrari ai gasdotti ma siamo contrari al fatto che l’approdo venga localizzato in un sito di grande pregio culturale, archeologico, naturalistico, paesistico, in uno degli angoli più incantevoli della nostra costa e del nostro Mediterraneo“.
“Anche dal punto di vista logistico – ha sottolineato Vendola – lo crediamo sbagliato, visto che i problemi sono anche legati ai sessanta chilometri che separano Melendugno dalla sede di Mesagne dove dovrebbe avvenire collegamento con la rete nazionale del gas: questo attraversamento credo non sia stato valutato ancora nel suo impatto ambientale”. “Noi – ha proseguito – abbiamo dato la nostra disponibilità come si fa di fonte a ogni grande impegno del nostro Paese” ma “ci saremmo aspettati dal governo nazionale, in partenza, un lavoro dimoltiplicazione e approfondimento sugli impatti in diverse localizzazioni”.
“Il presidente della Regione – ha concluso Vendola – garantisce un accompagnamento leale e determinato ai sindaci e alle comunità del Salento nella loro rivendicazione di un modello di sviluppo rispettoso di un territorio ansioso di continuare a dire molti sì, ma che ha il diritto di poter dire no quando questi sono il frutto di scienza e coscienza come in questo caso“.
L’ira di Tap – L’ad di Tap, Gianpaolo Russo, però, smonta ogni possibile ipotesi: “cambiare l’approdo del gasdotto Tap, e spostarlo da San Foca a Otranto, facendo un accordo con Edison, non è una possibilità realistica, per varie ragioni“.
Russo lo ha affermato a margine del summit dell’energia in corso a Milano, smonta questa ipotesi di accordo con Edison, che ha già un approdo su Otranto, con il gasdotto Poseidon. Quella strada “credo non sia percorribile. Perchè il tubo dovrebbe fare 25 chilometri in più per andare fino a Otranto e passare da quei comuni che hanno già detto di ‘no’ al Tap“.
“Inoltre – aggiunge Russo – la valenza paesaggistica di Otranto non è comparabile a quella di Melendugno“. Ma soprattutto “Poseidon è un gasdotto molto più piccolo, con una capacità minore, a regime di 8-12 miliardi di metri cubi all’anno, mentre Tap arriva a 20 miliardi“. E poi, conclude Russo, quella di Edison “è un’autorizzazione con una robustezza apparente, sul tratto sia a mare sia a terra”. Russo spiega che si può parlare di un cambio di approdo ma “solo sulla base di elementi di natura tecnico-ambientale. Non può essere un tema umorale, collegato alla stagione dell’olio. Siamo a Melendugno dall’ottobre del 2010, ufficialmente, con documenti depositati. E i pareri espressi, fino a oggi, dalla regione Puglia non erano negativi su San Foca”.
Per attuare davvero una alternativa “ci dovrebbe essere – aggiunge l’ad – un allineamento delle diverse istanze politiche, quindi governo, regione, territori. Ma noi, non crediamo che ci sia un sito che abbia le stesse qualita’ tecnico-ambientali di San Foca”. “Fu la regione – ricorda – a dirci che non si poteva spostare l’approdo perchè si sarebbe aperta una procedura di infrazione a Bruxelles”.
Russo lamenta la disinformazione su tutta l’operazione: “Nessuno legge i documenti, ci sono 50 pagine dedicate alle alternative. Il parere di Via dato dal ministero dell’Ambiente e’ stato dato in maniera severissima. E – precisa – le preoccupazioni che sono state espresse da Mibac riguardavano solo un aspetto, quello della paesaggistica e non quello archeologico“.
“C’è chi parla di cicatrice insanabile – sottolinea ancora Russo – ma in realtà non si vedrà nulla, è tutto sotto la sabbia”. E questo proprio perchè c’è da rispettare un vincolo che riguarda la presenza, sul fondale, di poseidonia. “Per questo facciamo un micro tunnel che parte dalla spiaggia, a 10 metri sotto la sabbia – spenga Russo – e si estende per 800 metri dalla costa. Proprio per superare la poseidonia“.
Aggiornato ore 20.16
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