“S’ode a destra uno squillo di tromba; a sinistra risponde uno squillo: d’ambo i lati calpesto rimbomba da cavalli e da fanti il terren”. Piazza Italia è ormai un campo di battaglia, con centrodestra, Lega e cinquestelle che assediano Palazzo Cesaroni e Palazzo Donini, da sempre roccaforti della sinistra.
Le opposizioni che lasciano il Consiglio regionale per protestare contro l’assenza dell’assessore Fernanda Cecchini (malata) e della presidente Marini impegnata nel giro dell’Umbria terremotata insieme al ministro gialloverde Bonisoli, è il segnale di come, galvanizzate dalla disfatta Pd nei ballottaggi, i cinquestelle e soprattutto la Lega si preparino alla spallata finale.
E il dubbio, dall’altra parte della barricata, è ormai questo: mescolarsi ai soldati semplici in fuga o cercare di serrare le fila e provare una controffensiva da qui al 2020?
“Dedicare tempo, testa e cuore ad immaginare e creare un nuovo e diverso progetto alternativo” è l’invocazione della governatrice, tra i pochi amministratori dem rimasti dopo la mietitura delle ultime tornate elettorali. E chiede anche di risparmiare “le analisi del giorno dopo”, quelle che, la storia recente insegna, non hanno mai portato ad una sintesi tra le diverse anime del partito, ma ne hanno semmai aumentata la distanza, nel gioco degli scambi di accuse. Perpetrando rancori che poi hanno vita più lunga delle amicizie e della gratitudine.
Disfatta Pd ai ballottaggi, Marco Vinicio Guasticchi: “La gente è arrabbiata e vuole fatti concreti: Pd catalizzatore per la rabbia”
Chiedere a Umbertide, dove il Pd è caduto fragorosamente falciato da terra dall’ex sindaco a cui aveva tolto la poltrona. E contro cui si è pure puntato il dito, perché reo di aprire le porte di quel Palazzo Bourbon che compare nel titolo della biografia di Giampiero Giulietti. Il quale, sempre da Facebook, saluta sportivamente il nuovo sindaco Carizia, ringrazia Paola Avorio “per averci messo anima e faccia” e alla fine cita alla Veltroni J.F. Kennedy: “Perdona i nemici, ma non dimenticare mai i loro nomi”. Quasi più minaccioso del “Torno” in stile Terminator. Carizia riporta in Municipio un altro cacciato da Giulietti, Alessandro Villarini. Tante epurazioni, tanti candidati ai nastri di partenza: qualcuno avrà spiegato, ai vecchi e nuovi rappresentanti del centrosinistra, che non vince chi presenta più candidati sindaco, ma il candidato che prende più voti? Le preghiere, specie quelle in arabo, non sono bastate e tra i tanti litiganti, ansiosi di sfidarsi nel derby: l’ha spuntata la Lega.
Strategia opposta dall’altra parte dell’Umbria, in quella Spoleto prima governata da un’area civica moderata che, strada facendo, si era aperta anche ad esponenti del centrosinistra. Come l’ex assessore Camilla Laureti, che in assenza di propri candidati il Pd ha deciso di sostenere, dimenticando la mozione di sfiducia che gli aveva invano lanciato contro qualche mese prima. Poi, rincuorato dal risultato di lista (tutto sommato soddisfacente visti i pronistici della vigilia) del primo turno, il Pd spoletino ha accettato la linea, fortemente consigliata da Perugia, dell’apparentamento formale con la ex vice sindaco Bececco. Ma in politica, 2 più 2 non fa 4, specie quando ci sono da serrare le fila degli elettori di movimenti civici. Se poi gli 84 voti che sono mancati alla Laureti per cingersi la fascia tricolore siano da ricercare solo in coloro che non hanno seguito la Bececco fino alla fine o anche negli elettori dem scandalizzati per l’accostamento tra “diavolo e acquasanta” non è dato sapere. Di certo, tra primo turno e ballottaggio, voti di (ex?) esponenti di spicco dem sono andati a rimpolpare la lista De Augustinis e le fila del centrodestra, anche a Spoleto a forte trazione leghista. E i voti di lista sono come una cartina al tornasole.
A Terni il Pd non ha perso il ballottaggio. Perché non vi ha preso parte. E non solo perché a giocarsela erano un esponente della Lega e uno dei 5 stelle. Meglio l’oblio che partecipare al dibattito politico, la scelta. Gli elettori l’hanno fatta, incoronando Salvini … ops, Latini.
Da Perugia, e così abbiamo completato il giro dell’Umbria in senso orario, ribadiscono che i problemi ternani li hanno creati a Terni. E dire che avevano pure provato a mandare, in extremis, il Signor Wolf. Ora, però, i problemi da risolvere li hanno a Perugia. Dove tutto ebbe inizio, per dirla alla Guasticchi, con la bocciatura di Boccali quattro anni fa. E i problemi sono ancora lì, a cominciare dal più banale: il candidato sindaco per il 2019 si sceglie con l’ennesima zuffa tra gli eterni Duellanti o si prova a cambiare schema?