Nella ricorrenza dei 40 anni dalla cruenta scomparsa di PPP, Pier Paolo Pasolini, il Festival dei Due Mondi dedica al grande scrittore, regista, e intellettuale italiano, due appuntamenti teatrali con Il Vantone e Porcile.
Ieri,27 giugno, al Teatro San Nicolò la prima alzata di sipario per Il Vantone con la regia di Federico Vigorito. Nel cast presente anche Ninetto Davoli, attore feticcio di Pasolini, tanto che lo si può tranquillamente considerare una sorta di testimone culturale dello stesso.
Il Vantone, traduzione dialettale romanesca in versi settenari e rima baciata del Miles Gloriosus di Plauto, rappresenta una operazione letteraria e teatrale che all’epoca della sua elaborazione,il 1963, destò più di una attenzione. In vero il lavoro di Pasolini, era sempre motivo di riflessione per chiunque vi si accostasse. Ma la curiosità e le domande che sorgono inevitabili sul perchè PPP decidesse di trasferire Efeso, luogo di svolgimento della piece plautina, in una prosaica borgata romana, sono molte e con poche risposte. Ognuno potrebbe vederci una motivazione. Il regista Vigorito ad esempio ravvisa, al di là della stretta tessitura dell’intrigo amoroso, l’analogia dei personaggi che ruotano intorno ai protagonisti con l’umanità dolente, furba, soppravvivente della borgata.
“Diventa plausibile immaginare Efeso come una periferia qualsiasi della Roma che PPP ha cosi tanto amato, far compiere al tempo un salto di due millenni e lasciare che la storia di Pirgopolinice e Palestrione abbandoni la sua natura farsesca, allegorica, per mutarsi in una graffiante commedia sociale. Qui ogni singolo personaggio agisce per suo squisito tornaconto muovendosi all’interno della commedia malcelando quell’ingenua meschinità con cui sempre, il Poeta Bolognese, ha caratterizzato i suoi personaggi”, scrive nella introduzione del programma di sala Vigorito.
Curioso sapere che Pasolini scrisse questa traduzione su richiesta di Vittorio Gassman, il grande “mattatore” anche se poi il progetto di metterla in scena non fu mai realizzato.
In effetto la tracotanza marmalda e sbruffona (vantone in romanesco sarebbe proprio lo sbruffone) di Pirgopolinice soldataccio romano impersonato a Spoleto da un bravissimo Edoardo Siravo, sembra fatta apposta per i toni “trombonici” di Gassman. A tratti l’intepretazione di Siravo li ricorda molto.
Discorso a parte per Palestrione, Ninetto Davoli, cui va il compito di fine tessitore dell’intrigo amoroso, un po’ per non finire bastonato, ma sopratutto per riuscire a giocarla al padrone fino al punto di riacquistare la libertà.
Davoli è attore inconfondibile. O meglio è talmente compenetrato nella natura di uomo di borgata, che nella sua performance, complice anche una scenografia induttiva, sembra proprio di stare in uno “largo” di quartiere, fontanella inclusa. Non si sa mai se è Davoli o Palestrione che parla.
Superate con nonchalance affabulatoria un paio di impuntature dovute alla parte dimenticata, Davoli-Palestrione è la rappresentazione scientifica di come si possa essere due cose in una. Sarà la voce al limite dello sfiatato o la faccia da “paravento” che sembra sempre che “te sta a coionà”, ma migliore interprete del lavoro di PPP davvero non c’è.
Godibili anche le prove attoriali degli altri membri del cast, Gaetano Aronica, Paolo Gattini, Marco Paoli, Silvia Siravo, Enrica Costantini, Valerio Camelin.
In platea notati gli attori Mariano Rigillo e Ray Lovelock. Al termine applausi convinti del pubblico del Teatro San Nicolò, che ahinoi, conferma ancora una volta la pessima acustica, sopratutto per gli spettatori delle ultime file.
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Foto: ML Antonelli-Agf