Insulti, botte e minacce, anche di fronte alla figlia piccola. Sarebbe durato sei lunghi anni l’incubo di una 36enne albanese arrivata in Italia a fine anni ’90 e innamoratasi di un ragazzo spoletino di poco più grande di lei, con cui nel 2001 andò a convivere. Fino al 2007, quando decise di andarsene per sempre, la giovane sarebbe stata letteralmente succube del compagno e vittima della sua gelosia, dovendo subire aggressioni fisiche e verbali, queste ultime anche di stampo razzista.
Insulti e minacce – L’uomo, difeso d’ufficio dall’avvocato Claudio Ragni del foro di Spoleto, non era presente oggi in aula quando la presunta vittima delle sue malefatte ha ripercorso di fronte al giudice Delia Anibaldi e al pubblico ministero Roberta Maio i momenti più difficili di quegli anni di convivenza. Stando alle sue parole il compagno non ammetteva che lei frequentasse altri uomini, nemmeno per motivi di lavoro. Le avrebbe addirittura impedito di partecipare a corsi di formazione professionale per non farla avvicinare da sconosciuti, giustificando tale divieto col fatto che la sua etnia non le avrebbe comunque permesso di puntare ad una posizione lavorativa di prestigio. La situazione sarebbe peggiorata dopo la nascita della figlia, nel 2005. Ogni qual volta la piccola piangeva, specialmente di notte, l’uomo l’avrebbe pesantemente insultata, oltre a minacciare di farle del male se la compagna non l’avesse fatta smettere.
Violenze fisiche – In alcuni casi dalle parole sarebbe anche passato ai fatti. Una volta sempre per gelosia, quando la compagna era incinta, provocandole un ematoma sulla gamba. In un’altra circostanza, invece, le avrebbe addirittura rifilato una testata (i referti del pronto soccorso sono stati consegnati oggi al giudice dal pubblico ministero). Non sarebbero stati gli unici episodi di aggressioni fisiche. “Altre volte mi ha picchiata – ha dichiarato la giovane in aula – ma io non l’ho denunciato”. A conferma delle sua parole le testimonianze della madre, della sorella, del cognato e di un’amica: tutti hanno confermato di aver sentito più di una volta l’imputato insultare e offendere la loro cara e di aver visto sul suo corpo ecchimosi ed escoriazioni, anche se mai nessuno di loro è stato testimone oculare di violenze fisiche.
Neanche un centesimo per la figlia – La giovane decise di lasciare il compagno nel 2007 dopo un episodio in cui lui, cercando di impedirle di scappare di casa con la bimba e di chiamare i carabinieri, l’avrebbe spintonata facendola cadere in terra. Oggi i loro rapporti sono leggermente più civili anche se l’imputato, a quanto dichiarato dalla parte offesa, non ha mai versato un centesimo per il mantenimento della figlia. Il processo tornerà in aula il prossimo 14 novembre per l’escussione dell’ultimo teste della parte civile – rappresentata dall’avvocato Sabrina Saccomanni del foro di Spoleto – e per la discussione.
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