I nomi eccellenti che compaiono nelle 43 pagine dell’avviso di conclusione dell’indagine sulla Sanitopoli perugina sono ovviamente quelli dell’ex governatrice umbra Catiuscia Marini, dell’ex sottosegretario Gianpiero Bocci e dell’ex assessore regionale alla Sanità, Luca Barberini. E ovviamente i tre ex manager dell’Azienda ospedaliere di Perugia, Emilio Duca, Maurizio Valorosi e Diamante Pacchiarini. Il reato di associazione per delinquere viene contestato anche a Maria Cristina Conte (in qualità di responsabile dell’Ufficio personale dell’Azienda ospedaliera di Perugia), Rosa Maria Franconi (dirigente Ufficio appalti) e Antonio Tamagnini (responsabile dell’Ufficio attività amministrative).
I politici, per la Procura, “creavano una vera e propria rete di sistema attraverso cui condizionavano gran parte dei concorsi pubblici gestiti dall’Azienda ospedaliera di Perugia e da altre aziende sanitarie umbre, impartivano le direttive attraverso i vertici aziendali di nomina politica, affinché i concorsi pubblici venissero manipolati a favore dei candidati indicati da loro stessi“.
Accuse che i politici hanno sempre respinto, sin da quando è scoppiata la bomba che ha portato alle dimissioni della presidente Marini ed alle elezioni anticipate. Quest’ultima, all’indomani delle perquisizioni, si era detta parte lesa.
Bocci, attraverso i suoi legali e quando è comparso in Procura, ha sempre ribadito che a suo carico non c’è nulla. Pronto a dimostrare in aula la sua estraneità ai reati contestati.
Anche Barberini ha sempre respinto le accuse a suoi carico, confidando di essere scagionato già nell’udienza preliminare.
I manager e i dirigenti ospedalieri
I manager, per la Procura, “operavano con continuità allo scopo di eseguire le direttive impartite dalla classe politica”, acquisendo i nominati dei candidati raccomandati ed indicandoli di volta in volta ai componenti delle Commissioni esaminatrici “in modo da consentire la vittoria o la collocazione utile in graduatoria“.
I tre dirigenti ospedalieri, sempre per la Procura, attuavano le disposizione impartite dagli apicali dell’Azienda, a loro volta recepite dai politici.
Una lunga lista
Ma la lista degli indagati che hanno ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini è lunga: 45 le persone nei confronti delle quali i pm muovono accuse a vario titolo, per aver alterato i concorsi o aver cercato di ostacolare l’indagine stessa. Un lungo elenco nel quale compaiono politici, manager, dirigenti della sanità, medici di fama, accademici, sindacalisti, imprenditori.
Nelle carte dei pm compaiono spesso anche i nomi dei “raccomandati” che sarebbero stati favoriti.
I punteggi “a tavolino”
I pm Abbritti e Formisano passano poi in rassegna i singoli concorsi che ritengono truccati, individuando le contestazioni a chi ha fatto le segnalazioni da inserire nella “lista dei raccomandati”, i membri delle commissioni e quanti si sono adoperati per alterare le graduatorie assegnando i punteggi “a tavolino“.
A vario titolo e per i diversi concorsi sono quindi indagati l’ex direttore generale della Usl 1 Andrea Casciari, Domenico Barzotti, Patrizia Borghesi, Gabriella Carnio, Andrea Sborzacchi, Maurizio Dottorini, Patrizia Mecocci, Alvaro Mirabassi, Alessandro Sdoga, Paolo Leonardi, Fabio Gori, Tiziana Ceccucci, Moreno Conti, Marco Cotone, Riccardo Brugnetta, Roberto Ambrogi, Elisabetta Ceccarelli, Lorenzina Bolli, Eleonora Capini, Vito Aldo Peduto, Simonetta Tesoro, l’ex direttore generale dell’Azienda ospedaliera di Perugia e dirigente regionale Walter Orlandi, Mario Pierotti, Amato Carloni, Giuseppina Fontana, Milena Tomassini, Massimo Lenti, Antonio Tullio, Mauro Faleburle, Giampietro Ricci.
Il caso Esposito
Per il caso della dottoressa Susanna Maria Roberta Esposito, la cui denuncia aveva portato a scoperchiare il vaso di pandora, insieme ai manager aziendali Duca, Pacchiarini e Valorosi è indagata Serena Zenzeri (in qualità di componente dell’ufficio per i procedimenti disciplinari).
La fuga di notizie
In merito alla vicenda sulle soffiate e le misure per ostacolare le indagini con la segnalazione delle intercettazioni ambientali e telefoniche in atto, sono indagati, insieme all’ex sottosegretario Gianpiero Bocci, Pasquale Coreno, Fabio Madonnini, Potito D’Errico, Domenico Francesco Oreste Riocci.
“Faccio un putiferio”
E’ indagato anche Brando Fanelli, titolare dell’azienda Fly Tecnologie & Servizi srl, che aveva un contratto di fornitura software con l’Azienda ospedaliera di Perugia ed altre aziende sanitarie umbre. La Procura gli contesta “il putiferio” che aveva minacciato di scatenare qualora non gli fossero stati pagati i software da lui forniti per anni. Rivelando di aver dovuto pagare per avere un colloquio con l’assessore Barberini per poter presentare un prodotto per la Asl di Terni.
“Io non voglio scatenare casini” è un passaggio dell’intercettazione. In cui Fanelli minaccia di rendere pubbliche questioni che avrebbero minato alcuni esponenti della politica regionale. Duca informa del colloqui la presidente Catiuscia Marini. Ma Fanelli, come spiegano i pm, non viene accontentato, per l’opposizione di funzionari e per il disinteresse dei politici, evidentemente non preoccupati dalle sue presunte rivelazioni.