I sindacati umbri della funzione pubblica i numeri vorrebbero non farli. Anche perché il fabbisogno del personale sanitario, per affrontare la pandemia e poi per le altre prestazioni, dipenderà dal modello di sanità che l’Umbria si vorrà dare. Accolgono però le stime dei medici, che parlano di un fabbisogno di almeno 700 professionisti nelle varie figure.
Per gli infermieri il fabbisogno sarebbe addirittura di ulteriori 1.500 persone. Subito, almeno, i 325 posti del concorso bandito e bloccato dai ricorsi. E invece si rileva come dei 240 infermieri di famiglia, previsti per l’Umbria in base al Decreto rilancio proprio per aumentare la sanità territoriale, ne siano stati contrattualizzati 13. Per la scelta della Regione Umbria, accusano, di reclutarli attraverso un contratto a partita Iva a 30 euro lordi.
Quanto poi ai 259 infermieri assunti negli ultimi e mesi, i sindacati replicano ricordando che di questi 109 erano già in servizio. Mentre quelli chiamati dall’ultima graduatoria bandita a Terni per tutta la Regione, non tutti accettano perché trovano di meglio in altre parti d’Italia.
I sindacati, più che di numeri, parlano di cifre: la Regione Umbria spenda i 30 milioni l’anno, per 10 anni, che è la sua quota assegnata dal Governo per rafforzare la sanità. “I soldi ci sono” replicano a chi teme il carico dell’emergenza Covid sui conti pubblici futuri. Quei conti che invece la Regione pare voler tenere sotto controllo, come emerge dalla bozza del Defr. Contestata dai sindacati della funzione pubblica, proprio perché indirizzata a diminuire i costi della sanità riducendo i punti di erogazione del servizio.
I sindacati hanno scritto alla Regione la propria ricetta per irrobustire la sanità pubblica umbra, anche dopo l’emergenza Covid: subito graduatorie da cui attingere il personale con contratti a 36 mesi per affrontare l’emergenza e nel frattempo effettuare le procedure concorsuali per le assunzioni a tempo indeterminato. Di tutte le figure, perché la sanità umbra mostra carenze di personale in tutte le categorie: medici, infermieri, oss.
E citano la relazione della Corte dei conti, questa volta a dimostrazione del fatto che l’apparato pubblico, nella sanità umbra, è tutt’altro che pletorico.
E mostrano il confronto impietoso con quanto sta avvenendo nelle altre regioni. Prendendo a parametro le assunzioni di infermieri ogni milione di abitanti, in Umbria ne sono state effettuate 129 a tempo determinato e 18 a tempo indeterminato. Nella vicina Toscana sono rispettivamente 576 e 495.
Quanto alle assunzioni totali di personale sanitario (sempre per milione di abitanti) l’Umbria è a quota 385 per i tempi determinati e a 22 per i tempi indeterminati. Con la Toscana che è a 1.077 tra i precari e 776 per le nuove assunzioni.
L’emergenza Covid
Per far fronte all’emergenza Covid l’Umbria ha assunto a tempo indeterminato 2 medici, 16 infermieri e una figura oss. Gli incarichi individuali a tempo determinato sono stati 23 per i medici, 78 per gli infermieri e 74 per altre figure. Sei i medici in pensione richiamati al lavoro. Mentre quelli con rapporti libero professionali sono 10, a cui si aggiungono 20 infermieri e 14 figure oss.
Nei reparti Covid, ma scartati dalla Asl
L’emergenza Covid ha fatto emergere anche dei paradossi. Come quello degli infermieri che la Asl aveva scartato per il concorso, ma che ora stanno lavorando nei reparti Covid.
Super lavoro per accorciare le liste d’attesa
E se è stato possibile in pochi mesi arrivare a recuperare le prestazioni sospese durante il lockdown, rivendicano i sindacati, è solo grazie al lavoro massacrante del personale. “Ma non siamo eroi, abbiamo fatto il nostro lavoro” premettono. Quel lavoro che chiedono di essere messi in condizione di poter svolgere meglio, con adeguate strumentazioni e turni per cambi, ferie, riposi.
Lo sciopero
Lo sciopero indetto per mercoledì 9 dicembre (sciopero nazionale del pubblico impiego che chiede il rinnovo contrattuale bloccato da 10 anni) per gli operatori della sanità umbra riveste dunque una doppia valenza. “Ci dispiace scioperare in questo momento – spiegano i sindacati della funzione pubblica – ma lo facciamo per una cosa giusta”.