C’è il forno Santa Rita di Foligno, c’è la Tecnofer di Ponte San Giovanni, oppure le sedi Azimut dell’Umbria. Si moltiplicano le aziende che scelgono la sanificazione per i loro uffici con l’ozono. Una pratica nuova, che alcuni ospedali come lo Spallanzani e l’Umberto I di Roma stanno sperimentando anche sui pazienti malati di coronavirus, sulla scia di quanto già avvenuto in Cina.
L’azienda certificata
Poche le aziende che compiono questa attività in maniera seria, con le certificazioni necessarie. A Foligno Ecol service ha deciso di inserirsi su questo filone. Ecol service infatti ha alle spalle un’esperienza di oltre 25 anni nel settore dell’ambiente e della depurazione. L’ozono viene usato per ambienti chiusi, per l’esterno delle attività viene scelta la nebulizzazione. A supporto di ciò ci sono infatti circolari ministeriali che riconoscono proprio l’ozono come un presidio naturale per la sanificazione e la sterilizzazione di ambienti. La procedura è quella di saturare le stanze. Il tempo che serve è almeno di due ore, che poi varia a seconda della grandezza dell’ambiente da sanificare. Oltre ai già citati, si sono aggiunti, per esempio la Diva di Spello, l’Opera Pia Bartolomei Castori di Foligno, la Terza assistenza di Foligno, la Comunità montana della Valnerina e Cuisine 83 di Santa Maria degli Angeli.
Il forno
Luca Mariucci si definisce “un precursore”. Prima dell’esplosione dell’emergenza, il suo forno aveva già installato pareti di plexiglass a mo’ di divisorio per proteggere la cassa e il bancone. Con il passare delle settimane, ha inserito la vaschetta di cloro all’ingresso per pulire la suola delle scarpe dei clienti, il sapone per le mani, guanti e mascherine appena si entra. Ha diviso gli ingressi dalle uscite. Insomma, un negozio a prova di coronavirus, che resta ancora aperto perché vende prodotti di prima necessità. “Alcuni rimangono disorientati – dice Luca – ma nella maggior parte dei casi sono contenti e capiscono l’importanza di quello che faccio, compresa la sanificazione con l’ozono“.
La ferramenta
A Ponte San Giovanni, altra azienda che ha adottato la pratica della sanificazione con l’ozono è la Tecnofer di Federico Belli e Maurizio Ercolani. “Ho deciso di farlo – spiega Federico Belli – per tutelare me stesso e le persone che lavorano con me“. La Tecnofer è un’industria, che vende anche all’esterno e poteva rimanere aperta al pubblico. Ha deciso però di chiudere la vendita, per dare maggiore garanzia ai suoi dipendenti. E poi la scelta dell’ozono: “E’ un modo ulteriore di dare garanzie ai clienti, e sicuramente di impostare la ripartenza, perché commercialmente non sarà facile riprendere a lavorare, con nuove regole per il distanziamento sociale“.
Azimut
Anche la società d’investimento Azimut ha scelto la sanificazione con l’ozono. “Abbiamo scelto questa modalità – spiega il responsabile per l’Umbria e Marche Marco Campagnacci – perché siamo attivi e aperti, ed era necessario garantire una maggiore attenzione al cliente e ai lavoratori. Ma sarò di certo un qualcosa che servirà con la ripartenza”.