Anche i baristi e ristoratori umbri hanno preso parte – tramite Fipe Confcommercio della provincia di Perugia, che rappresenta oltre 1.800 imprese associate, molte delle quali convenzionate con emettitori di buoni pasto – alla protesta di massa sul sito dell'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.
Oggi, a Roma, l'audizione dei rappresentati Fipe, presso la stessa Autorità, per richiedere un drastico cambiamento di rotta in materia di buoni pasto e una nuova disciplina del settore che possa far rientrare la spendibilità del buono pasto nel circuito dei consumi alimentari fuori casa, se si vuole tenere in piedi un mercato da 2,5 miliardi di euro che coinvolge 2,4 milioni di lavoratori.
“Il buono pasto – secondo gli esercenti Fipe – come tagliando sostitutivo del servizio mensa, non funziona più. È inadeguato nel valore defiscalizzato, svalorizzato nelle gare di appalto del servizio con il meccanismo delle gare al ribasso che l'hanno dequalificato, ed è utilizzato nella maggior parte dei casi per acquisti di genere che hanno portato al limite estremo l'intero meccanismo. Oggi baristi e ristoratori scontano le storture e le inefficienze generate nel corso degli anni”.
“Fra ribassi, commissioni, ritardi nei pagamenti, spese per servizi di gestione e aggiuntivi, -continua l'associazione di categoria- l'esercente in particolare, ma anche l'intera filiera in generale (tranne i soggetti appaltanti il servizio), vedono azzerata la convenienza dello strumento oggi snaturato anche per la possibilità di utilizzo per forme diverse (spesa nei supermercati) rispetto a quelle per le quali è stato introdotto (sostituire il servizio mensa).
Nella sua protesta all'Autorità nazionale, Fipe – Confcommercio della provincia di Perugia ha elencato le maggiori criticità, che colpiscono anche i consumatori. I servizi sostitutivi di mensa, infatti, oramai sono un ricordo: con i buoni pasto si ottiene tutto tranne che un pasto nutrizionalmente equilibrato.