Soddisfatta invece la difesa, per cui non c'è stata prova che l'indagato abbia effettivamente caricato i video
Una condanna a due anni e 10 mesi che soddisfa la difesa (lâavvocato Delfo Berretti potrĂ ricorrere in appello o chiedere i lavori socialmente utili) ma che fa infuriare la parte lesa, una giovane vittima di revenge porn, che tramite lâavvocato Laura Modena incassa la condanna, ma sottolinea come questa sia âfrancamente mite e rischia di mandare alle vittime un messaggio scoraggianteâ.
I fatti sono avvenuti nei mesi scorsi, come racconta il Messaggero in edicola questa mattina, 27 marzo 2024: il giovane assisano, un 25enne, era finito ai domiciliari con lâaccusa di aver diffuso immagini e video, con account social in cui al nome e cognome della vittima era associato anche lâaggettivo di âhotâ e anche il suo numero di telefono; e per questo era stato accusato stalking, diffamazione e revenge porn. Il tutto era avvenuto dopo la fine di una relazione, durata sei anni, con una giovanissima ragazza, ricorsa anche alle cure di un professionista per lâangoscia che i fatti le avevano creato.
A quasi un anno di distanza, la (prima) fine della vicenda:  il processo di rito abbreviato è finito con una condanna a due anni e dieci mesi, âconvertibileâ in lavori socialmente utili; il giovane si è sempre detto innocente dei fatti contestatigli, e ha accusato un âpresunto gruppo criminaleâ, parola del procuratore capo Raffaele Cantone – âinteressato alle vicende sentimentali della coppia e che lo avrebbe aggredito per rubargli i suoi strumenti informatici ed estrapolare, per poi pubblicarle, le immagine intime della ragazzaâ. Una perizia ha accertato che il giovane non è stato sincero – e per questo il pm ha contestato la simulazione – ma un punto per la difesa è stato segnato dal fatto che certe immagini fossero in realtĂ in possesso di entrambi i ragazzi e quindi potrebbe essere stata la vittima a inoltrarle a qualcun altro che le ha poi diffuse.
Per una difesa che festeggia, âSiamo soddisfatti della sentenzaâ, le parole di Berretti al Messaggero, câè una parte civile che affida il suo sconcerto al suo avvocato: âĂ stato riconosciuto colpevole e questo è un primo punto â spiega Modena -. Ma la condanna è francamente mite e alle vittime rischia di mandare un messaggio scoraggiante: è inutile denunciare, tanto se la caverĂ con poco. Il pm non può appellare visto l’abbreviato, mentre l’imputato può rinunciare all’appello e avere cosĂŹ uno sconto ulteriore di pena di un sestoâ