Regione acquista altri 15mila test rapidi, opposizioni scettiche su affidabilità

Regione Umbria acquista altri 15mila test sierologici, opposizioni scettiche su affidabilità

Redazione

Regione Umbria acquista altri 15mila test sierologici, opposizioni scettiche su affidabilità

Audizione in commissione controllo e garanzia del dirigente regionale Nodessi sui test rapidi acquistati finora per lo screening sul Coronavirus
Dom, 10/05/2020 - 08:16

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La Regione Umbria ha acquistato altri 15mila test sierologici (i test rapidi del sangue) per verificare la positività al Coronavirus. L’annuncio è stato fatto dal direttore regionale Governo del territorio, Ambiente e Protezione civile, ingegner Stefano Nodessi. Il dirigente è stato infatti ascoltato durante l’ultima riunione del Comitato di controllo, presieduto da Thomas De Luca.

Ma le scelte sui test rapidi destano perplessità tra l’opposizione. Nel mirino ci sono sia i costi sia la loro scarsa affidabilità. I test sierologici infatti, danno una indicazione e non sono sicuri al 100%, tanto che poi la reale positività degli individui viene accertata dai tamponi tradizionali.

Acquistati 30mila test rapidi tra sierologici e molecolari

Il direttore Nodessi ha spiegato che nei momenti concitati dell’emergenza di marzo ha dovuto recepire l’urgenza di dotare la Sanità umbra di test per lo screening veloce, necessari per il triage esterno agli ospedali. Sono dunque stati acquistati dalla Prociv 15mila test rapidi sierologici e 15mila test molecolari.

I costi

Il prezzo inizialmente richiesto per i sierologici era di 27 euro cadauno, a cui la Regione non ha aderito, cercando invece altre offerte, trovando i test a 16,50 euro e acquistabili, infine, a 16 euro. Stessa cosa è avvenuta per i 15mila test molecolari, prezzati 35 euro cadauno.

Richiesti altri 15mila test rapidi

Il risultato, ha sottolineato il direttore Nodessi, è stato che la Sanità umbra ha ottenuto buoni risultati con lo screening, infatti ha richiesto il 5 maggio ulteriori 15mila kit rapidi. Inoltre, ha aggiunto il direttore Nodessi, il 19 marzo i test pungidito non erano ancora omologati dall’Istituto superiore della sanità e si doveva fare presto.

La combinazione fra i due test adottati è risultata efficace, come nella gestione della zona rossa di Giove, dove sono stati testati 1400 abitanti e trovati 73 positivi. Solo a questi ultimi è stato fatto anche il tampone, che richiede più tempo, non solo qualche minuto come il primo, per dare il risultato.

Il Movimento 5 stelle

Critiche sui test rapidi le opposizioni. Come Thomas De Luca del Movimento 5 stelle: “Per quanto riguarda i test sierologici riteniamo prioritario approfondire la reale efficacia e validità degli stessi nell’attività di screening sulla popolazione, in primo luogo nel caso della zona rossa di Giove. Le modalità attraverso cui si è proceduto all’affidamento diretto dell’appalto e nella contrattazione, rispettivamente per la competenza sanitaria, quella della Protezione civile nonché del Gabinetto della Presidente. Rimangono ancora senza risposte molte domande in primo luogo sulla cronologia delle offerte e degli atti, sul perché non si sia proceduto a contattare più fornitori nonostante la ‘montagna di mail’ che sarebbero arrivate agli uffici, sul falso negativo riscontrato al momento della sperimentazione effettuata solo su due persone in avanzato e confermato stato di affezione da COVID-19, sul perché non si sia proceduto ad un confronto con le altre regioni prima di effettuare tale scelta”.

Il Partito democratico

La Giunta regionale dovrebbe fare quanto prima chiarezza su quanto emerso dall’audizione del Direttore Stefano Nodessi nel corso dei lavori del Comitato di Controllo, presieduto da Thomas De Luca”. È quanto dichiarano i consiglieri regionali del Partito Democratico Tommaso Bori, Fabio Paparelli, Donatella Porzi, Simona Meloni e Michele Bettarelli. I consiglieri Pd parlano di “una vicenda dai contorni ambigui che, specie nel caso delle forniture dei test rapidi per la diagnosi di infezione da SARS- CoV-2, lascia molti dubbi, sia nell’ambito della correttezza degli iter assunti, che sull’opportunità e l’efficacia degli stessi presidi diagnostici”.

La fornitura – ricordano i consiglieri del Pd – ammonta a 15mila test, per quasi 300 mila euro di investimenti effettuati, dopo aver testato soltanto 2 test su pazienti con coronavirus già diagnosticato, di cui solo uno aveva dato esito positivo. Trattandosi di investimenti pubblici particolarmente importanti e direttamente correlati sia al buon esito della gestione emergenziale che alla stessa salute dei cittadini, riteniamo del tutto insufficienti le argomentazioni portate, a giustificazione dei fatti, dal direttore Nodessi”.

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